Oltre il confine

Jacques Prévert: un canto d’amore per salvare l’umanità

Enrico Molle

L’Eros, concettualizzato dalla mitologia greca come forza attrattiva che assicura coesione all’universo e continuità della specie, generato dal caos primitivo, idealizzato poi come una divinità, ha assunto nella storia dell’umanità una moltitudine di aspetti, accompagnando l’esistenza stessa e ponendosi come uno dei punti cardine su cui si essa si basa.
Motivo di tormento e di angoscia, ma anche di gioia ed euforia, l’Eros è
da sempre ripreso in ogni forma d’arte, poiché è attraverso questa che l’uomo esterna i propri sentimenti, ma più in generale il suo mondo parallelo, ovvero quello dell’ anima.
Per questo motivo la letteratura ha avuto costantemente rapporti con la sfera dell’erotismo, sia come letteratura che ne riprende l’aspetto più carnale, sia come letteratura i cui accenti ne richiamano la sfera prettamente ideale, ma allo stesso modo intensa. Di sicuro, in ambito letterario, il terreno più fertile per la proliferazione di ogni sorta di analisi sull’Eros è la poesia. La sua tradizione millenaria annovera un numero notevole di autori, dai grandi poeti greci e latini come Saffo o Catullo, ai cantori della lirica provenzale, per poi arrivare a poeti della Scuola Siciliana, agli Stilnovisti e ai padri indiscussi della letteratura italiana, ovvero Dante, Petrarca e Boccaccio, che fanno dell’Amore, pur in accezioni diverse, il fulcro della loro poetica.
Nei secoli infatti, l’Eros, identificato con l’Amore, ha assunto molteplici forme e ha avuto funzioni diverse in base all’artista che lo ha messo al centro delle sue opere. Nonostante una tradizione che affonda le radici in epoche a noi ormai lontanissime, la carica emotiva dell’Eros, un’entità con vita propria e che contribuisce al realizzarsi del destino di ogni uomo, non si è ancora esaurita e sono numerosissimi coloro che, con forme sempre nuove, indagano i suoi effetti.
In epoca contemporanea uno degli autori che più di altri ha saputo imporsi come “cantore d’amore” è senza dubbio Jacques Prévert, poeta francese tra i più grandi del Novecento, che ha fatto dell’Amore il tema centrale della sua opera. Prevért, che in contro tendenza con la tradizione del suo tempo ha infranto le barriere dell’élite entro le quali era ancora riposta la poesia, ha avuto il grande merito di rendersi comprensibile a tutti grazie alla sua attenzione per gli aspetti quotidiani della realtà, alla sua leggerezza e alla sua serenità nel cantare la vita. In un secolo in cui la poesia, spesso e volentieri, sceglieva l’ombra e l’oscurità, tenendosi lontana dal grande pubblico, il poeta francese ha scelto di mirare dritto al cuore del lettore, intonando la sua voce sul registro della sincerità e della spontaneità. Nel farlo, ha posto al centro della sua poetica l’Amore, idealizzato come unica salvezza del mondo ed esaltato in tutte le sue forme.
In poesie come Alicante o la celebre Paris at Night, in pochi versi (entrambe ne hanno sei) si celebra l’Amore più intenso, quello che tocca la sfera erotica e che racconta con mirabile maestria, grazie
all’ uso di poche immagini mirate e ben riconoscibili dal lettore, l’intensità di un attimo fugace e folgorante.

PARIS AT NIGHT
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il primo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo tra le braccia.

Nella poesia Barbara, contenuta nella raccolta Paroles, uscita nel 1946 in pieno dopoguerra, l’Amore si ricopre di una patina epico-tragica e l’autore si affida al ricordo che fonde la pena d’amore al pianto storico per la guerra.
Nella prima parte della lirica la figura centrale è una donna, descritta con pochi aggettivi, tuttavia netti (“sorridente/Raggiante rapita grondante”), che sorride al poeta mentre corre incontro a un uomo e lo abbraccia. Prévert si pone quindi come un osservatore che racconta l’amore altrui sullo sfondo di una città, Brest, che appare “buona e felice” e dove la pioggia cade ininterrottamente, simboleggiando, in contrapposizioni alla tradizione letteraria, la felicità e l’amore che inonda la città.
Tuttavia, dopo le prime strofe, l’atmosfera subisce un cambiamento poiché irrompe brutalmente la guerra e la pioggia felice diventa “di ferro/ di fuoco d’acciaio di sangue”, con chiara allusione ai bombardamenti che devastarono la città. La guerra non uccide quindi solo persone innocenti, ma anche gli amori felici e, più in generale, l’Amore che, sconfitto, non riesce nulla contro la brutalità di tali avvenimenti.
Questa contrapposizione tra l’Amore e la guerra ribadisce, ancora una volta, come nella poetica di Prévert il sentimento sia un punto cardine e debba essere messo al centro della salvezza dell’umanità, anche quando tutto sembra perduto. In effetti, l’amore tra Barbara e il suo uomo rimarrà impresso nella storia letteraria, anche contro la devastazione della guerra.

BARBARA
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante
Sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua su Brest
E t’ho incontrata in rue de Siam
Tu sorridevi
E sorridevo anch’io
Ricordati Barbara
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi
Ricordati
Ricordati comunque quel giorno
Non dimenticare
Un uomo si riparava sotto un portico
Ed ha gridato il tuo nome
Barbara
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
Grondante rapita raggiante
Gettandoti tra le sua braccia
Ricordati di questo Barbara
E non volermene se ti do del tu
Io dico tu a tutti quelli che amo
Anche se non li ho visti che una sola volta
Anche se non li conosco
Ricordati Barbara
Non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
Sul tuo viso felice
Su questa città felice
Questa pioggia sul mare
Sull’arsenale
Sul battello d’Ouessant
Oh Barbara
Che cazzata la guerra
E cosa sei diventata adesso
Sotto questa pioggia
Di ferro
Di fuoco acciaio sangue
E lui che ti stringeva tra le braccia
Amorosamente
È forse morto disperso o invece
Vive ancora
Oh Barbara
Piove senza tregua su Brest
Come pioveva prima
Ma non è più così e tutto si è guastato
È una pioggia di morte desolata e crudele
Non è nemmeno più bufera
Di ferro acciaio sangue
Ma solamente nuvole
Che schiattano come cani
Come cani che spariscono
Seguendo la corrente su Brest
E scappano lontano a imputridire
Lontano lontano da Brest
Dove non c’è più niente.

L’opera che però più delle altre fa celebre Prévert come poeta d’amore, è senza dubbio Questo amore, lirica in cui l’Eros si presenta nella sua totalità. La sua carica dirompente si esprime pienamente in questa lirica dove il vero soggetto è il sentimento amoroso che strazia, che riempie, che fa male e fa gioire, che può tutto, quasi fosse una divinità, onnipresente e onnipotente.
In quest’opera il poeta francese raggiunge un livello altissimo di poesia, dando ai versi un ritmo armonizzato che rendono la lettura fluente e passionale e riuscendo a sintetizzare la vera essenza dell’Amore, forza superiore che unisce e disgiunge le persone, forza brutale, entità fragile e viva che può gettarci nel tormento, ma può essere salvifica perché inaspettata.
Per Prévert l’Amore è più forte persino della speranza, poiché, pur volendo, non possiamo negarlo: esso sarà sempre presente nelle nostre vite ed è lui a regnare sovrano sul mondo.
Inoltre, nascondendosi abilmente dietro un velo di classicità, in Questo Amore e negli altri componimenti a sfondo amoroso, il poeta si fa portavoce di quella liberazione dell’Eros che ha caratterizzato le generazioni successive, dove l’Amore vince contro l’indignazione, vince contro la miseria, vince contro la guerra e vince contro la fragilità dell’esperienza umana, nella quale si consumano molteplici esperienze sentimentali che si annidano nei ricordi, non senza un pizzico di malinconia, riscontrabile anch’essa nei versi dell’autore francese.
Di fatto nella prima parte della lirica l’Amore è cantato e accolto dal poeta, in questo caso portavoce dell’umanità. Tuttavia, a causa di un errore che molti commettono, ovvero quello di non permettere al sentimento di esprimersi pienamente, irrigidendo così la propria anima, improvvisamente tutto diventa più cupo. La parte finale dell’opera appare quindi più nostalgica e mesta, proprio perché l’Amore ha deciso di andarsene, scaricato da quei cuori che si impongono di non aprirsi a lui e a causa dei quali si manifestano gli aspetti peggiori dell’essere umano. Per questo il poeta, in un disperato tentativo, implora il sentimento di tornare per la salvezza di tutti.
Sostanzialmente, il lascito della poetica amorosa di Prévert si racchiude negli ultimi versi di Questo amore, in cui l’autore si rivolge direttamente all’Amore e dice: “Nella foresta del ricordo/ sorgi improvviso/ Tendici la mano/ Portaci in salvo”. In queste parole si concentra e si rivela definitivamente il pensiero del poeta francese, che dopo aver giocato prima, abbracciato pienamente poi il sentimento amoroso, dimentica i tormenti, le ansie, le pene e gli chiede di salvare tutti noi.

QUESTO AMORE
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gaio
E così irrisorio
Tremante di paura come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d’occhio
Perché noi lo tenevamo d’occhio
Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Perché noi l’abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Questo amore tutt’intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
È il tuo amore
È il mio amore
È quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda  viva come l’estate
Sia tu che io possiamo
Andare e tornare possiamo
Dimenticare 
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Saldo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io lo ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh sì gli grido
Per te per me per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov’eri un tempo
Resta dove sei
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t’abbiamo
Dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.