Nope continua la narrativa di Peele attraverso una tematica insolita
di Alfonso Martino
Dopo Scappa – Get Out e Us (Noi), in molti attendevano il nuovo film di Jordan Peele, uno degli autori più interessanti e originali degli ultimi anni. Il regista e sceneggiatore americano è riuscito a trasmettere da subito al pubblico le sue tematiche: razzismo, tensione e atmosfere horror.
Peele si descrive con orgoglio come “regista horror”, ma questa etichetta rischia di stargli stretta e limitare la sua creatività. Nope somiglia piuttosto a un film di fantascienza dai toni thriller, che gioca sul rapporto tra James (Daniel Kaluuya), sua sorella Jill (Keke Palmer) e una presenza che metterà in discussione la loro attività e la loro vita.
La regia di Peele è curata e immerge lo spettatore nella storia contrapponendo James e Brian (Steven Yeun); entrambi lavorano a contatto con i cavalli ma si differenziano nell’approccio: il primo li cura con dedizione, come mostrato più volte dalla macchina da presa, mentre il secondo sfrutta gli animali dopo un evento spiacevole accadutogli durante l’infanzia con una scimmia, ripreso da Peele nella sequenza che apre il film lasciandoci a bocca aperta.
Il regista accenna questa tematica del rapporto tra uomo e animale nei primi due atti, in cui Peele aggiunge altri elementi interessanti come il razzismo nell’industria cinematografica. Questi temi resteranno soltanto abbozzati per lasciare spazio al rapporto di James e Jill con la presenza– non così diversa da un animale — e la ricerca della fama, che trasformeranno il terzo atto del film in uno sci-fi dai toni prevedibili.
Nel finale il focus del film si concentra su come i due fratelli possono sfruttare la presenza e lucrare su di essa, come se si trattasse di uno dei cavalli di loro proprietà attraverso una sequenza adrenalinica di cui lo spettatore capisce le intenzioni del regista dal primo secondo, con un momento in particolare che allunga la trama di venti minuti e che mantiene il finale su un binario positivo.
Con Nope, Jordan Peele dimostra di essere una delle figure più interessanti nel mainstream, continuando però a cadere negli stessi errori: tante idee, tanti spunti interessanti a livello di regia e sceneggiatura che vengono spazzati da finali che incontrano i desideri del pubblico, abbassando il livello delle sue opere, che rimane comunque alto.