Alessia S. Lorenzi
La Divina Commedia, come sappiamo è il sogno o il viaggio fantastico che Dante compie nell’al di là, dopo essersi smarrito, nel mezzo del cammin della vita, nella terribile selva oscura del peccato. Un viaggio che, allegoricamente, rappresenta il cammino che l’uomo deve intraprendere per sfuggire alle insidie del peccato e giungere poi alla purificazione. Dante nel Paradiso si trova alla fine del suo viaggio nell’al di là. È giunto finalmente “nel ciel che più della sua luce prende” (Par. I, 4), nel cielo cioè in cui maggiormente si percepisce la luce di Dio. Dunque la Divina Commedia è la storia di un viaggio. Potremmo dire che il suo viaggio nell’al di là, rappresenterebbe la metafora del viaggio dell’uomo. Dante e Ulisse due viaggiatori, due diversi modi di viaggiare, due mete da raggiungere. Ulisse come un eroe moderno che si perde nella selva oscura delle passioni, delle distrazioni, si perde in tutto ciò che lo allontana dalla redenzione. Dante lo colloca nel girone dei consiglieri fraudolenti. Secondo l’Ulisse di Dante, l’uomo per sua natura tende a trovare soddisfazione nel mettersi alla prova, cercando di misurarsi con le sue capacità seguendo virtù e conoscenza. Ulisse, quindi, è visto da Dante come un uomo che rinuncia alla gioia del rientro in patria per amore della conoscenza, del sapere. Ulisse e i suoi compagni sono stati comunque i protagonisti di uno dei temi più importanti della letteratura di tutti i tempi, il viaggio appunto. Ogni romanzo non è altro che la storia di un “viaggio” che inizia senza sapere dove e come finirà, ma è comunque un viaggio con tutte le difficoltà, tutti gli ostacoli che possono manifestarsi durante il cammino. Come ho detto prima, secondo Dante, Dio rappresenta la felicità, una vera sorgente inesauribile di felicità, quindi il suo viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, è la metafora del viaggio dell’uomo attraverso la vita stessa che ha come fine ultimo la felicità. In questo “viaggio” che è la vita, l’uomo ha però bisogno di una guida per ben comprendere la natura del viaggio stesso, per capire quale sia il punto di partenza e quale quello di arrivo. Interessante, quindi in questo contesto, è la figura di Ulisse e il racconto del “suo” viaggio in contrapposizione al “viaggio” di Dante. Il loro viaggio presenta, ovviamente, analogie e differenze. Intanto diciamo che entrambi procedono su un cammino in linea retta, ma mentre Ulisse procede più, come potremmo dire, su un piano orizzontale, Dante più su un piano verticale di “ascesa”, di salita verso la luce divina. Dante rappresenta un pellegrino che cerca la salvezza, Ulisse, invece è più un esploratore che va verso la conoscenza a tutti i costi. Le motivazioni che li portano a viaggiare sembrerebbero diverse ma nemmeno tanto: Ulisse si muove per sete di conoscenza, che ha un significato profondo anche per Dante, ma mentre per Dante la conoscenza cresce contemporaneamente alla crescita morale, per Ulisse, invece, sembra ci sia una separazione fra conoscenza e morale. Ulisse, nell’opera di Omero, è visto come l’eroe positivo, nell’Odissea infatti, si esalta il tema del viaggio e della scoperta.
Nell’opera di Dante, questa esagerato desiderio di scoprire, diventa qualcosa di negativo, qualcosa che bisogna sforzarsi di controllare per non superare i limiti posti da Dio. Ulisse, quindi, viene visto negativamente proprio per questa sua smania di conoscenza, ed è quasi il simbolo di una sfida coraggiosa che lo porterà, alla fine, a superare sì i confini del mondo (le famose colonne d’Ercole), ma con la conseguenza del naufragio e quindi alla dannazione e alla discesa verso l’Inferno. Il poeta giustamente lo pone nella bolgia dei consiglieri fraudolenti. Dante sembra voglia utilizzare Ulisse proprio come personaggio da contrapporre a se stesso. Sia Dante, sia Ulisse, infatti, iniziano un difficile viaggio, ma mentre quello del primo è voluto da Dio, quello di Ulisse non è voluto da Dio; Dante continuerà il suo viaggio di redenzione, mentre l’eroe omerico sarà condannato a subire le pene dell’Inferno. Tutta la moltitudine di personaggi danteschi, a causa delle loro colpe o per i loro meriti, si trova o fissa in un posto specifico oppure è impegnata a correre verso una meta già stabilita, i cui confini fissano il suo posto all’interno dell’universo, ognuno, cioè, ha il suo spazio, non va oltre. A differenza degli altri personaggi, Dante e Ulisse sembrano protagonisti del viaggio sempre in azione e, cosa molto importante, vanno continuamente oltre i limiti, spinti da una forte passione. Entrambi sembra si muovano nella stessa direzione. Seguendo itinerari diversi vanno verso il Purgatorio: Dante attraversando l’Inferno, Ulisse navigando per mare. Nonostante il viaggio del poeta si svolga nel mondo infernale e quello di Ulisse invece in uno luogo reale, l’obiettivo appare uguale. Anzi, potremmo dire che nel suo cammino attraverso il Purgatorio e il Paradiso, sembra quasi che Dante prenda la staffetta di Ulisse che è naufragato. Ciò nonostante, esiste differenza pur nella somiglianza di fondo di queste due figure di “viaggiatori”. Come Dante, Ulisse unisce l’aspirazione alla conoscenza “vincer potero dentro a me l’ardore/ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,/e delli vizi umani e del valore” (Inf. XXVI, 97-99) al desiderio di conoscere i posti più sconosciuti e inesplorati del mondo “de’ nostri sensi ch’è del rimanente,/non vogliate negar l’esperienza,/di retro al sol, del mondo sanza gente” (Inf. XXVI, 115-117) E Dante sembra apprezzare questa sete di conoscenza. Nella Divina Commedia spesso si trovano contrapposti uomini autentici e figure simili a bestie. Molti dei castighi infernali sono basati proprio sulla realizzazione della metafora di esseri simili a bestie. Perciò il rimprovero di Ulisse che ricorda ai suoi compagni che sono uomini e non bestie, “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” (Inf. XXVI, 119-120) ha per Dante un grande significato. La strada che porta alla conoscenza è comunque per Dante completamente diversa da quella di Ulisse. La conoscenza dantesca, che comprende un’ascesa verso i valori morali è una conoscenza che cresce di pari passo col perfezionamento morale di chi desidera raggiungerla. Più si eleva moralmente e più cresce la sua luce, la sua conoscenza. Per Ulisse invece la sete di conoscenza non è legata a questi valori. Dante nel suo pellegrinare ha sempre una guida, Virgilio prima e Beatrice poi, mentre Ulisse è guidato solo dal suo carattere. La figura di Ulisse da re di Itaca quale è nell’Odissea, acquista nella Divina Commedia i caratteri dello scopritore di nuove terre, dell’esploratore audace. Immagine che piaceva sicuramente a Dante per la forza che esprimeva ma, nello stesso tempo, non gli piaceva la sua discutibilità morale. Dante ha visto sicuramente in lui qualcosa del futuro che si stava avvicinando; trovandosi, il poeta, all’inizio di una epoca, ha intravisto uno dei pericoli principali della cultura che si stava per manifestare: la tendenza al rafforzamento della singola personalità, al suo perfezionamento, che avrebbe portato inevitabilmente alla separazione dell’intelligenza dalla coscienza, del sapere dall’etica. Se il viaggio ultraterreno di Dante si svolge come abbiamo detto lungo una linea verticale, è presente nella Commedia, come sostiene Lotman (*), l’immagine di un altro viaggio, che si compie come il movimento di Ulisse sull’asse orizzontale: quello dell’esule, non libero come il peregrinare dell’eroe greco, ma imposto dalle lotte, le disunioni, gli squilibri del suo tempo. Per entrambi i personaggi, continua Lotman, i due assi entrano fra loro in rapporto di gioco, ma in una prospettiva rovesciata come in uno specchio. A Ulisse, nel suo libero e coraggioso vagare su una superficie orizzontale, manca la spinta ideale verso l’alto. Quando l’asse verticale e le sue coordinate spaziali si presentano alla fine della vita, il loro significato resta per lui incomprensibile e il movimento della nave dall’alto verso il basso, causa della sua morte, gli viene imposto da una forza che egli non è in grado di riconoscere. Per Dante, personaggio ad essere imposto da una realtà terrena, è il movimento secondo l’asse orizzontale: la partenza da Firenze, il vagare di corte in corte, la proibizione di fare ritorno. Lo slancio verso l’alto, il suo movimento lungo l’asse verticale, è strettamente legato all’esperienza tutta terrena del movimento orizzontale imposto dall’esilio che a Dante personaggio minacciosamente si prepara e che Dante autore vive durante la stesura della Commedia; immane sforzo per ristabilire, in un tentativo “a cui pongono mano cielo e terra”, quell’equilibrio che rendeva l’uomo parte integrante di un’armonica costruzione cosmica.