Oltre il confine

La vita, vedete, non è mai così buona e così cattiva come si dice…

di Alessandra Macrì

“Giovanna guardava  nell’aria davanti a sé, nel cielo attraversato dal volo arcuato delle rondini, simili a razzi. E, da subito, un dolce tepore, un calore di vita, le giunse alle gambe, attraverso le vesti, le entrò nella carne: era il calore dell’esserino che le dormiva sulle ginocchia. La invase una commozione infinita[…]era la figlia di suo figlio! E mentre la creaturina, investita dalla luce viva, apriva gli occhietti azzurri torcendo la bocca, Giovanna la copriva di baci furiosi, sollevandola  tra le braccia. Rosalia contenta e burbera, la fermò: «via , via signora Giovanna, smettetela; la farete piangere». E aggiunse, seguendo il suo pensiero: «La vita, vedete, non è mai così buona e così cattiva come si dice…»”[1].

La protagonista del romanzo Una vita di Guy de Maupassant, è Giovanna.  È il 1819 quando, diciassettenne, esce dal convento che l’ha vista crescere. Giovanna, “fatte le valigie, si avvicinò alla finestra: la pioggia non smetteva!”[2].  Unica figlia del barone Le Perthuis e di sua moglie Adelaide “Pareva un ritratto di Veronese”, è pronta a cogliere le gioie della vita. Piena di illusioni ,Giovanna iniziò una vita libera e felice. “Leggeva, fantasticava, vagabondava, sola soletta nei dintorni. Errava a passi lenti lungo le strade, con la mente persa nei sogni”[3]. Ma le illusioni svaniranno… Maupassant indaga i costumi umani, la psicologia dei personaggi, descrive il contesto in modo dettagliato : i tempi e gli spazi della vicenda rispondono a tempi “reali”. Il barone è buono “la sua gran forza e la sua debolezza era la bontà”. L’autore si sofferma nella descrizione del personaggio cogliendo l’incoerenza del barone ” […] quel denaro sarebbe bastato, se in casa loro non ci fosse stato un buco senza fondo e sempre aperto: la bontà. Questa dissolveva il denaro nelle loro mani”[4] e ancora, “ Dal canto suo il barone stava meditano grande imprese agricole; voleva fare esperimenti, organizzare il progresso, provare nuovi strumenti”[5]. La baronessa, la signora Adelaide, molto bella da giovane e “più sottile di un giunco”, ora, l’obesità la inchiodava su una poltrona e il suo pensiero vagava attraverso dolci avventure di cui lei era eroina. La dimora dei “Popoli”[6] le piaceva moltissimo perché offriva lo scenario ai romanzi della sua anima, ricordandole i romanzi di Walter Scott. Spesso stava “isolata nelle sue fantasticherie” e tra i suoi ricordi. Giovanna trascorre così  giornate serene nella dimora di famiglia, il pensiero balzava verso l’avvenire e cominciò a sognare “L’amore! Da due anni la riempie dell’ansietà del suo muto appressarsi. Ormai è libera d’amare e non le resta più che d’incontrar “lui”. Come sarebbe lui? Non lo sapeva bene, e nemmeno se lo chiedeva. Sarebbe lui e basta. Questo sapeva: che l’avrebbe adorato con tutta l’anima[…]”[7]. Ecco che incontra Giuliano. Giuliano è bello “aveva uno di quei visi armoniosi che fanno sognare le donne e dispiacciono agli uomini” ma dopo poco si rivela per quello che è”[…] Giuliano, per soddisfare appieno i bisogni d’autorità e la sua voglia di fare economia aveva preso la direzione della casa. Era di una parsimonia feroce”[8]. E ancora la scoperta del tradimento con la cameriera, ”sorella di latte” Rosalia da cui avrà un figlio. Giuliano tradirà ancora la moglie finché morirà  per mano di un marito tradito. Il prete campagnolo, don Picot, tollerante e chiacchierone che induce a perdonare… Ancora, la gioia della maternità e la delusione del figlio viziatissimo, Paolino, che conduce una vita tra vizi e guai, fugge in Inghilterra per evitare i creditori, vive con una prostituta. Giovanna si riduce sul lastrico e, rimasta sola dopo la morte di tutti i familiari, è costretta a vendere la residenza dei Pioppi.  Nella nuova casa ha nostalgia per i giorni lontani, in cui tutto lasciava presagire una vita felice. Al suo fianco torna Rosalia. Non si vedono da ventiquattro anni. La serva, è diventata una contadina benestante, si prendono per mano, senza gelosie e rancori. “Sei stata felice almeno”? Le chiede Giovanna, “Si…si…sissignora…”, risponde Rosalia “Non mi posso lamentare sono stata più felice di voi… di certo”[9]. Si confidano , Rosalia  parla di sé, della sua casa, scendendo nei particolari “come fanno volentieri i contadini”, di suo figlio che è “un buon ragazzo” e si era sposato. Oh, io non ho avuto fortunata. M’è andata male ogni cosa. Il destino s’è accanito contro di me”. Ma Rosalia scrollò il capo :“Non bisogna dir queste cose. Vi siete sposata male, ecco cos’è. Non ci si sposa a quel modo, senza conoscere bene chi si piglia”[10]. Con l’aiuto di Rosalia, Giovanna recupera un poco di serenità. Rivive il passato, i tempi lontani, la fanciullezza… Ma una nuova vera felicità giunge solo dopo la morte per parto della compagna di Paolo. Il figlio le scrive una lettera ”non so proprio che cosa fare, e non ho soldi per mantenerla a balia”[11], così  le affida la bambina. In realtà, la conclusione del romanzo è sempre presente nella storia: è la vita umana con  i suoi  tratti negativi e  positivi con la forza di superare le inevitabili sfortune che toccano a tutti. La storia di Giovanna è una storia comune, fatta di piccoli sogni, amicizie, tradimenti, interrogativi e nostalgie. Ognuno vive un suo mondo, un’esistenza rassegnata nella gioia e nella tristezza: né mai tutta buona o tutta cattiva…


[1] G. de Maupassant, Una vita,, in Guy de Maupassant. Tutti i romanzi,V.1, Roma 1987, pp.173-174.

[2] G. de Maupassant, in op cit.. cap. I, p. 3.

[3] G. de Maupassant, in op. cit.cap.II. p.14

[4] G. de Maupassant, in op. cit. cap.I, p.7

[5] G. De Maupassant, in op. cit.,cap. II, p. 11.

[6] La proprietà dei « Popoli » , antico castello di famiglia nei pressi d’Yport.

[7] G. de Maupassant, in op. cit.,cap. II, p. 11.

[8] G. de Maupassant, in op. cit.,cap.II, p.67

[9] G. de Maupassant, in op. cit., cap. IX, p.148.

[10] G. de Maupassant, in op. cit. ,cap. IX, p.149.

[11] G. de Maupassant, in op. cit. ,cap. XIV, p.172.