Oltre il confine

Il Sud: “Eretico barocco”, nel nuovo libro di Simone Giorgino

Renato DE CAPUA
” Eretico barocco
Una linea meridiana nella poesia
italiana del Novecento
Simone Giorgino (Carocci, 2024)
pp. 156
euro 18
https://www.carocci.it/prodotto/eretico-barocco

Il paesaggio culturale meridionale del ‘900 è costellato di molteplici e significative esperienze letterarie. Quasi mai i criteri classificatori del canone hanno reso giustizia agli autori del Sud, sebbene fossero in stretto contatto con le tendenze e gli esponenti del panorama nazionale, in una rete di comunicazione radicalmente diversa da quella odierna, costituita da viaggi, incontri, dibattiti, un fitto carteggio epistolare; la loro missione, veicolare il pensiero e le parole oltre i confini territoriali d’appartenenza. Il nuovo studio di Simone Giorgino, “Eretico Barocco. Una linea meridiana nella poesia del Novecento” (Carocci, 2024), si compone di una raccolta di saggi, che illustra l’avversa fortuna di alcuni poeti del XX secolo, ingiustamente esclusi o marginalizzati dagli orizzonti di studio della letteratura. Il terreno d’analisi è la penisola salentina: terra d’origine, punto di fuga e di ritorno fattuale o introspettivo, a volte un ricordo che si nutre di lontananza e vibra nel tensivo rincorrersi dei versi. Il Salento è sì una periferia, ma è posto nel cuore del Mediterraneo. Sembra quasi che il canto colorato del mare possa aver concorso alla feconda vocazione letteraria di questa terra. Girolamo Comi, Raffaele Carrieri, Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, Carmelo Bene, sono gli autori esaminati, a cui lo stesso Simone Giorgino -docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università del Salento e presidente del “Centro Studi Phoné”, in omaggio a Carmelo Bene- dedica da tempo le sue ricerche. Questi nuovi saggi sono allora strumenti necessari in una strenua lotta contro la dimenticanza, già intrapresa da un “manipolo agguerrito” di studiosi, tra cui Oreste Macrì, Mario Marti, Donato Valli, Antonio Lucio Giannone. È necessaria una mappa per muoversi e creare una via di accesso e di comunicazione tra la poesia italiana contemporanea e lo spazio meridiano. L’eretico azzardo del Barocco traspone nel verso la sua eco e si spande nelle potenzialità di una parola che s’innalza e diviene evanescente rappresentazione della realtà o un suo relitto scabro e residuale.

«Il tuo linguaggio profondo/ è come un’ala distesa/ un’ala di luce rappresa/dentro l’argilla del mondo».

Sono versi tratti dalla lirica “Il verbo” dal “Cantico dell’argilla e del sangue” (1933) di Girolamo Comi (1890-1968). Cantore dell’“immanenza del sacro nel mondo”, la storia del barone di Lucugnano è paradigmatica di un ingiusto isolamento antologico ed editoriale. Eppure, fu proprio nella sua casa che ebbe sede l’irripetibile esperienza dell’Accademia Salentina (1948-1953) e della rivista “L’albero” (1949-1966) con l’omonima casa editrice. Tra quelle mura, oggi divenute un autorevole presidio culturale, sono ancora conservate la biblioteca e il prezioso archivio del poeta. Comi fece del margine una “strategia stilistica”, la fenditura attraverso cui ascoltare il palpito del mondo per farne materia di un canto, che eleva le forme e disegna parvenze di luce nel cielo.

In uno dei suoi tanti brogliacci Raffaele Carrieri (1905-1984) scriveva:

«Quanto lavoro, quanta pena per fare uscire dell’inchiostro l’anima pulita».

La sua esistenza è un romanzo ancora da scrivere, un’avventura che incontra la vita e diviene scrittura. Critico d’arte un tempo famoso in Italia e all’estero, narratore e poeta di origini tarantine, oggi il suo nome appare quasi dimenticato, se si eccettuano due importanti iniziative editoriali: la riedizione dell’opera in prosa “Fame a Montparnasse” del 1932, a cura di Antonio Lucio Giannone (Musicaos, 2022), e il lavoro di raccolta antologica delle principali opere poetiche in “Un doppio limpido zero”, a cura di Stefano Modeo (Interno Poesia, 2023). La maggior parte della vita trascorsa a Milano è soltanto l’approdo di una vicenda umana davvero singolare. Da adolescente s’imbarca come clandestino per Valona, in Albania; poi un viaggio verso i Balcani e la vita trascorsa in Montenegro con alcuni pastori. All’età di quindici anni – è il 1920- subisce la mutilazione della mano sinistra nel celebre “Natale di sangue” dell’impresa di D’Annunzio a Fiume. Fu anche modello a pagamento per Picasso, di cui diventò amico. Nei suoi versi rivive l’esperienza autobiografica che, dagli anni Quaranta in poi, diviene “autobiografismo filtrato da un estro avanguardistico”, dalla natura antilibresca e antiaccademica; la sua, è una poesia che “dura su un continuo miracolo”, per “cantabilità” e i “raffinati cromatismi”, una “poesia gitana, sempre in movimento, viaggio o fuga che sia”. Il saggio apre un fronte poco noto nell’ambito della poca letteratura critica su Carrieri, ovvero, le affinità con Federico Garcìa Lorca e la Spagna, un poeta e una terra dagli innegabili rimandi e dalle palpabili suggestioni all’interno della produzione lirica carreriana.

«Dove hai nascosto, cielo, l’altra ipotesi?».

È la formulazione di un quesito che apre la lirica “I pomodori secchi” di Vittorio Bodini (1914-1970). Una lettera, datata 3 settembre 1959, attesta l’inizio di una corrispondenza epistolare con Rafael Alberti, che ben presto sarà un suo grande amico. All’ombra degli aneddoti legati ai loro incontri, le passeggiate nella notte romana, un Bodini appassionato d’antiquariato e un progetto di traduzione incompiuto; l’incontro tra un “andaluso d’adozione” e uno spagnolo in esilio.

«Una rima è l’amore, una minaccia/ d’annientamento, un’ebbra sepoltura/di te viva in me vivo, la misura/ d’un rigore mortale che t’allaccia…».

Sono versi tratti da “I privilegi del povero” (1960) di Vittorio Pagano. Definito il “seicentesco del Novecento”, nonché “uno degli ultimi custodi della koinè ermetica fra il II dopoguerra e la fine degli anni Sessanta”, la sua è una posizione atipica nel panorama finora tratteggiato. A differenza degli altri, la sua è quasi una ricerca voluta di un vivere appartato, come ricorda Rina Durante quando si dimostrò ostinatamente restio ad apparire in un servizio televisivo. Nel 1957 pubblicò per la casa editrice di Comi, “L’albero”, l’“Antologia dei poeti maledetti” con versioni metriche originali di raro pregio. Collaboratore di riviste, traduttore e poeta, “amava gli scrittori europei che narravano le storie di uomini disperati, ai margini”, assemblando in sé un’anima meridionale e una francese, quasi un “incontro a due voci”, “una doppia cittadinanza letteraria”.

«Nel sogno che non sai che ti sognare/ tutto è passato senza incominciare/ ‘me in quest’andar ch’è stato».

Alcuni versi di Carmelo Bene (1937-2002), l’ultimo “eretico barocco” di questa mappatura, per inoltrarci al saggio conclusivo, “‘l mal de’fiori: anatomia di un poema”. Dedicato al poema impossibile delle “cose che non sono”, dopo averne ripercorso la travagliata stesura, avvenuta a Otranto tra la fine del 1999 e i primi mesi del 2000, con un minuzioso lavoro di ricerca grafica, l’opera appare “sfuggente ed entropica”. Così, ai fini di fornire al lettore e allo studioso una possibile chiave di lettura, Giorgino propone ed elabora un’inedita suddivisione in sezioni tematiche, utilissima per meglio comprendere il viaggio della parola sulla “pagina acustica”. Emergono allora i temi portanti della ricerca di Bene, come la scissione dell’io, l’impossibilità e l’inutilità della comunicazione artistica, il rapporto fra oralità e scrittura, un “plurilinguismo a tratti deflagrante” e altri nuclei tematici.  Al centro della sfida interpretativa, il paradosso e un’importanza cruciale conferita alla dimensione fonologica. Infine, l’apertura di uno spiraglio sull’ultimo lavoro letterario di Bene, “Leggenda”, un poema compiuto ma rimasto inedito e qui proposto all’attenzione dei lettori e degli studiosi. “Eretico Barocco” di Simone Giorgino traccia allora nuove coordinate di ricerca, inserendosi in un percorso coerente con altre sue opere, come i saggi “Carta poetica del sud” (Musicaos, 2022) e il più recente “Da questo altrove. Carmelo Bene e il Sud del Sud dei Santi. Una cartografia” (Kurumuny, Beniana, 2023), curato dallo stesso autore e da Alessio Paiano. “Eretico Barocco” s’inscrive, dunque, in un processo corale che dispone a sistema geografia e letteratura, creando una nuova mappa da seguire, a duello con l’oblio di una notte che tutto ammanta. Tra queste pagine, un auspicio e un’attesa. Per i poeti dell’ “Eretico Barocco” e i versi delle loro poesie.