Alfonso Martino
Una relazione importante cambia irrimediabilmente entrambi i partner, portandoli a conoscersi a fondo e a prendere abitudini e caratteristiche dell’altro facendole proprie. Non tutte le storie però hanno un lieto fine, con conseguenze dovute a molteplici fattori: la passione iniziale che svanisce e le differenze caratteriali che con il passare del tempo non possono essere colmate dal semplice affetto, sono alcune di queste motivazioni. Noah Baumbach analizza questa tematica in Storia di un Matrimonio, di cui è regista e sceneggiatore e vede come protagonisti Adam Driver (il Kylo Ren di Star Wars) e Scarlett Johansson, entrambi in odore di candidatura ai prossimi Academy Awards e per alcuni possibili vincitori. La sensazione che arriva immediatamente allo spettatore è quella di vedere sullo schermo una storia reale, che permette a chi guarda di immedesimarsi in Charlie, regista teatrale trapiantato a New York o in Nicole, attrice originaria di Los Angeles che per seguire il suo amore abbandona il cinema e si trasferisce anch’essa nella Grande Mela per intraprendere la carriera teatrale al fianco del partner.
La regia di Baumbach si sofferma su ogni passaggio di questa relazione, concentrandosi sulle cose positive fino ad arrivare alle divergenze tra i due personaggi; entrambi lavorano nel mondo dello spettacolo, condividono un enorme talento e allo stesso tempo hanno una personalità forte ed esuberante che li porta a cercare la loro felicità personale a discapito di quella comune. Questa ricerca della felicità non giova al loro bambino, che si vede inserito suo malgrado in una guerra dialettica tra i due artisti, che non hanno intenzione di rinunciare alle loro rispettive attività. Lo spettatore non riesce a prendere una posizione perché sostanzialmente la ragione è presente da entrambe le parti e durante tutta la vicenda il conflitto sarà alimentato dagli avvocati divorzisti, che porteranno all’esasperazione le incomprensioni dei due coniugi fino a portarli ad un litigio vero e proprio, in cui la macchina da presa riprende il tutto in un’atmosfera spettrale, dovuta alla casa spoglia di Charlie, dove lo spazio viene riempito dalle figure e dalle parole di coloro che un tempo provavano un sentimento importante.
Nel corso della pellicola la regiaincrementa la lontananza di Charlie e Nicole, che condividono spazi comuni come il vagone vuoto di una metropolitana senza avvicinarsi, come se quel vagone fosse pieno di persone di ritorno dal lavoro. In un’intervista a Deadline Robbie Ryan, direttore della fotografia di questo film e nominato lo scorso anno agli Oscar per La Favorita, spiega che l’obiettivo di Baumbach è quello di rendere i tecnicismi cinematografici il meno intrusivi possibili, dato che i personaggi non compiono grandi movimenti sulla scena, focalizzando l’attenzione dello spettatore su una storia ricca di dialoghi e monologhi articolati. Ciò che resta di questo film, oltre la recitazione intensa dei due attori, è una forte malinconia, dovuta al fatto che ogni relazione può avere delle crepe legate ai fattori più inaspettati, come le singole individualità o i punti di riferimento nella vita dei partner, e non sempre basta il sentimento per risolvere il problema.