Matt Elbe
Francesco Petrella
Concesso da Bad Music Rising
Berlino anni 60’, sono passati poco meno di vent’anni dalla fine della grande guerra, l’aria odora ancora di polvere, i palazzi, le case e le famiglie descrivono ancora sofferenza. La sofferenza legata al senso di colpa: la Germania del terzo reich, nazista, condannata per generazioni a portare con se il fardello più grande al mondo. Soffermandomi un attimo a pensare mi rendo conto di essermi messo in un gran casino; come scrittore di musica, come scrittore di articoli in una pagina web, come scrittore e basta. Onestamente credo di aver preso troppo alla leggera l’idea di scrivere di questo musicista cosmico, nonostante la mia prima affermazione sia stata: “sarà una grande impresa”, non avevo capito quanto “grande” potesse essere la grandezza di un cosmo – che si premette già infinito – di origine tedesca negli anni 60. Ma cercherò di avventurarmi tra le gesta di questo maestro cosmico, provando a rimanere il più terreno possibile, per questo sento il bisogno di iniziare dalla grande guerra, spero forse utopisticamente di descrivervi l’astratto usando il fattore politico-sociale che lo circondava. Quindi torniamo alla Germania del dopo guerra, alla Berlino capitale, la Berlino divisa in due da quell’infausto muro. Si badi bene che quando si parla di anni 60’ nella musica si è consoni cadere nell’inganno di quella che, provenendo dai paesi vincitori della guerra, mostrava un animo assai diverso, anche se a suo modo rivoluzionario. Il muro non era l’unico a dividere Berlino in quegli anni, nella fine dei 60’ si iniziavano a fare sempre più nette le divisioni tra la vecchia e la nuova generazione, una appartenente alla guerra e l’altra figlia del dopo guerra e quindi lontana dal quel senso di colpa e più vicina ad un senso di libertà. Fermiamoci qui, perché sarà sulle basi di questa divisione generazionale che nasceranno le idee avanguardiste di quei musicisti che in seguito verranno raggruppati in quel movimento chiamato kraut-rock. Per farci un quadro più generale della situazione è importante sapere che la musica che circolava durante quegli anni era lo “schlager”, una musica pop, fatta da suoni semplici e testi poco complessi, che ricordava un po’ la musica usata da nazisti per la propaganda politica, insomma una semplice musica popolare che non attraeva sicuramente le nuove generazioni che si sporcarono fin da subito di rock n’ roll, rock e altri generi provenenti dal resto dell’occidente. La bellezza del kraut-rock pero sta proprio nella sua natura del tutto originale, non è un rock tedesco e solo per questo chiamato “kraut“, è un genere del tutto diverso, unico, impossibile da confondere, è una musica che appartiene ad un periodo rinascimentale. La Germania andava ricostruita, non c’era tempo di ballare, di divertirsi, ma bisognava riflettere, bisognava passo dopo passo, tutti, distaccarsi dalla vecchia generazione, era tempo di cambiare. Il kraut-rock era la rivoluzione.
Ora capite perché vi dicevo che era un gran casino?
Uno dei personaggi più di spicco di questo movimento è stato di certo Klaus Schulze. Oltre ad essere sicuramente uno dei pionieri del kraut-rock è anche uno dei musicisti che più si distingue, premettendo che il kraut o la kosmic-music è un genere, o anzi più esattamente un movimento, che raggruppa musicisti del tutto differenti sotto la stessa denominazione, le direzioni di Schulze sono molto più complesse, non migliori, ma sicuramente più rappresentative, diciamo che Klaus Schulze è capace di racchiudere l’essenza della kosmic-music sin dalle sue origini. Infatti in molti considerano la nascita di questo genere con la formazione della band Psy Free, nel 1967, band in cui Schulze suonava la batteria, ma il salto più grande di questo genere avvenne con i Tangerine Dream altra band in cui Klaus Schulze si ritrova alle prese con le percussioni. Da ora in poi chiameremo Schulze il “percussionista cosmico”. Credo, ma forse mi sbaglio, che possa essere per tutti più facile dividere in periodi la vita di Schulze, cosi da capirne meglio l’essenza e le sue evoluzioni senza perderne il filo. Potrebbe anche risultare divertente al lettore cercare di capire quando e perché il nostro “percussionista” diventa “messaggero” per poi infine essere “maestro”. Mi sembra educato e soprattutto necessario avvisare l’interlocutore che da ora in avanti le cose che verranno scritte saranno del tutto astratte e non terrene, che il contenuto non sarà a tutti comprensibile, ed è giusto cosi. Uno dei primi passaggi artistici del “percussionista cosmico” arriva con la conoscenza delle macchine, il sintetizzatore diventa lo strumento, non solo inteso come musicale ma sopratutto come un mezzo intento a raggiungere uno scopo. Uno scopo più grande del musicista stesso, dove la macchina può esprimere ciò che il musicista non sa rivelare, ma non solo perché difficile da esternare ma perché anch’esso non è capace di concepirlo, anche lui si presta alla funzione di strumento di qualcosa di più grande: Il cosmo. L’idea della musica torna a essere liturgica, una volta il canto religioso era un tramite per arrivare a Dio, Schulze fa esattamente lo stesso, cerca di raggiungere dio, ma dio non inteso come il “nostro signore onnipotente”, ma come un’entità superiore, qualcosa che non appartiene al profano. Ma l’ultraterreno si presenta tempestoso, non celestiale. L’ansia è il sentimento che prevale, il suono di quello che può sembrare un organo rende il tutto surreale e i sintetizzatori si dedicano alla mostrificazione, e quindi gli altri mondi si presentano scenari mostruosi e fantascientifici.
Schulze diventa finalmente “messaggero”. Ora, soffermiamoci sul concetto di “messaggero”. È possibile ancora oggi ascoltando i suoi primi dischi da solista :“Irrlich” e “Cyborg”, di provare la sensazione di ascoltare qualcosa di inumano, non nel senso di spietato, ma semplicemente di non umano. Se cosi fosse sembrerebbe assurdo, non che contraddittorio che un essere umano abbia potuto realizzare tale opera, cosi sembrerà a sua volta inutile continuare a parlare di Klaus Schulze riferendolo alla sua musica, dal momento i cui l’artista viene rimpiazzato da qualcosa che non essendo umano non può appartenergli. La musica stessa, ovvero un insieme di suoni, che noi umanamente abbiamo definito note, non appartengono a l’uomo ma esistono prima dalla sua esistenza. Se cosi fosse, l’uomo è sempre stato strumento per la Musica di esprimersi. Importante avvisarvi che riterrò da ora in poi necessario usare la lettera maiuscola ogni volta che mi riferirò alla “M-usica”. Quindi siamo nuovamente di fronte a questo fenomeno, la Musica si esprime tramite Schulze e non viceversa. “Irrlich” non può altro che essere considerato un capolavoro, di quello che ormai non può che essere il “messaggero cosmico”, li dove il “cosmo” diventa la Musica e i mondi da lei creati. Lo stesso “Cyborg”, muovendosi sulla stessa linea del precedente si manifesta spettacolare. Interessante come il “cosmo”, ovvero l’universo, prenda in questo caso il posto della Musica. L’uso delle parole è cosi importante che tante volte ce ne dimentichiamo, le usiamo senza soffermarci, senza contestualizzarle. In questo caso è molto importante l’analisi della parola, dal momento in cui “cosmo”, che a sua volta significa universo sta a rappresentare la Musica, che a sua volta non è altro che un cosmo – cavoli l’uso delle due parole sfugge di mano anche a me -. Sarebbe anche giusto ricordare che da Schulze in poi le regole della Musica verranno stravolte e le sue possibili vie si presenteranno spazi infiniti, sentiri interminabili. Da qui in puoi alla Musica non apparteranno regole. Il concetto che più volte fu preso in considerazione da grandi avanguardisti come Stockhausen o John Cage prende finalmente vita nella Musica del “messaggero cosmico”, che riesce a tramutare l’idea dei suoi mentori in un arma più pop e accessibile a tutti. Siamo ormai nel 1974 e esce il disco “Black Dance”, anche se questo lavoro e tra i meno conosciuti di Schulze è molto importante per descriverne le evoluzioni. Sempre mantenendo la linea dei dischi precedenti il “messaggero” cerca di sperimentare una chiave più pop, tornando a usufruire delle sue conoscenze di percussionista. Ancora più importante si presenterà Timewind del 1975, in cui questo discorso verrà affermato dai brani “Bayreuth Return” e “Wahnfried 1883”, dove i sintetizzatori diventano ufficialmente degli strumenti a percussione. Siamo di fronte forse a uno dei lavori più sperimentali del “messaggero”. Incredibile come improvvisamente il “percussionista” torna utile al “messaggero” perché esso riesca davvero a prendere il controllo di se e della macchina stessa. In questi ultimi due lavori nominati Schulze, è si ancora strumento, ma sta chiaramente imparando l’arte del controllo, se prima aveva scoperto un universo che lo aveva inghiottito e restava solo un vinto messaggero del cosmo, ora Schulze inizia ad avere confidenza, ha imparato come assecondare. Il “messaggero” si fa carico della sua responsabilità e la porta a termine. Nel 1976 esce “Moondawn”. Da qui a due anni inizia una nuova evoluzione di Schulze, tutto quello che c’è stato precedentemente viene spazzato via, il “messaggero”, non è più complice, è protagonista, acquista ufficialmente il controllo del “cosmo”. Klaus Schulze diventa la musica, i brani si fanno un’ unione perfetta tra il “percussionista” e il messaggero, la Musica si fa sempre più accessibile e Schulze non è più strumento ma entità. “Il maestro cosmico”; l’artista diventa domatore, la Musica torna profana. Cosmica e umana allo stesso tempo. Nel 1978 esce una pietra miliare, che segnerà l’inizio di una nuova era della musica. Da “X” in poi si affermerà la Musica elettronica.
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