di Roberta Giannì
Il MUSAS – Musei di Archeologia Subacquea, è un progetto ideato e diretto dall’archeologa Barbara Davidde Petriaggi. In particolare, nel focus di questo interessante progetto non vi è solo la valorizzazione ma, allo stesso tempo, anche il monitoraggio delle zone facenti parte del patrimonio archeologico sommerso di Campania, Calabria e Puglia, sia nelle collezioni museali che in situ, attraverso l’adozione di tecnologie innovative.
L’intervento si propone per alcuni importanti siti sommersi, tra cui figurano Egnazia, antica città prima messapica e poi romana in Salento, Puglia; Kaulonia, centro situato sulla costa ionica della Calabria che ha restituito una cinta muraria, aree sacre, edilizia privata e una necropoli; Crotone, colonia achea fondata nel VIII a.C., nota nell’antichità per la sua salubrità; Baia, per gli antichi luogo simbolo dell’otium, con le sue lussuose ville e i sontuosi palazzi degli imperatori che ne modificarono le fattezze naturali a favore della creazione di un luogo in cui dedicarsi ai piaceri della vita. Qui, a una profondità tra 0 e 6mt, è possibile ammirare antichi resti sommersi, quali il Ninfeo di Punta Epitaffio, sul cui notevole splendore ci soffermiamo.
Il Ninfeo Imperiale Sommerso di Punta Epitaffio è uno dei siti sommersi di straordinaria importanza. Situato a Baia, Napoli, ne è il luogo simbolo sin da quando negli anni Cinquanta partirono le prime campagne di ricerca nell’ambiente sommerso alla base del promontorio tufaceo di Punta Epitaffio, condotte da Nino Lamboglia, considerato il padre dell’archeologia subacquea.
Baia era una località piuttosto apprezzata dai Romani, in particolare per gli aristocratici che lo scelsero come luogo per la costruzione delle loro ville e dei loro palazzi in cui dedicarsi all’otium, godendo dello splendido paesaggio circostante. Le acque termali e il clima favorirono infatti la costruzione di architetture sia monumentali che residenziali al cui miglioramento gli imperatori si dedicarono per lungo tempo, dal I al IV secolo d.C. Tuttavia, verso la fine del IV secolo in quell’area il terreno venne interessato da “bradisismo”, un fenomeno naturale che consiste in un lento movimento di abbassamento o sollevamento del terreno e che in genere si verifica lungo le coste marine. Come conseguenza di ciò, una parte della città sprofondò al di sotto del livello del mare, comprendendo un’area di 117 ettari che nel 2002 venne proclamata Area Marina Protetta.
Munendosi di tute subacquee e bombole d’ossigeno, oggi è possibile visitare questo splendido sito sommerso, con la possibilità di ammirare i resti della Villa dei Pisoni, quelli delle abitazioni e dei magazzini del Portus Iulius, e, per l’appunto, il Ninfeo di Punta Epitaffio.
Il Ninfeo era una parte del palazzo imperiale, datato al periodo giulio-claudio e dai cui scavi stratigrafici emersero diversi livelli di frequentazione. Furono numerose le statue rinvenute, alcune profondamente corrose dagli organismi marini; Bernard Andreae si occupò della loro interpretazione, delineandone l’ambiente architettonico in cui erano anticamente inserite.
Questo ambiente, secondo la visione degli studiosi che lo analizzarono in tutte le sue componenti, venne letto come un ninfeo-triclinio, una sorta di sala per i banchetti strettamente connessa all’acqua, adorna di statue accomunate da un unico filo conduttore: l’Odissea. Ciò che colpisce è l’attenzione posta nella rappresentazione statuaria di particolari vicende dei racconti greci popolati da eroi, mostri e creature magiche, e la stretta funzione del luogo che tali statue adornano: in altre parole, gli eventi che vedono coinvolti i personaggi e i personaggi stessi rappresentati dalle statue decorative sono strettamente connessi alla specifica funzione del ninfeo. Osservando Ulisse, ad esempio, lo si vede impegnato a compiere la sua strategia atta a sconfiggere il ciclope Polifemo: l’uomo è rappresentato con in mano una coppa di vino, che porge assieme a uno dei suoi compagni all’imponente ciclope, con lo scopo di ubriacarlo, un chiaro riferimento ai banchetti e al consumo di vino nello spazio in cui è presente tale rappresentazione dell’eroe.
Inoltre, particolarmente interessante fu il rinvenimento, nelle nicchie del lato lungo, di alcune statue raffiguranti la famiglia dell’imperatore Claudio: gli studiosi riconobbero Antonia Augusta, sua madre, nelle vesti della Venere Genitrice; un torso di un uomo con un armatura, per il quale sono state proposte varie identificazioni; una bambina, probabilmente una delle figlie di Claudio morta prematuramente.
Quando alla fine del IV secolo si verificò il bradisismo e l’area sprofondò nell’acqua, l’ingresso del Ninfeo finì sbarrato e furono rinvenuti i condotti in piombo e la maggior parte delle decorazioni che caratterizzavano i muri delle strutture.
Dal 2009, delle repliche delle statue rinvenute dagli archeologi sono state collocate nel sito sommerso, nella stessa posizione delle originali. Il sito è stato poi musealizzato, con un itinerario subacqueo dedicato a tutti coloro che, da ogni parte del mondo, vogliono lasciarsi ammaliare dalla bellezza di questo luogo sommerso così ricco di storia.
Nel frattempo gli archeologi proseguono le ricerche sul sito, cercando di individuare il rapporto esistente con i luoghi ad esso vicini. Le équipe spesso si compongono di esperti in diversi campi, tra cui ingegneri, biologi e restauratori, i quali hanno introdotto l’utilizzo di tecnologie avanzate ai tradizionali metodi d’indagine: sistemi acustici e fotocamere, che hanno permesso di ottenere delle dettagliate mappe geo-referenziate e ricostruzioni geo-referenziate in 2D, con l’obiettivo finale di un modello tridimensionale del sito archeologico. E non solo. Il monitoraggio della colonizzazione biologica sui manufatti archeologici rimasti per lungo tempo in un ambiente marino è una fase fondamentale della conservazione. La biodegradazione è un fenomeno distruttivo per i manufatti archeologici e spesso può portare alla loro totale scomparsa. Dunque, nel corso delle prime analisi delle strutture del Ninfeo, l’utilizzo di immagini tridimensionali estremamente dettagliate hanno fornito informazioni utili sul rapporto di crescita degli organismi, la loro distribuzione sulla superficie dei manufatti e l’influenza di fattori ambientali quali l’idrodinamismo (movimento dell’acqua).
Il Ninfeo, assieme agli altri siti sommersi sopracitati, costituiscono un’importante identificazione storico-archeologica di queste terre, e sin dalla loro scoperta affascinano turisti e curiosi, i quali, sospesi nelle azzurre acque, si lasciano da essi trasportare in luoghi e tempi dell’umanità ormai molto lontani.
Bibliografia e sitografia
Bruno, F., Lagudi, A., Collina, M., Medaglia, S., Davidde Petriaggi, B., Petriaggi, R., Ricci, S., Sacco Perasso, C. (2019) ‘Documentation and monitoring of underwater archaeological sites using 3D imaging techniques: the case study of the “Nymphaeum of Punta Epitaffio” (Baiae, Naples)’, in The International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences, Volume XLII-2/W10, 2019 Underwater 3D Recording and Modeling ‘A Tool for Modern Applications and CH Recording’, 2-3 May 2019, Limassol, Cyprus, pp. 53–59.