a cura di Alessia S. Lorenzi
Luca Ammirati, classe 1983, nasce a Sanremo dove tuttora vive e lavora: è scrittore e responsabile della sala stampa del Teatro Ariston, il mitico teatro dove si svolge ogni anno il Festival della canzone italiana. Con i suoi scritti ha ottenuto diversi riconoscimenti e premi letterari e a gennaio 2019 è uscito in tutte le librerie il suo romanzo “Se i pesci guardassero le stelle”. Ho letto il romanzo di Luca Ammirati tutto d’un fiato. Mentre leggevo, mi sembrava di percorrere quelle strade, passeggiare in quei luoghi, assaggiare i dolci di “Ilenia” e mi innamoravo dell’Osservatorio di Perinaldo. Un libro che scalda il cuore. Luca Ammirati mi ha fatto davvero desiderare di essere lì a osservare quel mare e respirare la magia del cielo stellato. Il protagonista di questa bella storia non è solo Samuele, i protagonisti sono due: Samuele e Leo, il piccolo pesce rosso a cui il protagonista confida i suoi progetti, i suoi sogni, racconta le sue amarezze e lo rende partecipe delle sue gioie. Da quei dialoghi vengono fuori vere e proprie “pillole di saggezza”. Ma torniamo a Samuele. Ha trent’anni ed è un sognatore. Ha una gran voglia di realizzare i suoi progetti, ma a volte gli sembra di non muoversi di un passo, di girare sempre su se stesso, proprio come il suo “amico” Leo, impossibilitato ad andare oltre i limiti posti dalla sua boule di vetro.
Ma Samuele è uno di quei sognatori che non si arrende e, in un tempo in cui talvolta sembra più facile arrendersi che perseverare, lui ostinatamente non molla e insegue fino alla fine i suoi sogni. Luca Ammirati, con questo romanzo, invita a credere nei propri sogni, a non mollare, nonostante la vita, talvolta, sembra spingerci a fare il contrario e sembra anche dirci che se vogliamo che l’impossibile accada, non dobbiamo mai smettere di crederci.
Cosa ha in comune Samuele con Luca Ammirati, a parte l’amore per la tua terra che traspare dalle pagine del tuo romanzo?
Una delle cose che noto con enorme piacere, nel confronto con i lettori, è che la maggioranza di loro si riconosce in Samuele Serra. E penso che sia dovuto al fatto che c’è un po’ di Samuele in tutti noi, me compreso. La paura del domani, l’imbarazzo di non essere magari all’altezza, i nostri sogni che combattono ogni giorno contro la dura realtà. Le nostre fragilità e le nostre incertezze. Sono tutti elementi nei quali ci possiamo ritrovare. Se devo sbilanciarmi, con il mio protagonista, probabilmente, più di ogni altra cosa condivido e ho condiviso il fatto di essere un grande sognatore. E anche la sua tenacia nel rialzarsi con il doppio della voglia di ricominciare e dell’entusiasmo dopo ogni caduta o porta chiusa in faccia.
Il protagonista ha un rapporto di “confidenza”, potremmo dire, col suo pesciolino rosso, talvolta sembra quasi una valvola di sfogo, un modo per esternare i suoi stati d’animo. So che ti sembrerà una domanda banale, ma i lettori sono curiosi, come mai hai scelto proprio un pesce rosso?
Perché Galileo, detto Leo, il pesce rosso che domina anche sulla copertina del romanzo, ha il grande pregio di essere silenzioso, mentre noi viviamo in un mondo rumoroso e frenetico, dove tutti quanti parlano e non sempre con educazione, e dove paradossalmente è sempre più difficile dare ascolto e farsi ascoltare. Leo invece è l’ascoltatore perfetto. A un certo punto, tra Samuele e il suo pesce rosso, si verifica quasi una specie di sovrapposizione. Samuele viene colto dalla dolorosa sensazione che, per quanti sforzi faccia, nulla cambi mai veramente. E allora gli viene il dubbio di trovarsi esattamente nella stessa condizione del pesciolino rosso, e cioè di essere condannato a girare in tondo un po’ a vuoto, senza poter mettere fuori la testa dell’acqua per arrivare a quello che vorrebbe essere. Forse, però, una differenza tra il pesce rosso e il suo amico parlante c’è: Galileo, a dispetto dell’altisonante nome che porta, non ha mai visto il cielo e le stelle…
Mi è molto piaciuto il passo del libro in cui porti Leo, il tuo pesce rosso, a guardare le stelle. Cosa si nasconde in quella scena? Qual è il suggerimento che vuoi dare ai lettori?
Il suggerimento è quello contenuto nella citazione di Stephen Hawking, che non a caso ho voluto inserire all’inizio del romanzo: “Ricordatevi sempre di guardare le stelle, non i piedi.” E invece, purtroppo, a volte sembra che siamo sempre più concentrati a guardare in basso, soprattutto sugli schermi dei nostri smartphone, anziché verso l’alto. Dove, sopra di noi, c’è l’infinito. Un’altra cosa che mi ha colpito molto, leggendo “Se i pesci guardassero le stelle”, è l’amicizia tra Samuele e la simpatica e dolce pasticcera, tra un uomo e una donna, l’amicizia pulita, sincera, senza secondi fini, solo amicizia, quella vera. Luca ha amicizie così? Questo è un aspetto sul quale mi interrogano in molti: a quanto pare, e a dirlo non sono io ma illustri scrittori, ho sfatato uno dei tabù della letteratura italiana. L’amicizia genuina tra uomo e donna, che invece io ritengo perfettamente possibile e credibile. E quindi sì, certamente e per mia fortuna ho delle amicizie di questo tipo: nella mia vita ci sono delle “Ilenia”, ma anche degli “Iacopo”, l’amico sempre presente, con tutte le differenze che si possono riscontrare nel sodalizio tra uomini di trent’anni rispetto all’amicizia con una donna. E ci sono state anche delle “Emma”…
Dalla lettura del libro, mi è sembrato di capire che per te sia stato molto naturale scriverlo, quasi come se, a tratti, fosse una sorta di racconto reale della tua vita, forse soprattutto per il modo in cui parli della tua terra… E’ così?
Nella stesura ci sono state delle inevitabili contaminazioni, anche perché è tutto ambientato a due passi da casa mia. Il mio protagonista si muove nei luoghi che vivo e frequento abitualmente: la mia Sanremo, ma anche l’altro mio luogo del cuore, il borgo di Perinaldo nel quale ho avuto il privilegio di lavorare nelle vesti di assessore alla cultura. Un vero scrigno con un gioiello imperdibile, l’osservatorio astronomico intitolato a Gian Domenico Cassini, lo scienziato chiamato alla corte del Re Sole. In parte, vivendo quelle esperienze, è stato un po’ come se stessi già concependo il romanzo. Poi ecco, quello che forse mai mi sarei aspettato, è che scrivendo di casa mia avrei ottenuto un riscontro nazionale e provato l’emozione di vedere la mia storia distribuita in tutta Italia.
Un’ultima domanda che mi sembra d’obbligo. Il Festival di Sanremo è un appuntamento fisso di molti italiani, secondo te, che lo vivi da vicino, come è cambiato il Festival nel corso degli anni, cosa è rimasto di quella Kermesse canora che nel 1951 partì con il mitico Nunzio Filogamo, che salutò gli italiani con quel suo “Amici vicini e lontani”, dal salone delle feste del Casinò di Sanremo?
Sanremo è davvero l’evento più nazional-popolare che abbiamo in Italia. Quando viaggio e incontro nuove persone, appena sanno della mia città di origine e del mio lavoro mi chiedono immediatamente informazioni e curiosità. È un po’ il nostro Super Bowl, per fare un paragone. Ed è un camaleonte formidabile: il Festival incarna la storia e le trasformazioni del nostro Paese, e riesce ogni anno a innovare e a innovarsi pur rimanendo fedele a se stesso e a una tradizione che l’anno prossimo compirà 70 anni. Un dato ancor più incredibile se pensiamo a cosa è diventato il mondo della musica e della discografia oggi. È cambiato tutto: hanno chiuso moltissime case discografiche, non ci sono più manifestazioni imponenti come il Festivalbar, si è passati dal vinile ai cd fino all’ascolto digitale di oggi. Eppure Sanremo è ancora lì, in piedi, più vivo che mai. Seguito e spiato da tutti, in fondo anche da coloro che dichiarano orgogliosamente di non guardarlo. Salutiamo e ringraziamo Luca Ammirati e gli auguriamo un grande successo con questo suo bellissimo romanzo. In bocca al lupo.
Pag. 32 Clinamen n. 6 marzo 2019