Approdi

“Li Schiavoni”, una sentinella dalla gagliarda cinta muraria

Al MUSA di Lecce la mostra “Li Schiavoni” racconta la presenza messapica sul territorio pugliese, proponendo un itinerario da Lecce a Nardò e un viaggio nell’antica civiltà.

Nicolò CONTI

Diciamoci la verità: a primo impatto, leggendo questo titolo, avrete di certo associato in modo spontaneo l’espressione “Li Schiavoni” a un gruppo di persone che vivono o lavorano in condizioni di sfruttamento.  In realtà, in questo caso, non è vera la massima “in nomen omen”. “Li Schiavoni” non designa, infatti, nulla di tutto ciò presentandosi come una parola dal significato apparentemente fuorviante oppure, come direbbero gli inglesi, può essere un vero e proprio false friend. “Schiavoni” non ha nulla a che fare con un manipolo di esausti schiavi, ma indica un piccolo insediamento messapico fortificato e sito a Nardò a circa 4 km dalla costa ionica, a nord del moderno centro di Porto Cesareo.

Ma chi erano i Messapi? Un salto indietro nel tempo ci farebbe scoprire che

i Messapi erano un popolo che ha abitato la Puglia dal IX secolo a.C. al 266 a.C., lo stesso anno in cui furono costretti a passare sotto il dominio dei Romani. Il loro territorio, tradizionalmente conosciuto come “Messapia”, si estendeva da Leuca a sud-est fino a Ceglie ed Egnazia a nord-ovest, ricoprendo gran parte della penisola del Salento. Proprio in occasione delle “Giornate Europee del Patrimonio” (28 e 29 settembre), una delle principali manifestazioni culturali d’Europa, è stata inaugurata presso il MUSA (Museo Storico-Archeologico dell’Università del Salento) la mostra “Li Schiavoni (Nardò, Lecce), un abitato messapico fortificato. Ricerca, didattica, valorizzazione” (orari: lunedì e venerdì dalle 9 alle 13:30; dal martedì al giovedì dalle 15 alle 18).  L’esposizione, curata da Giovanna Cera, direttrice scientifica del progetto di ricerca presso la località “Li Schiavoni” (Nardò, Le), e da Grazia Maria Signore, direttrice del MUSA, promuove gli esiti delle ricerche condotte dal 2016 nel sito archeologico grazie alla fruttuosa collaborazione istituita tra il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi e Lecce e il Comune di Nardò. La mostra è itinerante e dal 18 gennaio sarà allestita presso il “Museo della Preistoria” di Nardò. Il focus verte sui momenti più rilevanti della storia dell’insediamento de “Li Schiavoni” e offre una prospettiva delle attività didattiche e di valorizzazione attuate nel sito archeologico durante gli ultimi otto anni.

La mostra, prevalentemente fotografica, analizza in primis il ruolo di sentinella sul territorio rivestito da “Li Schiavoni”, un esteso pianoro sopraelevato che domina gran parte del litorale e del territorio circostante. In quest’area si sviluppò nel VI secolo a.C. un piccolo insediamento fortificato, dotato di un circuito murario dalla forma grosso modo ellittica; abbandonato intorno alla metà del V secolo a.C., il pianoro fu parzialmente rioccupato tra il IV e il III secolo a.C.

Le cause che ne provocarono la fine improvvisa si riconducono alle ripercussioni dei duri scontri in atto con Taranto nel V secolo a.C. Infine, nel corso del II secolo a.C., una villa romana fu realizzata nell’area più settentrionale del precedente insediamento. La scelta del luogo, non distante dalla costa, non è casuale, ma denota la vocazione difensiva e di controllo svolta da questo piccolo centro abitato. La mostra, inoltre, esplora altri aspetti molto curiosi e interessanti, come la funzione difensiva della possente cinta muraria, il materiale rimescolato rinvenuto dalla necropoli, la presenza di un quartiere produttivo e commerciale, dotato di un vano deposito-bottega e di una fornace, in cui erano collocati ben quindici chili di conchiglie. Infine, la costruzione di una villa romana sulle rovine dell’abitato messapico.

Come scrive Daniele Manacorda ne “Il mestiere dell’archeologo” (2020), le scoperte archeologiche raccontano il tempo trascorso e aiutano a comprendere il presente:

“Sforzarsi di raccontare con brevità ed efficacia le motivazioni e i risultati delle indagini archeologiche…non è solo un debito verso la collettività, che finanzia quelle indagini, è un passaggio fondamentale per la stessa ricerca archeologica.”

È sorprendente come la ricerca archeologica possa rivelare nuovi tesori del tempo. L’identità dei pugliesi deve molto alle sue origini messapiche, così questa esposizione diventa un’opportunità imperdibile per valorizzare le nostre radici, poterle conoscerle al meglio mediante le loro testimonianze.