Oltre il confine

VIVERE DI FANTASIA

di Pierluigi Finolezzi

In Clinamen-periodico di cultura umanistica – n. 5, pagg. 9-10,

Come sarebbe la vita dell’uomo se smettesse di fantasticare? È molto difficile trovare una risposta a questo quesito eppure il nostro mondo sembra che stia smettendo di farlo, coinvolto com’è nella frenetica e turbinosa vita di ogni giorno. Stress emotivo, stanchezza dovuta ai mille impegni giornalieri, corse di qua e di là e il tempo concesso a noi stessi è sempre minore. Non riusciamo più a ritagliare dello spazio ad una salutare passeggiata, ad un’osservazione ammirata di quello che ci circonda e spesso anche ad una chiacchierata a quattro occhi che possa suscitare un qualcosa di indescrivibile nel nostro animo. Eppure, a pensarci bene, niente è stato creato senza fantasia. Creatività e fantasia sono forse i due strumenti fondamentali per ogni sorta di artista, elementi imprescindibili per poter creare un qualcosa di bello e meraviglioso. Ma la loro necessità non è circoscritta solo al mondo artistico, perché ogni uomo, a prescindere dalla propria attività lavorativa e passionale, ha bisogno di fantasticare per poter dare un senso alla propria esistenza.

Dare delle rappresentazioni fantastiche alla realtà circostante è la prima attività che inconsapevolmente apprende il bambino subito dopo la nascita. Chi di noi nell’infanzia non ha creato nella propria mente personaggi inesistenti, luoghi fiabeschi, forme meravigliose e indefinite? Gli studiosi ritengono di fondamentale importanza che il bambino sappia fantasticare nella tenera età, la considerano un’attività terapeutica i cui risultati influenzano la crescita successiva e aiutano, senza dubbio, a vivere felici. La fantasia è, in primo luogo, il mondo dei bambini, nel quale la loro immaginazione può vagare indisturbata, soddisfacendo all’istante quelli che Freud chiamava bisogni insoddisfatti.

L’adulto perde la capacità di fantasticare già agli inizi della fase adolescenziale, ma vi ricorre ancora per far fronte a delle necessità che ritiene indispensabili per la propria vita. La fantasia è il rimedio che ci fa ironizzare sugli eventi negativi del passato, concedendo una risata sarcastica ad eventi imbarazzanti, ma anche il mezzo attraverso il quale possiamo immaginare di essere in un posto piuttosto che in un altro, di avere al fianco una persona come partner, di costruire una vita diversa da quella reale. Ed ecco che si può cogliere la differenza tra il fantasticare infantile e quello che nasce in noi con la pubertà: il mondo del fiabesco, del magico, dell’astratto lascia il posto all’immaginazione e ai sogni. La filosofia antica tendeva a confondere i concetti di immaginazione e sogno e solo la psicanalisi è riuscita a rimarcare i confini tra questi due mondi distinti che sembrano strettamente collegati alla fantasia. Tuttavia, tralasciando il dibattito scientifico, la fantasiosità dell’uomo adulto dipende in primo luogo dalla sua sensibilità e dalla sua capacità di abbandonarsi al vago, all’ammirazione, all’evasione. In relazione a ciò, ci saranno quindi due categorie di esseri umani, quelli più controllati e radicati al reale che trovano difficoltà nell’affrontare serenamente le durezze della vita perché restii a farsi aiutare dalla loro immaginazione e quelli che, invece, abbandonati alla fantasia riescono a prendere delle boccate d’arie e ad evadere dalla stato corrente delle cose.

Se avessimo anche una Fantastica, oltre ad una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare, così ammonisce un frammento del romantico Novalis che Gianni Rodari ha messo al centro della sua produzione letteraria per bambini. L’inesistente Fantastica altro non sarebbe che l’arte di inventare, quell’ars di cui tutti noi dovremmo ricordarci ogni giorno per rinvigorire la nostra mente e il nostro animo, per imparare a vivere meglio, per acquisire forza ed energia con le quali superare i nostri stress quotidiani, per essere più bambini anche quando siamo coscienti di non esserlo più.