di Alessia S. Lorenzi
Luigi Pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1936) è uno dei più grandi scrittori italiani. Rivoluzionò il teatro del Novecento, divenendo tra i più grandi drammaturghi di tutti i tempi.
Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura l’8 novembre del 1934 “per il suo audace e ingegnoso rilancio dell’arte drammatica e scenica”.
Iniziò prendendo a modello il verismo della scuola siciliana, ma nella sua opera si intravede una visione molto angosciosa della vita che precorre temi molto attuali. Fu il teatro, però, a far giungere la sua fama ovunque nel mondo.
Molto vasta la sua produzione letteraria da Il fu Mattia Pascal, suo primo successo, a Uno, nessuno e centomila che è il suo ultimo romanzo. Inizio proprio da quest’opera, che io personalmente considero una delle più straordinarie, a raccontare il pensiero di questo grande della nostra letteratura.
Uno, nessuno e centomila è sicuramente una delle opere più note di Luigi Pirandello. Iniziata già nel 1909, viene pubblicata solo nel 1926, sotto forma di rivista e, successivamente, di volume. Quest’opera, che rappresenta l’ultimo suo lavoro, riesce nel modo più completo, a farci conoscere il pensiero di questo straordinario autore. È lo stesso Pirandello a definire quest’opera come il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”.
Il protagonista del romanzo, tale Vitangelo Moscarda, può essere sicuramente considerato come uno dei suoi personaggi più complicati.
Nel leggerlo, salta agli occhi la tendenza del protagonista al monologo. Diverse volte pare voler coinvolgere il lettore nella storia, ponendogli domande e sottoponendogli problemi di vita sicuramente condivisibili. È un’opera alla cui composizione l’autore ha dedicato diversi anni e, anziché apparire frammentaria, rappresenta la massima espressione della sua maturità letteraria.
Uno, nessuno e centomila ha un significato profondo, importante per capire la complessità e l’evoluzione dei rapporti umani. In quest’opera, l’autore completa tutta la sua vasta produzione letteraria e manifesta più chiaramente il suo pensiero affrontando un tema particolarmente importante come “l’io” di ciascuno, talvolta messo a dura prova e scombussolato da un fatto puramente casuale come accade al protagonista che alla fine si ritroverà con l’”io” ormai completamente frantumato nei suoi “centomila” alter ego.
Ci pone di fronte un tema che richiede un’attenta riflessione sulla visione che ognuno ha di se stesso e l’idea che invece hanno gli altri e che non è qualcosa di fisso ma in costante cambiamento.
Il titolo dell’opera già dice molto sul contenuto. Uno rappresenta l’immagine che ognuno ha di se stesso, nessuno è quello che il protagonista sceglie di essere alla fine del romanzo, centomila indica le immagini che gli altri hanno di noi.
Vitangelo, si ritrova a vivere un vero dramma, perché distrutto dal pensiero che la visione che ha lui di sé non è la stessa che la moglie coglie, anzi è completamente diversa. Questo lo metterà terribilmente in crisi e tutta la sua vita cambierà.
Uno, nessuno e centomila è un romanzo che ben si adatta anche alla nostra epoca e con esso l’autore, conclude un percorso che aveva già iniziato ne Il fu Mattia Pascal. L’immagine di noi viene, diciamo così, “disegnata” da chi osserva il nostro comportamento e la nostra vita, dalle persone che vivono accanto a noi, dagli amici. A chi non è capitato di sentirsi incompreso almeno una volta nella vita? Quante volte avremmo voluto dare un’immagine di noi più rispondente alla realtà, ma non ci siamo riusciti per timidezza o per un qualsiasi disagio interiore? Non solo in famiglia, ma anche a scuola o con la nostra comitiva di amici. E non ne abbiamo sofferto? Certamente sì.
“- Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio. – Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino. Mia moglie sorrise e disse: – Credevo ti guardassi dalla parte che ti pende. Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: – Mi pende? A me? Il naso? E mia moglie, placidamente: – Ma sì, caro. Guàrdatelo bene: ti pende verso destra.”
Comincia da qui il dramma di Vitangelo, da una semplice frase pronunciata dalla moglie “placidamente”, dice lo stesso Pirandello, senza rendersi conto del modo in cui la stessa è percepita dal marito. Lo devasta e da lì comincia a comprendere che ognuno ha una visione soggettiva di ciò che ogni singolo individuo rappresenta, in base a supposizioni; perciò un uomo non è uno agli occhi degli altri uomini, ma è centomila diverse personalità.
“Ma voglio dirvi prima, almeno in succinto, le pazzie che cominciai a fare per scoprire tutti quegli altri Moscarda che vivevano nei miei più vicini conoscenti, e distruggerli ad uno ad uno.”
L’esistenza dell’uomo quindi si “sbiadisce” fino quasi a scomparire non essendo valutato per quello che è o che pensa di essere. Ed ecco che le centomila immagini di noi che hanno gli altri, riescono a ridurre in “pezzi” l’essenza umana e si precipita diventando nessuno.
Luigi Pirandello, in questo romanzo, ci dà una grande lezione di vita che riesce a scuoterci e a far vacillare le nostre convinzioni e la considerazione che abbiamo di noi stessi.
Ci fa capire che nella vita niente resta immutato, tutto è in movimento, tutto cambia, quindi anche le opinioni degli altri e l’uomo non ha nessun potere di modificarle. Lo scopo dell’autore sembra essere quello di spingerci a riflettere sulla situazione e a cercare, per quanto sia possibile, dei rimedi alternativi per agire in modo coerente in determinate occasioni.
Il protagonista va in crisi profonda, sconvolto dalla follia perché ossessionato dall’idea che gli altri possano non vedere la sua vera personalità e che nemmeno lui possa mai arrivare a conoscere veramente.
Turbato da tutto questo, rifiuta la sua identità annullandola completamente e giungendo a una soluzione definitiva: trascorrere il resto della vita in manicomio, dove può diventare il signor nessuno.