Interviste

Rodriguez, l’uomo che ha vissuto due volte – Intervista a Stephen “Sugar” Segerman

a cura di Roberto Molle

Il mondo ha conosciuto l’incredibile storia del musicista Sixto Rodriguez più o meno una decina di anni fa grazie al film-documentario premio Oscar Searching for Sugar Man (uscito in Italia con il titolo “Sugar Man”).

Il film racconta una delle più belle, epiche e affascinanti vicende che abbiano mai attraversato il rock. La storia di un cantautore americano che nei primi anni ’70 incide due album senza riuscire ad aver successo, per cui decide di lasciar perdere con il music-business tornando a lavorare come operaio edile, salvo scoprire molti anni dopo di essere famoso in Sud-Africa più dei Beatles e dei Rolling Stones.

Rodriguez è scomparso nell’agosto dello scorso anno e da non molto Searching for Sugar Man è tornato a essere proiettato nelle sale cinematografiche. Inoltre, di recente, siamo riusciti a entrare in contatto con Stephen “Sugar Segerman (d’ora in avanti semplicemente Sugar) principale artefice insieme a Craig Bartholomew Straydom della “seconda vita” di Rodriguez, e questo ci ha permesso di realizzare una piacevole intervista.
Ma prima delle domande a Sugar sarà utile riannodare il filo della memoria e fare un salto nella Detroit della metà del secolo scorso, per ricordare e raccontare a chi non conosce ancora i fatti, l’incredibile storia dell’uomo che ha vissuto due volte.

Sixto Rodriguez

Sixto Rodriguez nasce a Detroit (stato del Michigan) nel 1942, figlio di un immigrato messicano e di una statunitense di origini native americane. Vivendo a Detroit in quegli anni, la prima cosa che uno fa è lavorare alla Ford, è così è stato anche per Rodriguez. In più, lui scrive canzoni e va a suonarle nei piccoli locali e nei pub.
Verso la fine degli anni sessanta Bob Dylan, che in quel periodo aveva dato un forte impulso al folk-revival con canzoni orientate verso l’impegno politico e al recupero delle origini della musica americana, opera una svolta cosiddetta “elettrica”, mescolando il folk delle sue ballate a i suoni della chitarra elettrificata. Il suo pubblico si sente in qualche modo tradito e per Dylan il momento si fa complicato. In quel frangente inizia la corsa dei discografici alla caccia del “nuovo” Dylan, ovvero di un songwriter che continui sulla scia dello stesso Dylan e che abbia qualcosa di particolare che possa appassionare quel pubblico restato “orfano” del suo folk-singer preferito. Le case discografiche sguinzagliano i loro talent-scout alla ricerca del nuovo Dylan, e due di loro: Mike Theodore e Dennis Coffey, si imbattono in un locale malfamato nella periferia di Detroit in un musicista che suonava in un angolo, di spalle, con una voce particolare e profonda a cantare canzoni che del folk e del blues avevano tutti i crismi.

È il 1970 quando Rodriguez incide il suo primo album che si chiama “Cold Fact”, e per quanto l’album contenga degli ottimi brani, vende pochissime copie. Non perdendosi d’animo, ci riprova l’anno successivo pubblicando il suo secondo disco “Coming From Reality” che sarà un altro flop: vendite assenti e sfiducia da parte della Sussex Records che lo scarica qualche giorno prima di Natale. A quel punto, Rodriguez fa una scelta radicale: abbandona la carriera di musicista e va a lavorare come muratore in un’azienda edile.

Verso la metà degli anni settanta, grazie a qualche passaggio in radio, la musica di Rodriguez arriva in Australia e Nuova Zelanda. Una piccola casa discografica australiana pubblica “At Hits Best” (una raccolta delle migliori canzoni dei due album) e in seguito a un discreto successo, Rodriguez viene invitato a fare una serie di concerti in Australia; lui va, suona, torna a Detroit e continua a fare il muratore. Tra l’altro, si dedica all’attivismo politico e si candida (senza successo) al consiglio comunale di Detroit con l’idea di poter migliorare le condizioni di vita della classe operaia. In più si laurea in filosofia.

Intanto in Sud-Africa, grazie a una copia di “Cold Fact” arrivata non si sa come, il nome di Rodriguez comincia a circolare tra i giovani. Il passa parola diventa il tam-tam per la diffusione della sua musica (è il 1971, praticamente un anno dopo l’uscita dell’album). Il disco viene stampato in grandi quantità e presto, malgrado la censura da parte del governo segregazionista dell’epoca, le sue canzoni diventano il simbolo della lotta all’apartheid grazie ai testi contro il potere, l’oppressione e il pregiudizio sociale. In poco tempo, Rodriguez vince (a sua insaputa) un disco di platino e diventa più famoso di Elvis, Beatles e Rolling Stones. Viene paragonato a Dylan e, moltissimi musicisti afrikaans suonano la sua musica. Intanto, non essendoci notizie certe su di lui, cominciano a girare le leggende su come fosse morto. La più fantasiosa era quella in cui si era sparato sul palco.

Facciamo ora un salto in avanti verso la metà degli anni novanta, i dischi di Rodriguez in Sud-Africa continuano a vendere moltissimo, e la sua popolarità può essere considerata pari al nostro Fabrizio De Andrè in Italia. Lui a quel punto ha 55 anni, ignaro di essere diventato una leggenda all’altro capo del mondo continua a fare la sua vita a Detroit. Intanto a Città del Capo qualcuno si è messo in testa di scoprire come sia veramente morto Sixto Rodriguez. Si tratta di due appassionati di musica fan di Rodriguez, uno lavora in un negozio di dischi e si chiama Stephen Segerman, soprannominato “Sugar” per via della somiglianza del suo cognome con il titolo di “Sugar Man” (la canzone più famosa di Rodriguez), l’altro è Craig Strydom, un giornalista. I due dopo alcune rocambolesche ricerche scoprono sconcertati che Sixto Rodriguez è vivo. Presto fatto, entrano in contatto con lui e vengono organizzati una serie di concerti tra Città Del capo, Johannesburg e altre città sud-africane, tutti andati sold-out. Nel 1998, alla soglia dei sessant’anni, Rodriguez finalmente ottiene quel successo che gli era stato negato quasi trent’anni prima.

Al rientra a Detroit dopo il tour in Sud-Africa, Rodriguez fa vedere ai suoi colleghi di lavoro le foto dei concerti ma questi stentano a credere che quell’uomo schivo e riservato che ha lavorato per tanti anni al loro fianco sia diventato una rock-star. Comunque, il successo in Sud-Africa non contribuisce ad allargare la sua popolarità negli Stati Uniti e lui riprende a lavorare come carpentiere… tutto torna come prima. Devono passare ancora un po’ di anni prima che L’America e il mondo possano conoscere la Musica di Rodriguez.

Nel 2006, Malik Bendjelloul, un giovane regista svedese decide di girare un documentario sulla vita di Rodriguez. Tra mille peripezie e mancanza di fondi, alla fine, riesce a realizzare Searching for Sugar Man. Di fondamentale aiuto al regista per la logistica, le riprese e molto altro è stato proprio Sugar (alcune scene sono state girate nel Mabu Vinyl, il suo negozio di dischi a Città del Capo).

Malik Bendjelloul e Sixto Rodriguez

Il film-documentario Searching for Sugar Man esce alla fine del 2011. Nel 2012 partecipa al Sundance Film Festival, uno dei più prestigiosi festival americani, vincendo il premio speciale della giuria e quello del pubblico. Nel 2013 partecipa agli Academy Awards di Hollywood e vince l’Oscar per il miglior documentario. Da lì in poi, a cascata, innumerevoli altri premi in giro per il mondo. Come in una nuova vita, a distanza di quarant’anni, Rodriguez raccoglie un successo planetario che continuerà a valergli per sempre.

Nel 2014, come un fulmine a ciel sereno la notizia del suicidio del regista Malik Bendjelloul scuote il mondo del cinema e addolora profondamente i cuori di Rodriguez e Sugar.
Tra Malik, Rodriguez e Sugar, negli anni si era creato un rapporto importante sotto il profilo umano. Rodriguez era una persona piacevole ma non si fidava facilmente, spesso Sugar doveva fare da mediatore in diverse situazioni. Malik si era guadagnato la fiducia di Rodriguez man mano che il lavoro al documentario procedeva. Si può dire che i tre erano diventati amici. Le domande che nell’intervista abbiamo posto a Sugar risentono oltre che della visione di Searching for Sugar man, anche della lettura della biografia “SUGAR MAN – vita, morte e resurrezione di Sixto Rodriguez”, scritta a quattro mani con l’altro “investigatore musicale” Craig Bartholomew Strydom.


Intervista a Stephen “Sugar” Segerman

Quando circa dieci anni fa ho visto per la prima volta “Searching for Sugar Man” sono rimasto molto colpito, nel punto in cui le immagini si spostano dallo splendido scenario di  Chapman’s Peak all’interno della tua macchina, si realizza una piccola magia: i primi accordi di “Sugar Man” scivolano in sottofondo e appari tu che canticchi le prime parole della canzone e poi racconti di come sei entrato in contatto con la musica di Rodriguez e di come decidi di andare a fondo e scoprire come era morto e perché tanto mistero intorno alla sua figura. Avresti mai pensato che sarebbe andata a finire così a lieto fine?

Quando tutta la storia è cominciata e io e Craig (Bartholomew Strydom) abbiamo iniziato la nostra ricerca, in realtà era solo per scoprire qualcosa sul misterioso musicista Rodriguez e come fosse morto. Poiché eravamo tutti sicuri che fosse morto, ma non su come fosse avvenuta la sua morte, dato che la versione cambiava a seconda di chi lo chiedevi. Quindi, quando mi vedi in macchina, all’inizio di Searching For Sugar Man, si tratta di una dramatic irony, perché a quel punto sapevo già come sarebbe andata a finire la storia e che sicuramente avrebbe avuto più di un lieto fine, comprese le riprese di quel documentario, ma quando tutto è iniziato non avrei potuto mai immaginare che la storia avesse potuto avere un lieto fine.

Per poter rintracciare Rodriguez, tu e Craig avete “investigato” su diversi fronti e alla fine siete riusciti a trovarlo. Nel libro “Sugar Man” raccontate in terza persona quello che è accaduto, permettendo a chi ha già visto “Searching for Sugar Man” di avere una visione più chiara e ricca di dettagli intorno a quella che, di fatto, rimane una delle più belle e incredibili storie del rock. A tanti anni di distanza come vivi questa situazione? Il fatto di essere la persona che ha dato il via alla “resurrezione” di Rodriguez e comunque di essere entrato insieme a lui nella leggenda, come ti fa sentire?

Proprio ieri ho visto un’intervista con qualcuno molto noto in cui descriveva cosa vuol dire essere famosi. Diceva che è come avere due identità: una è quella della persona normale che è sempre stata e che ha vissuto una vita tranquilla, simile a quella di chiunque altro; ma poi c’è la versione ben nota di sé, e a volte è difficile conciliare queste due “persone”. Questo è più o meno quello che provo, dato che la descrizione di quelle due persone in una è la cosa più vicina che qualcuno sia riuscito a catturare come lo sia per me. Sono semplicemente una normale persona sudafricana, un grande fan della musica, che in qualche modo è stato coinvolto in questa fantastica storia musicale, quindi mi sento come la persona dell’intervista, nel senso che posso considerare l’altro “Sugar” come un’identità separata dalla mia: quello vero. Ma, in generale, mi fa sentire molto felice di essere stato coinvolto in questo progetto e di sapere che ho contribuito a far conoscere Rodriguez, la sua storia e la sua meravigliosa musica in tutto il mondo.

Stephen “Sugar” Segerman e Sixto Rodriguez

Vuoi raccontarmi qualcosa della tua esperienza diretta con Rodriguez? La sensazione che hai avuto la prima volta che lo hai incontrato, Il suo primo tour in Sud-Africa, Il Sundance, la notte degli Oscar… qualche aneddoto curioso.

Non sono sicuro di poter rispondere adeguatamente a questa domanda in modo breve o nello spazio limitato che ho qui. Ecco perché Craig e io abbiamo scritto il libro Sugar Man – The Life, Death and Resurrection Of Sixto Rodrigez (“Sugar Man – Vita, morte e resurrezione di Sixto Rodriguez” nella edizione italiana per Mondadori n.d.r.), perché c’è così tanto da raccontare e così tanti ricordi. Ma se dovessi citare solo alcuni momenti salienti inizierei da quando mi ha telefonato per la prima volta nel cuore della notte e ho riconosciuto la sua voce quando ha detto “Ciao, sei Sugar?”; poi quando l’ho incontrato di persona la prima volta che è arrivato in Sud Africa per il suo primo tour; e ancora, quando l’ho visto salire sul palco ed esibirsi al primo concerto a Città del Capo e ottenere un’incredibile risposta dal pubblico quella sera e, infine, l’essere stato agli Academy Awards con Craig e Malik quando vincemmo l’Oscar per il Miglior documentario per “Searching for Sugar Man”.

Leggendo il libro, viene fuori un altro aspetto che nel film non si può cogliere: il tuo rapporto con il regista Malik Bendjelloul. Quello che ho percepito è che tra lui e te si era creata una buona intesa e un rapporto di amicizia e stima reciproca. In particolare, Malik teneva molto in considerazione la tua opinione e accettava i consigli che gli davi riguardo la lavorazione del film e su come muoversi nei rapporti con Rodriguez e la sua famiglia. Malik, al pari di te, Rodriguez e Craig, nel libro diventa esso stesso un personaggio. E nel modo in cui lo raccontate non si può fare a meno di affezionarsi anche a lui, per come sono andati i fatti, per la sua grande determinazione a portare fino in fondo il progetto del documentario, e per come, dopo aver vinto l’Oscar, quando tutto sembrava perfetto, dopo appena un anno, decide di togliersi la vita. Ci vuoi dire qualcosa anche su Malik?

Trovo sempre molto doloroso e difficile parlare di Malik. L’ho incontrato quando è entrato per la prima volta da Mabu Vinyl, il nostro negozio di dischi a Città del Capo, e gli sono stato molto vicino negli anni successivi mentre metteva insieme il documentario che alla fine divenne “Searching For Sugar Man”. Per la maggior parte del tempo eravamo solo io e lui, a parlare, pianificare, contattare le persone, cercare luoghi in cui filmare e poi girare effettivamente. Non c’è mai stato nessun altro con noi, a parte Camilla Skagerström (direttore della fotografia n.d.r.) che ha filmato l’intero documentario. Non c’era un grande equipaggio che ci seguiva in giro, eravamo solo noi tre. E poi, quando il film è uscito, abbiamo condiviso la gioia e l’orgoglio di vederlo così accettato e apprezzato, a cominciare dalla scelta di aprire il Sundance Film Festival del 2012 e culminare in quella notte degli Oscar del 2013. Quindi, quando ho saputo, non molto tempo dopo, che si era tolto la vita, è stato del tutto inaspettato e sono rimasto completamente sbalordito perché non avevo mai notato altro che felicità e positività in lui, e ancora mi manca e lo piango ogni giorno.

Dai primi concerti a Città del Capo all’uscita dodici anni fa di “Searching for Sugar Man” e arrivando a oggi, in Sud-Africa la popolarità di Rodriguez è sempre molto viva?

Rodriguez è sempre stato incredibilmente popolare in Sud Africa. Da quando ha tenuto quei primi concerti e con tutta la storia del suo revival, la sua popolarità è decisamente aumentata, e continua ad aumentare in Sud Africa, come in tutto il mondo, e questo ha anche dato a noi fan della musica sudafricana un nuovo senso di orgoglio perché abbiamo sempre saputo di lui, quando il resto del mondo (a parte l’Australia) non ne sapeva niente. Quindi è bello essere riconosciuti per qualcosa di positivo.

In Searching for Sugar Man, verso la fine del documentario, c’è una canzone (I’ll Sleep Away) indicata come facente parte del terzo album incompiuto di Rodriguez, sei a conoscenza del fatto perché quel disco non è stato mai pubblicato?

Nel 1967, quando Rodriguez iniziò la sua carriera musicale, la sua casa discografica, la Impact Records, gli chiese di pubblicare I’ll Slip Away, come primo singolo sotto il nome di “Rod Riguez”. Non ebbe alcun successo e non registrò più per tre anni, finché non firmò con la Sussex Records e registrò e pubblicò i suoi due album, senza che quella canzone comparisse in nessuno dei due. Quindi quella canzone continuava ad apparire come bonus track in alcune delle sue altre uscite. Ma anche se nel 2013 si parlava della registrazione e pubblicazione di un possibile suo terzo album, il progetto non è mai stato realizzato e la lista delle possibili canzoni non è mai stata conosciuta.

Il negozio di dischi Mabu Vinyl dopo l’uscita di “Searching for Sugar Man” è diventato famoso. Molti turisti in visita a Città del Capo non possono fare a meno di farci un salto, in qualche modo è diventato un luogo di pellegrinaggio per i fans di Rodriguez. A distanza di tanto tempo è ancora frequentato tantissimo da persone che chiedono di Rodriguez?

Mabu Vinyl è sicuramente diventato un luogo di attrazione per i fan di Rodriguez che vengono a visitare Città del Capo. Quando stavamo girando il documentario, abbiamo girato molte scene nel negozio perché non dovevamo pagare per farlo come avremmo fatto con altri luoghi che avremmo voluto utilizzare. Quindi, per molti anni dopo l’uscita del documentario abbiamo sicuramente visto un aumento nel numero di fan di Rodriguez che venivano al negozio, per incontrarci e per acquistare i suoi dischi. Sfortunatamente l’edificio in cui si trovava il negozio è stato recentemente demolito e ristrutturato e quindi abbiamo dovuto spostarlo in una nuova sede nelle vicinanze di Long Street. A quel punto ho deciso di rinunciare alla mia collaborazione al negozio e quindi non lavoro più lì. Ma Jacques Vosloo, che attualmente possiede e gestisce il negozio, mi fa sempre sapere quando i fan di Rodriguez passano da Mabu vinyl e, se chiedono se possono incontrarmi, me lo fa sapere e io faccio volentieri un salto al negozio. E questo accade molto spesso.

I dischi di Rodriguez vendono ancora tanto in Sud-africa?

L’album di Rodriguez, “Cold Fact”, ha venduto costantemente bene da quando è stato pubblicato negli anni ’70. Poi è apparso su CD e ha continuato a vendere bene. Ma è stato solo con l’uscita su cd del suo secondo album, “Coming From Reality”, che la nostra storia è davvero iniziata. Quell’album è stato originariamente pubblicato con il titolo “After The Fact” in Sud Africa per far conoscere agli acquirenti la sua connessione con “Cold Fact”. Ora, con gli LP in vinile tornati in voga e venduti bene, ci si può facilmente procurare una copia di uno dei due album di Rodriguez, così come della colonna sonora di “Searching For Sugar Man”, su nuovo vinile e su CD. Ma molti fan sono ancora ansiosi di trovare una copia della versione originale dei due album di Rodriguez, così come del suo più raro album “Best Of Rodriguez”. Non sono facili da trovare perché, anche se ci sono parecchie copie di quei dischi in Sud Africa, trovarne uno in ottime condizioni non è così facile, e può venire a costare un sacco di soldi, perché tutti suonavano molto quegli album, e non sapevano né prevedevano che un giorno sarebbero diventati preziosi e collezionabili.

Vorrei fare una domanda allo Sugar appassionato di musica: con l’avvento della liquid-music e delle varie piattaforme streaming com’è cambiato il mondo dei piccoli negozi di dischi? In Sud-Africa è come da noi in Europa dove le vendite di CD sono calate vertiginosamente? E con i vinili come vanno le cose? Vendono o si mantengono su piccole quote? 

Ora che non sono più coinvolto con Mabu Vinyl, o in qualsiasi settore di vendita al dettaglio del business della musica, sfortunatamente non sono nella posizione di rispondere accuratamente a questa domanda. So che l’intero settore della musica al dettaglio ha subito uno sconvolgimento radicale negli ultimi dieci anni circa con l’introduzione di Spotify e di altri siti di streaming musicale, insieme ai numerosi nuovi negozi di vinili che hanno aperto. Inoltre, ho appena letto sul Mail & Guardian, un quotidiano sudafricano, che la Recording Industry Association Of America ha affermato nel suo rapporto di fine anno 2022 che i dischi in vinile hanno venduto più dei CD, da 41 a 33 milioni, per la prima volta dal 1987. Quindi, questo probabilmente risponde alla tua domanda sulle vendite di vinili.

L’otto agosto 2023 Rodriguez è venuto a mancare creando un vuoto incolmabile per tutti i suoi fans, come hai vissuto la sua scomparsa? La consapevolezza di essere stato tra i principali artefici della sua “resurrezione” e della possibilità di poter riprendersi il giusto successo, ti fa sentire nella posizione di avere l’onore e l’onere di trasmettere il suo ricordo nel tempo?

Sono stato molto triste nel sentire della scomparsa di Rodriguez e insieme a molti altri in tutto il mondo piangerò sempre la sua perdita. È stato un grande onore far parte della sua riscoperta e poter, insieme a Brian Currin, trascorrere molti anni offrendo un archivio online di tutte le informazioni su Rodriguez tramite il nostro sito web Sugarman.org. Ma ora, mentre penso a come si è svolta la sua storia, sento che il mio lavoro è quasi completo. Oggi ci sono molti più siti web dedicati a Rodriguez, il documentario “Searching For Sugar Man” ha diffuso la storia e la musica di Rodriguez in tutto il mondo, e le varie ristampe dei suoi album hanno reso la sua musica molto più accessibile a chiunque voglia saperne di più. Per come la vedo io, per i primi 40 anni della sua vita, Rodriguez era sconosciuto e ha vissuto una vita semplice e felice, lavorando duro e dedicandosi alla sua famiglia. I secondi 40 anni della sua vita lo hanno visto ottenere il successo e l’esposizione che meritava così tanto. Ma conoscendo Rodriguez per come l’ho conosciuto io, so che la sua visione filosofica della vita lo avrebbe visto reagire a entrambe queste epoche con la stessa serenità e accettazione. Per concludere, se c’è un contributo importante che Rodriguez ha dato al nostro mondo e alle nostre vite, a parte la sua meravigliosa musica, è il fatto di essersi reso conto presto di avere un dono. Il suo dono era quello di suonare la chitarra e scrivere canzoni, e questo lo faceva con le normali aspettative di successo che avrebbe qualunque artista emergente. Purtroppo quel successo non arrivò. Tuttavia questo non lo abbatté, tornò a lavorare, nell’edilizia, continuando a sostenere e amare la sua famiglia e continuando a praticare la sua arte particolare, così che quando arrivò il tardivo successo, era pronto. E questa è la lezione più importante che credo abbia lasciato a tutti noi. Ci sono molte persone creative là fuori che sono state benedette a una particolare abilità creativa e che presentano il loro lavoro al mondo con grandi aspettative di riconoscimento e successo. Ma quando non arriva subito, mollano, si fermano e lasciano l’arena delusi.

Rodriguez ci ha insegnato che dovremmo sempre coltivare quel dono, continuare a praticarlo e aspettare, e se il successo non arriva immediatamente allora dobbiamo continuare ad aspettare fino a quando potrebbe arrivare o meno, ma non dobbiamo mai smettere di affinare la nostra capacità creativa.
Per fortuna, per lui e per noi, il suo successo alla fine è arrivato, e di questo gli saremo eternamente grati.