Lo scenario

Lo spopolamento e la migrazione del sud Italia come fenomeni culturali

Foto di davide ragusa su Unsplash

di Elsa Rizzo

Quando mi viene chiesta una prova tangibile di cosa implichi nel concreto lo spopolamento del sud Italia l’esempio che faccio è sempre lo stesso. Riguarda me e i miei coetanei e inizia con un ormai logoro: «Del mio gruppo di amici, una ventina circa, soltanto quattro cinque di noi continuano a vivere in pianta stabile in Sicilia…».

L’Italia è il Paese con la popolazione più anziana al mondo dopo il Giappone. Tale configurazione demografica è dovuta a diversi fattori, tra i quali risaltano una prolungata diminuzione del tasso di natalità, un progressivo allungamento della speranza di vita, una variazione nel saldo migratorio. Il fenomeno, se ulteriormente scomposto, si manifesta in profondi squilibri demografici tra il Sud e il Nord del Paese.

Dal 2001 al 2021 le regioni meridionali hanno perso oltre 1.1 milioni di residenti,[1] dato parziale, sprovvisto di chi si è trasferito all’estero senza ancora registrarsi all’A.I.R.E., o di chi, spostandosi all’interno del territorio nazionale, non ha cambiato la propria residenza. Il fenomeno in queste regioni assume la fisionomia di un drenaggio lento e irreversibile il quale prospetta, da qui al 2080, la perdita di oltre 8 milioni di residenti.[2] L’allarme risuona in Europa dove le istituzioni invitano a frenare quest’esodo tramite gli investimenti pubblici consentiti grazie al Pnrr. Il Paese, nel frattempo, si spacca sull’autonomia differenziata. Ritorna il dibattito sulla questione meridionale, fisionomia della nostra storia nazionale, l’elefante nella stanza di cui non si può non parlare.

Campagne di Centuripe, un paesino nell’entroterra ennese – estate 2021

Siamo a Troina, provincia di Enna, il 20 settembre scorso, in un’estate di cui non si ricorda l’inizio e di cui non si intravede la fine. La CGIL Enna e Sicilia hanno organizzato un dibattito dal titolo emblematico: “Studio per restare nella mia terra”. La platea ha una composizione eterogenea, gli interventi ne rispecchiano le prospettive generazionali. Si cerca di fare il punto partendo dal dato concreto di uno spopolamento che riguarda sempre di più le fasce giovani, con un grado di istruzione superiore, il cui impiego è semplicemente una chimera. In una provincia dove si registra un tasso di disoccupazione del 40%, l’assenza di una qualsiasi progettualità industriale o del terzo settore, la carenza di servizi fondamentali, non si riesce a identificare quale dovrebbe essere il primo ambito d’intervento. Ci si impegna a implementare le misure Snai (Strategia nazionale aree interne), attualmente in forte ritardo d’attuazione. Ci si stringe nella convinzione che si possa remare in senso contrario.

Nel frattempo, allontanandoci dai meri numeri, il fenomeno diventa strutturale e connaturato perdendo il suo carattere transitorio, arrivando a determinare i nostri tratti identitari. La nostra storia culturale muta e in essa riecheggiano i temi affrontati da una letteratura che da sempre fa della migrazione un tratto tanto familiare quanto estraneo perché ci rende deboli, vulnerabili. Così, in un Paese da sempre terra di emigrazione, la nostra memoria intermittente ci impedisce la costruzione di un ricordo solido in tal senso, e ci piazza in un limbo dove non ci si rende conto di come tale emigrazione sia ripresa, affiancata da un’immigrazione esterna ostacolata con tutti i mezzi. La politica ci confonde, sovvertendo i dati, mettendo in rilievo una fantomatica immigrazione incontrollata, tacendo sull’esodo dell’entroterra. E quindi la migrazione, lo spostamento, la ricostruzione, ritornano a scandire i nostri tempi, nervi del racconto che di essa fa un’intera generazione. In brulichii notturni, parla chi è andato e non vuole tornare, chi non riuscirebbe a immaginarsi in altro luogo, chi è rimasto e diventa amaro testimone di una decadenza inarrestabile.

Rocca di Cerere, monumento storico di Enna – aprile 2022

Gli esiti di tali inesorabili direzioni assumono ora le forme di un rifiuto, ora quelle di una sovversione, ora quelle di una malinconica discussione portata avanti nelle case, nei panifici, nel bel mezzo delle feste, all’interno di incontri istituzionali. Di persone che sono andate via ne parlano tutti. A qualsiasi età. Tutti lo sanno. C’è chi vede nella possibilità di rimanere l’unico gesto di una resistenza dovuta a sé stessi e alla propria comunità. È questo, ad esempio, il filo conduttore di La restanza di Vito Teti [3] per cui le linee da seguire non devono condurre a un infinito e lontano futuro, rifiutando l’idea che non si possa poi voltarsi indietro. Ci si avvale quindi del diritto a riposizionarsi laddove fuggire sembra essere un’ipotesi che tutti, presto o tardi, hanno preso in considerazione. Più o meno seriamente.

Il fenomeno culturale non vuole però mitizzare un fantomatico eldorado. Le regioni del Sud continuano ad essere terra di emigrazione per motivi ben precisi, imprescindibili. È la questione meridionale che concerne lo spostamento. Sono la disoccupazione giovanile che le rende tra le regioni meno sviluppate dell’intera Unione Europea, una mancanza di una rete di infrastrutture solida ed affidabile, un generalizzato senso di sfiducia nei confronti della classe dirigente a rendere questi luoghi dei centri complessi e problematici. Sono questi dati macroeconomici a riversarsi poi nel concreto delle nostre esistenze. E che rendono facile, nel racconto personale o familiare o collettivo indicare un luogo dove prima vi era un’attività che non c’è più. Una scuola che è stata chiusa perché accorpata. Il personale dimezzato perché non necessario.

I movimenti migratori non si traducono sempre in una predestinazione triste e incompleta. Non tutti coloro i quali si sono spostati agognano un ritorno prossimo. Si sta bene anche altrove. Ci si scopre. Qui si voleva parlare solo di questo filo che ci tiene accomunati. Un filo che si rifà a uno spostamento fisico e mentale, che forma parte di un racconto che è fatto di numeri, di storie e di movimenti che sono da sempre alla base della storia umana.


[1]  Sintesi rapporto Svimez 2023: cittadinanza, lavoro, imprese: l’inclusione fa crescere: https://lnx.svimez.info/svimez/wp-content/uploads/2023/12/rapporto_2023_sintesi_1.pdf

[2] A. Carli, Al Sud è allarme spopolamento: al 2080 oltre 8 milioni di residenti in meno, Il Sole 24 ore, 5 dicembre 2023 https://www.ilsole24ore.com/art/al-sud-e-allarme-spopolamento-2080-oltre-8-milioni-meno-AFxlbJvB

[3] V. Teti, La restanza, Einaudi, Torino, 2022