Intervista a Federica Donno

a cura di Lorenzo di Lauro

Clinamen incontra Federica Donno, fashion stylist e consulente d’immagine molto attiva sui social e sul suo sito, con all’attivo un passato da modella. Tra le sue collaborazioni vi sono quelle alla Milano Fashion Week e in numerosi set cinematografici, oltre alla specializzazione in discipline come la neuro architettura e la neuro fashion. Come modella ha preso parte ad alcuni programmi televisivi e a diversi concorsi su scala nazionale, restando nel campo della moda grazie le successive specializzazioni.

Come ti sei avvicinata al mondo della moda e come è nata questa sconfinata passione?

Credo sia nata per destino. Ho iniziato a muovere i primi passi nel mondo della moda un po’ per gioco a quattordici anni. Ho sfilato come modella prima in Puglia, successivamente a Milano, dove mi sono trasferita per un anno e dove ho potuto sfilare e partecipare a diversi programmi televisivi. Rientrata da Milano, avendo fatto il liceo classico volevo iscrivermi all’università ma per casualità non mi accettavano la richiesta d’iscrizione. Mi sarei iscritta a filosofia o psicologia. Lì ho deciso, per non fermarmi un altro anno, di riprendere il mondo della moda iscrivendomi ad un’accademia di moda a Lecce. Dopo essere stata responsabile della Milano Fashion Week, ho compreso che quella era la mia strada, e da allora non l’ho più lasciata.

Sul tuo sito racconti della tua specializzazione in neuro fashion e neuro architettura. In cosa consistono queste discipline?

Sono entrambe discipline moderne e attuali. La specializzazione in neuro fashion mi consente di poter applicare la psicologia nel settore moda, concependo l’abito o l’accessorio non più solo come oggetto estetico ma anche come strumento utile per comunicare se stessi o veicolare un messaggio. L’abbigliamento (forme, colori ecc…) ha un forte potere comunicativo, più di quanto possiamo immaginare. Molto simile è la neuroarchitettura. È l’utilizzo della psicologia nell’interior design, quindi ogni ambiente viene visto come sensoriale e può donare benessere. Ad esempio ho collaborato con un’agenzia funebre in cui il colore e l’utilizzo del materiale delle tende era fondamentale per aiutare le persone a superare un lutto e la perdita di una persona cara.

Per il tuo lavoro si è rivelato fondamentale potenziare l’utilizzo dei social. Quali possono essere altre modalità per permettere alla gente di conoscere meglio il settore di cui ti occupi?

I social sono di certo di vitale importanza. Quello che va più di tutti nel campo della moda è di sicuro TikTok, che permette di essere visualizzati da un numero enorme di persone. Però le riviste cartacee continuano a giocare un ruolo chiave, così come i giornali. Ho avuto la possibilità di finire su entrambi e questo di sicuro ha attirato l’attenzione di più persone. Le nuove modalità le scopriremo in futuro.

Da tempo sostieni l’importanza della componente psicologica nell’approccio alla moda e al design. Come ritieni possano coesistere realtà così differenti?

Io non vedo in realtà un distacco tra le varie discipline. In ogni ambito che fa parte del mio lavoro rientra una componente psicologica e credo che questo mio approccio mi contraddistingua rispetto ai competitor. Credo in ogni progetto di ognuno di noi ci sia la volontà di comunicare qualcosa e la conoscenza della componente psicologica è fondamentale.

Hai partecipato a numerosi eventi di moda e hai collaborato come stylist in numerosi videoclip musicali. Come varia il tuo approccio a seconda del contesto nel quale ti ritrovi?

Il mio approccio è sempre molto simile. Parto sempre da una call o da un incontro conoscitivo con il cliente. Per me è fondamentale capire quanto ci mette di suo nel percorso lavorativo. Nella prima fase è molto importante l’ascolto. Con il mio lavoro aiuto gli altri e per me è un buon lavoro se riesco a far emergere i loro valori e le loro identità. Se questi aspetti non dovessero esser chiari ci lavoriamo assieme.

Cosa ti ha lasciato di positivo il tuo percorso? C’è un’emozione più viva di altre che ti ha donato questo percorso?

L’emozione più forte che ho provato è stata quando ho capito che volevo fare la fashion stylist. È partito tutto da lì poi, sono seguite altre specializzazioni, ma il fuoco si è acceso lì. Ricordo che ero appena rientrata dalla Milano Fashion Week: mi ero messa in gioco e ancora non sapevo in cosa mi sarei voluta specializzare esattamente, avendo fatto un corso formativo completo in progettazione moda. Sono rientrata a casa e ho avuto l’illuminazione su quello che intendevo fare per la vita. Fino a quel momento non avevo la più pallida idea: non sono mai stata costante neanche negli sport e mi sentivo sbagliata, anche per colpa degli altri. Quando ho capito che quella era la mia strada sono andata spedita come un treno, come continuo a fare adesso. Per fare questo mestiere devi avere conoscenze un po’ su tutto, anche perché le tendenze nella moda cambiano ogni anno e si ispirano anche a discipline lontane. Grazie alla moda mi sono sentita compresa, e con il tempo ho cominciato ad acquisire nozioni un po’ su tutto. Credo sia un’attività che si cuce a pennello su di me, e che mi abbia scelto, e non che io abbia scelto lei.

Quali progetti bollono in pentola per il futuro? Pensi un domani di avvicinarti al mondo del cinema?

Di progetti ce ne sono tantissimi. A settembre aprirò il mio studio dove potrò continuare a lavorare su nuovi progetti ed accogliere anche le mie clienti per le consulenze d’immagine, per le sedute di armocromia ecc. Per quanto riguarda il cinema durante il percorso accademico ho maturato esperienza su diversi set cinematografici, anche importanti. Mi piacerebbe ritornare portando la novità del neuro fashion, quindi cercando di studiare caratterialmente e psicologicamente gli attori dei film per poi associarne un identikit su outfit, tagli capelli e make-up.