di Alessia S. Lorenzi
Come racconta la figura della “Madre” il poeta nella Divina Commedia? Abbiamo provato a cercare nelle diverse cantiche come viene inserita questa straordinaria immagine. In tutta l’opera la parola “mamma” compare quattro volte, con un’intensità di significato sempre crescente. La prima volta compare nell’Inferno. Ci troviamo nell’ingresso del cerchio dei traditori. Per questa grandissima meschinità che è il tradimento, il poeta dice di non avere parole idonee per descriverlo; l’impresa in effetti è molto difficile e non basta la lingua di un bambino che sia in grado di dire soltanto “mamma o babbo”: “ché non è impresa da pigliare a gabbo/ discriver fondo a tutto l’universo,/né da lingua che chiami mamma o babbo.” (Inf. XXII, 7-9) In questi versi, la parola “mamma” serve solo a descrivere il linguaggio dei bambini, non ha nessun coinvolgimento affettivo. Forse Dante ritiene che l’Inferno non sia degno di una figura così importante. Nel Purgatorio invece assume un significato più alto. Il poeta latino Stazio sta parlando con Dante che è in compagnia di Virgilio e gli racconta che tutta la sua arte ha tratto ispirazione dall’Eneide, “la qual mamma / fummi, e fummi nutrice poetando” (Purg. XXI, 97-98). La “mamma” quindi come generatrice a cui bisogna essere riconoscenti perché ci ha resi quello che siamo. Nel successivo canto, il poeta farà dire a Stazio che Virgilio non solo lo ha fatto “nascere” alla poesia ma lo ha anche avviato alla strada della fede, alla conoscenza di Dio, fede che egli stesso non aveva. “Facesti come quei che va di notte, / che porta il lume dietro e sé non giova, /ma dopo sé fa le persone dotte” (Purg. XXII, 67-69). Infatti quando Dante e Virgilio raggiugono il Paradiso, per la sua guida arriva il momento di andare via, il suo ruolo è terminato e, siccome non ha fede, gli è impedito di salire al Paradiso celeste. Procedendo nel cammino all’interno dell’Opera incontriamo ancora altri riferimenti alla madre. A un certo punto Dante ci presenta una scena molto commovente: alla fine di un lungo corteo, arriva un carro sul quale si vede una donna velata. Il poeta percepisce che si tratta di Beatrice, è commosso e nello stesso tempo turbato; si volta verso la sua guida per ottenere conforto, con lo sguardo fiducioso “col quale il fantolin corre a la mamma / quando ha paura o quando elli è afflitto” (Purg. XXX, 44-45); ma Virgilio non c’è più e Dante piange. Qui il rapporto con la madre è presentato nella sua più alta essenza. È infatti nei momenti in cui ci sentiamo persi, in cui ci sentiamo fragili come bambini spaventati che cerchiamo il conforto della mamma. Ed ecco che giungiamo nel Paradiso, luogo in cui la figura della madre è celebrata ai massimi livelli. Ora Dante è guidato da Beatrice e di fronte a lui ci sono tutti i beati come piccole luci, ma la luce più splendente è Maria, la Mamma celeste. In questo luogo l’immagine della mamma cresce d’importanza, cresce il significato che viene attribuito alla parola. Dante qui ci presenta una scena bellissima e molto suggestiva. A un certo punto Maria risale verso l’Empireo e mentre lei si allontana verso l’alto, i santi , per manifestare verso di lei tutto il loro affetto, si protendono, si allungano come fiamme verso di lei e Dante li paragona a dei bambini che cercano di raggiungere la propria mamma tendendo le braccia: “E come fantolin che ‘nver’ la mamma/tende le braccia, poi che ‘l latte prese,/per l’animo che ‘nfin di fuor s’infiamma” (Par. XXIII, 121-123). Ecco che il legame che lega il bambino alla mamma non è più solo un legame naturale, quindi passeggero, momentaneo, ma un legame eterno, destinato a durare per sempre. Dante immagina, quindi i beati con un comportamento analogo a quello dei bambini ed è proprio quell’abbandono verso la madre amorosa nella sua limpida semplicità che rappresenta l’essenza della vita cristiana. Nel XXXIII Canto del Paradiso abbiamo una grande celebrazione della Mamma, la Mamma celeste. Si apre, infatti, con la preghiera di San Bernardo, una lode alla Vergine. La Vergine, madre, un ossimoro che inizialmente potrebbe confondere, successivamente si comprende che proprio questo paradosso non fa che evidenziare la purezza di una madre, la Madonna, incinta per opera dello Spirito Santo. È umile, nobile, è la più alta di tutte le creature, in tutta la sua sacra figura di Madre dell’umanità. Nel grembo di questa Madre si riaccese quell’Amore che il peccato originale commesso da Adamo ed Eva aveva contaminato Da questo Amore puro e inesauribile è sbocciato il fiore della Pace, della Gloria e dell’Amore. Un’immagine di tenera e trasparente bellezza si avverte da queste parole. Una Madre umana e, al tempo stesso divina. Una Donna che è Amore e Protezione verso l’umanità tutta, quindi Madre Protettrice, punto di riferimento di un’ eterna volontà della Provvidenza divina. Qui la figura della madre è l’immagine materna universale.