Federico Battaglia
Uno degli argomenti che più hanno interessato il mondo accademico e politico novecentesco è stato sicuramente lo sviluppo del Welfare State, vale a dire lo Stato sociale.
L’espressione inglese Welfare State, “Stato del benessere”, fu utilizzata per la prima volta dall’arcivescovo inglese William Temple agli inizi degli anni 40. Con il chiaro intento di evidenziare i diversi principi ispiratori che contrapponevano il suo paese alla Germania nazista, Temple si servì del termine per motivi comprensibilmente provocatori. La guerra era appena scoppiata e, oltremanica, si iniziavano a soffrire gli effetti tremendi dei bombardamenti. Nessuno, tuttavia, poteva sapere che da quel momento in poi la trovata di Temple si sarebbe diffusa nell’immaginario comune con un significato totalmente diverso e ancora oggi prevalente: lo Stato sociale come complesso di politiche pubbliche volte a garantire assistenza e sostegno ai cittadini. Il contributo decisivo per l’evoluzione di un chiaro e ben definito sistema di Welfare giunse proprio dall’Inghilterra di Temple, paese sempre attento agli sviluppi della questione sociale sin dall’epoca moderna. A partire dal XVII secolo, infatti, la Gran Bretagna si era fatta promotrice della lotta contro la povertà con interventi a sostegno dell’occupazione nelle campagne e nei centri urbani. Tendenza, questa, che si sarebbe protratta nelle isole fino all’Ottocento, secolo di notevole importanza per i progressi ottenuti a livello socio-economico. La crescita della produzione industriale, le lotte degli operai e i successi nella legislazione lavorativa portarono dei cambiamenti significativi anche nel continente. Più precisamente, nella Germania di Otto von Bismarck, dove venne introdotta la prima forma assicurativa della storia, messa a disposizione dei lavoratori contro gli infortuni. Ad ogni modo, i miglioramenti raggiunti nel XIX secolo non rappresentarono la tappa fondamentale nel realizzare un valido apparato di previdenza sociale a causa del limite rappresentato dalle singole categorie di lavoratori. In effetti, non erano presi in considerazione tutti i cittadini, dal momento che gli Stati si interessavano sì ad istituzionalizzare i sistemi assicurativi nei propri apparati amministrativi, ma tralasciavano interi gruppi sociali, dalle donne fino ad arrivare agli inoccupati. Si dovrà aspettare il 1942 per assistere ai primi provvedimenti di carattere universale, decisi dopo la pubblicazione di un importante documento, il “Rapporto finale della Commissione sulla riforma delle assicurazioni sociali”.
Il passo determinante, ossia il lavoro che contribuì a fissare i parametri del moderno Stato sociale, venne realizzato da un gruppo di ricercatori e studiosi inglesi, guidati dal noto economista e sociologo William Beveridge. Grazie al fondamentale apporto di Beveridge e dei suoi collaboratori, si gettarono le basi di un nuovo sistema previdenziale.
I lavori del team iniziarono subito dopo la formazione del gabinetto Churchill nel maggio 1940. Mentre infuriavano i combattimenti contro la Germania hitleriana, il governo si mise in contatto con Beveridge, proponendogli di entrare a far parte di un gruppo di ricerca, indispensabile allo sforzo bellico del paese. L’obiettivo fissato era quello di elaborare una piattaforma innovativa di politica economica e di politica sociale, capace di sostenere la nazione intera contro le vicissitudini della guerra e nell’immediato periodo post-bellico.
Il Rapporto finale, stilato tra il luglio del 1941 e il dicembre del 1942, riuscì ad ottenere un enorme successo, a tal punto da essere addirittura analizzato nei paesi del blocco nazi-fascista. Grazie alle particolari circostanze di quegli anni, si iniziarono a delineare nuove prospettive e incominciò ad affiorare una svolta decisiva nel consolidamento e nello sviluppo dell’impianto delle politiche sociali. La generale incertezza esistenziale vissuta durante il conflitto e la forte solidarietà nazionale, indotta dagli sforzi militari, giocarono un ruolo fondamentale nella definizione di un chiaro programma da seguire.
Fu, infatti, lo spirito di reciproca assistenza, che consentì a Beveridge di riscrivere le regole dell’impegno sociale, approfittando del maggior senso di responsabilità diffuso tra i cittadini e del peso minore che tra loro esercitavano le differenze sociali. La guerra permise di affrontare quelle problematiche su cui l’economista di Rangpur aveva focalizzato la sua attenzione, ossia la sanità, l’assistenza sociale, l’indigenza, il ruolo economico dello Stato e il rapporto tra cittadini ed istituzioni.
La Relazione conclusiva della commissione, dopo esser stata sottoposta al governo, fu presentata alla stampa il 1° dicembre 1942. Venne teorizzato un insieme di riforme ispirate alla liberazione del bisogno, requisito indispensabile secondo Beveridge per procedere ad una ricostruzione più efficace e per rafforzare, attraverso l’estensione dei diritti sociali, la solidità delle istituzioni democratiche. Il primo ministro Churchill, però, rimandò l’attuazione del piano per motivi legati principalmente al protrarsi dei combattimenti, la cui risoluzione era la principale preoccupazione dell’esecutivo. Sarebbero stati i laburisti, saliti al potere nel luglio 1945, a concretizzare le proposte di Beveridge e dei suoi colleghi.
Nelle idee di Beveridge la lotta al bisogno doveva essere accompagnata dallo sviluppo dell’assicurazione sociale e da misure di opposizione contro gli altri rischi fondamentali, quali la malattia e l’inoperosità. Il passaggio dall’assicurazione dei lavoratori a quella di tutti i cittadini, la presa in esame delle esigenze delle famiglie numerose con la concessione degli assegni familiari e la creazione di un servizio sanitario nazionale gratuito gettarono le basi di un nuovo Stato sociale. Un modello, questo, che doveva essere finanziato dai contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro, cui dovevano aggiungersi adeguati stanziamenti pubblici. La piena affermazione del Partito Laburista nelle elezioni generali del 1945 consentì l’immediata attuazione di quella svolta nei rapporti tra stato, economia e società che era stata indicata nel rapporto finale del dicembre 1942. Prese il posto di Churchill Clement Richard Attlee, che riuscì a strappare una vittoria inaspettata e schiacciante, ottenendo la carica di primo ministro e conservandola fino al 1951. Durante questo periodo la Gran Bretagna iniziò a riprendersi e a sperimentare nuovi interventi nel campo della previdenza sociale. Il principale artefice di ciò fu proprio Attlee, vicino alle posizioni di Beveridge e grande estimatore del suo lavoro.
Gli aiuti finanziari ricevuti dagli Stati Uniti furono necessari per i propositi di ricostruzione, perseguiti con una politica di forti interventi statali. Con il settore economico in ripresa, le energie del governo si concentrarono nelle politiche sociali. Tra le maggiori realizzazioni va ricordata la riforma dell’istruzione, portata a compimento nel 1947. Essa elevò l’obbligo scolastico a 15 anni, abolì le tasse nelle scuole secondarie e introdusse un leggero aumento delle borse di studio universitarie. Seguì poi l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, previsto dal National Health Service Act e che divenne effettivo nel luglio 1948, assicurando a tutti la gratuità delle prestazioni sanitarie mediche e delle cure ospedaliere e imponendo la nazionalizzazione di tutti gli ospedali. Il 1948 fu anche l’anno del National Assistance Act, che permise la creazione di un sistema forfettario e universale di pensioni e sussidi di malattia e di disoccupazione per gli assicurati, nonché uno schema di assistenza sociale basato sull’accertamento dei redditi.
L’esperienza fatta in quegli anni dalla popolazione britannica e dagli uomini politici costituì la base solidissima di un nuovo patto sociale tra stato e cittadini. Chiamato in piena guerra dal governo britannico a elaborare una riforma delle assicurazioni sociali, Beveridge si era spinto oltre il progetto iniziale: esaminando i nodi del rapporto tra gli individui e le loro condizioni materiali, riuscì a innovare alla radice le forme e i metodi dell’intervento statale nell’economia e nella società. Attraverso l’attuazione dei principi fondamentali contenuti nel Rapporto, in Gran Bretagna si ebbe una capillare riorganizzazione in senso moderno dello Stato sociale.
Grazie al lavoro del leader del Partito Laburista Attlee e alle condizioni che si erano venute a creare dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, la democrazia inglese arrivò a coniugare previdenza e protezione sociale, diventando il principale punto di riferimento per tutti i sistemi di Welfare europei.
La definizione di “Stato del benessere” che tutti noi oggi conosciamo si deve soprattutto agli eventi e alle riflessioni degli anni 40. A partire da quanto promosso nell’Inghilterra post bellica, sono entrati nella concezione moderna dello Stato sociale principi universalistici come la sanità, l’istruzione e l’assistenza sociale, di capitale importanza anche ai giorni nostri. Il tutto grazie al contributo di Beveridge, prima, e di Attlee, poi, gli artefici della svolta decisiva in ambito socio-previdenziale.