di Renato De Capua
I wandered lonely as a cloud
that floats on high o’er vales and hills,
when all at once I saw a crowd,
a host, of golden daffodils;
beside the lake, beneath the trees,
fluttering and dancing in the breeze. [2]
William Wordsworth
Quando si scrive, una delle componenti più complesse da individuare per intessere un buon sistema testuale, ovvero rispondente ai canoni del reale, pur nutrito e animato dalla fictio che naturalmente lo genera, è l’incipit, l’inizio. Come si fa a cominciare un buon testo? Quale la strategia giusta da adottare? Non vi stupirete certamente, se la risposta a tale quesito non è univoca, ma anzi molteplice, difforme, così come è il creato nel quale si rispecchia, parafrasando il filosofo Heidegger, la gettatezza d’essere, nonché la nostra esistenza. Ad ogni modo, senza ulteriori digressioni, ho scelto d’iniziare con parole ben più autorevoli delle mie, quelle del poeta inglese William Wordsworth, e di un suo testo molto noto ai più, The Daffoldils, e il perché di questo verrà presto detto. E ora, addentrandoci nel vivo della nostra trattazione, ha inizio il nostro viaggio.
La musica così come la letteratura condivide, sin dalle rispettive origini, le ragioni scatenanti e l’unità d’intenti, che ben si compendiano nel narrare l’umano; di un’umanità spesso concreta unicamente mediante l’analogia e la rievocazione, poiché perduta, assente nell’odierno, divenendo al tempo stesso ricordanza che si traduce in Poesia o, come nel nostro caso, canzone che attraverso la musica, codice linguistico universale, aggrega le più disparate comunità umane disseminate per il globo e rende un’unica entità quella diversità di fondo, abbatte quella Torre di Babele che dirime la comunicazione, rendendo proprio quella molteplicità non più un’alternativa, ma l’unico mondo possibile, con i suoi paradossi, le sue contraddizioni, la sua letteratura e la sua musica.
È il maggio del 1971 e nella camera da letto di John Lennon, a Tittenhurst Park , Inghilterra, sul bianco e il nero di uno Steinway nasce Imagine, uno dei brani più cantati e interpretati al mondo, rappresentativo dell’età nella quale è stato concepito e collocato al terzo posto dalla rivista musicale Rolling Stone nell’ambito della Classifica dei brani mondiali di tutti i tempi, descrivendo il brano come “il più grande regalo musicale di Lennon al mondo”, esaltando “la melodia serena; la delicata progressione degli accordi; [e] quell’attraente accordo di quattro note [al piano]” [3].
Il testo, nella sua semplicità, risulta essere un inno alla pace, alla condivisione di valori come fratellanza e uguaglianza tra gli uomini, ai quali viene suggerito di deporre le armi e di unirsi in un’unica grande comunità; ma a questa interpretazione dettata dalla più becera evidenza, si aggiungono altri livelli di lettura che permettono una chiave interpretativa del testo della canzone, sui quali la critica musicale ha, negli anni, varie volte dibattuto. Come evidenziato, il testo ha una verve pacifista, rivelandosi uno strumento efficace per veicolare il messaggio espresso, ma alcuni ritengono che Imagine sia una chiara adesione di fede ai dettami del Partito Comunista, poiché è presente, nel testo, l’invito a immaginare un mondo senza possessi, nel quale nessuno possiede nulla, un po’ come proposto dal modello dello Stato di Natura di alcuni filosofi. Lennon, infatti, ammise che i motivi del testo, fossero vicini a quelli del Manifesto del partito comunista, in quanto nel testo si delinea la fisionomia di una società laica, dove si auspica che, i valori promossi dal materialismo, dall’utilitarismo e dall’edonismo, non trovino terreno fertile. Yōko Ono, invece, in un altro articolo [4] apparso sempre sulla rivista Rolling Stone afferma che, al di là di ogni possibile interpretazione, il messaggio di Imagine può essere inteso come una dichiarazione dell’essere umano in quanto tale: “Siamo tutti un solo mondo, un solo paese, un solo popolo […]”[5] e a questo può aggiungersi un’altra dichiarazione dello stesso Lennon che non è in contraddizione rispetto a quella esposta poc’anzi, ma risulta essere una precisazione e una confessione di verità: «Imagine, che dice: “Immagina che non esistano più religioni, nazioni, o politici”, è virtualmente il manifesto del partito comunista, anche se io non sono particolarmente un comunista e non appartengo a nessun movimento politico»[6], ed è proprio tale asserzione che dovrebbe spingere i più ad intendere il messaggio espresso dal brano, come una dichiarazione universalistica dei valori dell’uomo, apolitica e apartitica.
Tra i motivi ispiratori del testo, oltre al complesso quadro storico degli anni ’70, segnati dal Conflitto in Vietnam, dalla Guerra Fredda e da molti altri scontri, vi sono delle poesie di Yōko Ono contenute nella sua raccolta poetica Grapefruit del 1964. Tra tutte, sicuramente, spicca Cloud Piece, riprodotta sul retro di copertina del vinile originale Imagine che recita: “Imagine the clouds dripping, dig a hole in your garden to put them in” (“Immagina le nuvole gocciolanti, scava un buco nel tuo giardino per raccoglierle”), lirica che sprona il lettore a immaginare, a plasmare una nuova realtà nella quale ritrovare se stesso e compiere l’atto descritto nella lirica. Ecco, un primo incontro tra letteratura e musica: da una poesia, la nascita di un nuovo testo, divenuto musica. E ancora, durante un’intervista del dicembre 1989 per la rivista Playboy, Lennon dichiarò a David Sheff che lui e Yōko Ono avevano ricevuto in dono un libro di preghiere cristiane, che gli concessero il motivo ispiratore di fondo per il testo. Secondo lo stesso:
«Il concetto di preghiera positiva … Se puoi “immaginare” un mondo in pace, senza discriminazioni dettate dalla religione – non senza religione, ma senza quell’atteggiamento “il mio Dio-è-più-grande-del-tuo-Dio”, allora può avverarsi … Una volta il Consiglio ecumenico delle Chiese mi chiamò e mi chiese: “Possiamo usare il testo di Imagine e cambiarlo semplicemente in Imagine one religion al posto di no religion?” Ciò mi dimostrò che non lo capivano affatto. La modifica avrebbe affossato l’intero scopo della canzone, l’intera idea.[7]»
La genesi del testo di Imagine, scritto di getto in una sola stesura, è stata quindi originata dall’influenza della poesia della Ono e dalla lettura di questo libro di preghiere, che insieme donarono al mondo un “inno umanista per il popolo”, come descritto dall’autore John Blaney.
Ecco il motivo del sottotitolo a questo scritto, “per un’apologia della musica e della letteratura”, poiché, date le premesse, è ragionevole pensare che se Lennon non avesse incontrato sul proprio cammino la raccolta di poesie della Ono e il libro di preghiere cristiane, forse non avremmo il privilegio di poter godere di questa canzone, un soft rock tra i più belli della storia e quasi un inno nazionale, come ebbe modo di dire l’ex presidente degli Stati Uniti d’America, Jimmy Carter.
Un’altra cosa è certa e non deve risultare tendenziosa: in Imagine possono ritrovarsi le stesse ragioni che inducono la musica e la letteratura, a produrre ancora oggi manifestazioni delle proprie condizioni d’esistenza, mediante uno strumento fondamentale del quale l’uomo è dotato: l’immaginazione che rende possibile ciò che non c’è; realizzabile ogni atto creativo, nonché le varie forme d’arte di cui il nostro sguardo può nutrirsi.
Se per immaginazione, intendiamo la traduzione del termine eikasia (in greco antico: εἰκασία), ovvero, la capacità di pensare, indipendentemente da ogni precisa elaborazione logica, il contenuto di un’esperienza sensoriale, in occasione di un particolare stato affettivo e, spesso, riguardante un tema fisso, come agilmente spiegato dalla Enciclopedia Treccani alla voce corrispondente, ne consegue che il nesso tra letteratura e musica, e nel nostro caso, in relazione al testo di Imagine, è ben spiegato e reso evidente, in quanto entrambe le parti prese in esame, si occupano di delineare, tramite i loro indefiniti e sconfinati margini d’azione, una realtà nuova nella quale l’uomo possa essere preservato dalle brutture del mondo, o, perlomeno, illudersi che la realtà descritta dal testo di questa canzone, che a tutti gli effetti, possiamo definire Poesia, possa ancora oggi essere possibile e attuabile, se l’uomo decidesse di tornare ad essere umano, se si ricordasse che non solo John Lennon e gli altri scrittori e artisti, possono essere gli unici sognatori.
Nel testo della canzone si legge:
You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us And the world will live as one
Diresti che sono un sognatore
ma non sono l’unico
Spero che un giorno ti unisca a noi E il mondo sarà come uno solo
E queste parole dovrebbero spingerci a credere, a recuperare quei valori perduti che rivestono di grigio la nostra attualità, in cui, assieme al progresso e a tanti passi in avanti, sono ancora presenti faide, guerre e violenze di ogni tipo. La musica e la letteratura possono, a tutt’oggi, indicarci la strada giusta da percorrere, verso un nuovo sole, nuovi lidi, da scrivere, descrivere; suonare e cantare. Per amor di coerenza, se l’immaginazione è stata protagonista del testo di Lennon – Ono, è slancio vitale dell’agire letterario, vorrei concludere immaginando, parafrasando l’analogia conclusiva della poesia di Wordsworth con la quale abbiamo iniziato, John e Yōko Ono sdraiati sul loro divano, in uno stato d’animo ozioso o pensieroso, nello stato della beatitudine della solitudine; con il cuore riempito di piacere e danzante con i narcisi.
Note al testo
1. Nel giugno del 2017 la National Music Publishers Association ha dato seguito a un desiderio espresso da Lennon prima della sua dipartita: aggiungere il nome di Yōko Ono come co-autrice del brano.
2. Vagavo solitario come una nuvola/ che fluttua in alto sopra valli e colline,/ quando all’improvviso vidi una folla,/ un mare, di narcisi dorati;/ vicino al lago, sotto gli alberi,/ tremolanti e danzanti nella brezza. […], Wordsworth W., The Daffoldils (I narcisi).
3. WENNER J.S., John Lennon ricorda, p.13, White Star, 2010.
4. L’articolo è consultabile qui: https://www.rollingstone.com/music/music-news/imagine-the-anthem-of-2001-83559/
5. “It was just what John believed — that we are all one country, one world, one people. He wanted to get that idea out.”
6. BLANEY J., Lennon and McCartney: Together Alone: A Critical Discography of the Solo Work, pag. 52, Jawbone Press, 2007.
7. SHEFF D., All we are saying: the last major interview with John Lennon and Yōko Ono, pp. 212-13, Playboy Press, 1981.