Alfonso Martino
Girando su Twitter, ho trovato uno screen di un utente che recitava: “straight people screaming at each other for like 2 hours”, in cui erano inserite le locandine di Storia di un matrimonio (2019) e di Malcolm e Marie, pellicola prodotta da Netflix, scritta e diretta da Sam Levinson, autore della serie rivelazione Euphoria. La descrizione dello screen potrebbe valere come riassunto semplicistico, per cui scendiamo nei dettagli: il film vede come unici protagonisti Zendaya e John David Washington, i quali si dividono la scena in una casa isolata dal contesto urbano e unica location del film.
Levinson ha impiegato sei giorni per scrivere la sceneggiatura, mentre le riprese sono durate due settimane. La pellicola, girata in bianco e nero, si apre con la macchina da presa fuori dalla porta di casa della coppia, come se ci fosse qualcuno ad attendere di nascosto il loro rientro. I due sono appena tornati da una serata di gala volta a celebrare Malcolm, regista in rampa di lancio e dagli alti ideali. L’esaltazione di quest’ultimo, supportata dal singolo Down and out in New York City di James Brown, non viene ricambiata da Marie, attrice in erba e musa del regista.
Levinson mostra il rientro della coppia sempre da fuori, accentuando la voglia di festeggiare e ballare di Malcolm, tenendo conto anche dell’apatia di Marie, che si isola da lui, pronta a scatenare una lite.
Con l’inizio del dibattito, la macchina da presa entra in casa. La discussione si focalizza principalmente sull’industria cinematografica, colpevole di politicizzare qualunque film diretto dai registi di colore e di introdurre tematiche controverse al pubblico sotto forma di banner – <<Vietate i film con le didascalie e saremo salvi>> –; allo stesso tempo, viene analizzato il rapporto tra l’artista e la musa ispiratrice, in cui il primo è reo di non dare i giusti meriti pubblicamente alla seconda, assorbendo la sua essenza e tenendo di fatto per sé i riconoscimenti e le ovazioni del pubblico. L’arte e il cinema si mischiano con la vita privata dei due, in cui emergono sentimenti contrastanti come la gelosia e il supportare il partner, oltre che il loro rapporto di interdipendenza.
Il regista alterna movimenti di macchina rapidi e statici, riportando la velocità del dibattito tra i due. La staticità si presenta quando i due condividono la scena e si confrontano in maniera più accesa, mentre la mobilità esprime l’amore sia nella sua accezione più erotica che negli attimi di sfogo della coppia durante il litigio, i quali vengono espressi sempre in spazi separati e in maniera diversa, come accade ad esempio a Malcolm quando esce in giardino a sfogare la sua rabbia, mentre Marie rimugina sui discorsi fatti nella camera matrimoniale. Le inquadrature in cui i personaggi appaiono da soli risultano strette all’occhio dello spettatore, come se Levinson volesse esaltare i momenti di solitudine della coppia.
Il giardino rappresenta una zona franca, in cui i due sfogano la loro rabbia e in alcuni casi condividono la scena in silenzio, dove ancora la musica esprime i sentimenti dei personaggi – in questo caso Get rid of him di Dionne Warwick – come un metronomo che scandisce il tempo tra quiete, passionalità e tempesta.
I due attori dimostrano una grande affinità sullo schermo, ma a rubare la scena è sicuramente Zendaya, in particolare in una sequenza dove il cambio registro dell’attrice fa rimanere a bocca aperta non solo Washington, ma anche lo spettatore.
Il finale della pellicola riprende l’inquadratura iniziale, con la differenza che la macchina da presa spia la coppia all’interno dell’abitazione mentre i due sono in giardino ad osservare l’alba, simbolo di un nuovo periodo della relazione di coppia, fatta di alti e bassi.
Il film non è esente da critiche: il minutaggio poteva comprendere una ventina di minuti in meno, specialmente nella parte centrale; inoltre, chi ha apprezzato Euphoria potrebbe storcere il naso di fronte alle scene erotiche, sicuramente più spinte nella produzione HBO. D’altro canto, il film riesce ad analizzare l’amore come un prisma in cui sono presenti sia sentimenti negativi come l’insicurezza di non essere mai abbastanza per l’altro, sia sentimenti positivi come supportare il partner dalla punto di vista umano e lavorativo.