Parte oggi, alle 19.30, presso “Castello Spinola – Caracciolo” di Andrano, nell’ambito del festival “Espresso notte” , “Vixi”, la personale del fotografo Antonio Caroli a cura di “Linea”, scuola di Fotografia leccese
Renato DE CAPUA
“Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo solo una volta, […] essa è il Particolare assoluto”. Con queste prime osservazioni il semiologo Roland Barthes (1915-1980) introduce all’essenza della fotografia nell’opera “La camera chiara. Nota sulla fotografia” (1980), in cui l’affascinante, istantaneo e transitorio click di uno scatto, diviene una porta d’accesso per altri mondi, l’io che diviene altro e si contempla, talvolta in nuovi tempi e altri spazi. La fotografia esiste in virtù di quello che Barthes chiama “principio di avventura”, che consiste nello scambio relazionale di attribuzione di significati: se una foto già di per sé esprime un messaggio o raffigura una scena, è poi il soggetto che a sua volta li carica di valori ulteriori. In questo senso la fotografia è un’indagine a tutto campo da sé stessi al mondo che ci circonda, un interrogare il tempo vissuto, i ricordi e le parvenze reali o immaginifiche della memoria. Parte oggi alle 19:30, presso il “Castello Spinola – Caracciolo” di Andrano, nell’ambito del festival “Espresso notte” , “Vixi”, la personale del fotografo Antonio Caroli a cura di “Linea”, scuola di Fotografia leccese. Partendo dal ricordo autobiografico di un viaggio in Grecia, compiuto dall’autore insieme alla sua famiglia circa trent’anni fa, la mostra riflette sulla tematica del ricordo e s’interroga sul perché alcuni fotogrammi d’esistenza continuino a rimanere impressi in noi e altri vengano dimenticati. Per ricostruire la trama interrotta del racconto di una memoria fotografica infantile, l’autore sperimenta l’impiego dell’intelligenza artificiale, il cui uso si propone unicamente come mezzo per ricreare un racconto dettato dalle emozioni, nei confronti delle quali non esercita una forza preponderante o sovversiva.
«Ho deciso di investigare sul ricordo di un viaggio in Grecia fatto con la mia famiglia circa trent’anni fa- racconta Antonio Caroli-. La scelta di quel viaggio non è casuale. Ricordo bene ancora oggi che, all’età di cinque anni, guardando uno di quegli scatti fatti da mio padre, mi emozionai molto. Sulla scia dell’emozione del ricordo di un viaggio di cui non conservo memoria, ho deciso di ricostruire quell’itinerario, partendo dalle fotografie d’archivio e sulla base di quello che sono ora». “Vixi”, che in latino è una voce verbale e, tra le sfumature semantiche che può assumere, significa “ho vissuto”, designa un passato prossimo, non troppo lontano, poiché in grado di spandere ancora il suo riverbero nel presente. Il filo narrativo della mostra, che si compone di scatti in analogico e foto composte con l’intelligenza artificiale, è anche una sovrapposizione tra ricordo e finzione. Le immagini, ricreate sulla base dei ricordi dei genitori e della sorella maggiore dell’autore, prima di divenire nuova raffigurazione, sono state mediate e filtrate dal tempo che, con il fluire degli anni, a volte cambia o altera la fisionomia delle cose. Nell’esplorazione di un ricordo può irrompere poi la finzione del racconto da cui scaturiscono forme nuove che animano contorni, volti, narrazioni. «Per chiudere questo progetto, per me una ricerca ancora in corso, mi piacerebbe tornare in Grecia con la mia famiglia. “Vixi”- conclude Caroli- sottolinea l’importanza dei ricordi personali, sia quelli auto-narrati che quelli raccontati dagli altri, nella costruzione della propria identità».
[versione integrale dell’articolo apparso sul “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 22-08-2024]