35 millimetri

Il nazismo dagli occhi di un bambino – Jojo Rabbit

Alfonso Martino

Fare satira su temi scottanti non è mai facile perché si rischia di non essere capiti, o di offendere un certo numero di persone. Non è questo però il caso: Jojo Rabbit, film scritto e diretto da Taika Waititi, che vede protagonisti Scarlett Johansson – nominata per questo ruolo come miglior attrice non protagonista e come miglior attrice protagonista per “Marriage Story”, ai prossimi Oscar – e Sam Rockwell, riesce ad affrontare in maniera convincente l’argomento, alternando all’interno della pellicola diversi registri: dalla satira pungente, a sequenze belliche, horror e thriller, tutte girate con maestria. La trama vede protagonista Jojo Betsler, un bambino di dieci anni, circondato dal clima bellico del secondo conflitto mondiale e dalla propaganda nazista, che sogna di diventare un soldato e servire la sua nazione. Jojo è introverso, con un padre impegnato in guerra e pochi amici; tra questi è annoverato niente meno che Adolf Hitler.

Il Fuhrer è rappresentato sotto forma di amico immaginario del protagonista, che interviene nei momenti di difficoltà per incitare il bambino nella vita di tutti i giorni. La scrittura di Waititi ci restituisce un dittatore infantile e capriccioso, che non potrà non divertire lo spettatore, rappresentante il livello di fanatismo del giovane protagonista. L’incontro con una ragazza ebrea cambierà in maniera graduale la percezione di Jojo nei confronti del regime. La presa di coscienza del giovane coincide con la progressiva riduzione della figura di Hitler, che passa da presenza centrale nella sua vita ad una marginale. All’interno della pellicola sono presenti simboli ricorrenti: il coniglio, animale a cui viene paragonato il protagonista, che viene prima sminuito da Jojo e in seguito apprezzato per il suo spirito di conservazione dopo un confronto con il dittatore tedesco; il ballo, forma di ribellione nei confronti della dittatura; la farfalla, rappresentante l’infanzia e la spensieratezza che ne consegue, protagonista di una sequenza in cui il regista mostra il passaggio dall’innocenza alla cruda realtà della guerra. Il conflitto nega ai bambini l’infanzia e li fagocita nel suo sistema fatto di violenza e schieramenti. La sceneggiatura di Waititi tiene conto dello sviluppo di tutti i personaggi, anche quelli secondari, come il capitano Klenzendorf, interpretato da Rockwell e protagonista di una crescita personale che fa il paio con quella di Jojo. Inoltre, tematiche attuali come l’omosessualità e le sequenze più violente vengono definite attraverso dei leggeri movimenti di camera che strizzano l’occhio allo spettatore. Centrale all’interno del film è il rapporto tra Jojo e sua madre Rosie, interpretata dalla Johansson. La donna si ritrova a crescere suo figlio da sola in un clima non certo sereno, sia all’interno delle mura domestiche che nella società in cui vive. A tal proposito, emblematica è la scena in cui la donna, durante un litigio col figlio, recita la parte del padre, con tanto di barba finta creata utilizzando la fuliggine del camino.

Il film del regista neozelandese permette allo spettatore di guardare a una pagina nera della storia dell’uomo con un umorismo intelligente e spunti di riflessione, attraverso una regia ordinata e propensa all’estetica, che non si tira indietro quando si tratta di mostrare le brutture della guerra e i limiti che pone un regime dittatoriale nei confronti della libertà.