Un intreccio di storia, arte e devozione. Un luogo intriso di mistero su cui si sono posati innumerevoli sguardi sognanti, continua a vegliare sulle strade della città.
Nicolò CONTI
Un ricordo indelebile scolpito nella memoria dei brindisini e legato alla loro infanzia è senza ombra di dubbio riconducibile all’enigma suscitato dalle varie e disparate sensazioni provate davanti al Calvario che, agli occhi ingenui e incuriositi di fedeli e bambini, si ergeva ancor più grande di quanto già non fosse; maestoso e avvolto dal mistero, era custode di antichi segreti. Tutto ciò incantava appieno i giovani spettatori quasi magnetizzandoli, ma occorre rammentare che non erano da meno il timore e il turbamento che questo monumento incuteva loro, impressionandoli e spesso inducendoli a scappare oppure a voltarsi dall’altra parte.
Il Calvario di Brindisi, collocato in via Santa Margherita ad angolo con via Carmine, è un piccolo santuario popolare che rappresenta i momenti più significativi della Via Crucis di Gesù Cristo. Questi luoghi sacri, che dimostrano come l’arte popolare rivestisse un ruolo essenziale nella preghiera e nella liturgia, erano di solito situati nei pressi di una chiesa o un monastero, e si diffusero a macchia d’olio in tutto il Salento a inizio Ottocento per esprimere al meglio la coscienza religiosa delle diverse comunità.
Il santuario era ubicato in una zona intrisa di un’atmosfera sacrale in armonia con gli edifici circostanti: accanto era presente il convento di Santa Maria delle Grazie, alle spalle l’antico Monastero degli Agostiniani, e nelle immediate vicinanze la chiesa di San Rocco e quella della dedicata alla Madonna del Carmine con annesso il monastero. Il Calvario, stando a quanto ci viene riferito dai Vangeli, è la collina sita vicino le mura di Gerusalemme dove fu crocifisso Gesù Cristo. Da qui si evince la centralità assoluta che questo luogo di culto assume nel periodo pasquale, ricordando che in passato una serie di processioni ogni Venerdì Santo muovevano in ordine dal primo pomeriggio alla sera, partendo dalle diverse chiese del centro cittadino per poi terminare il loro percorso presso il monumento stesso. Nonostante questo rito negli ultimi anni sia stato ridotto a un’unica processione, la straordinaria mole dei fedeli che annualmente vi partecipa con profondo fervore religioso e con l’accompagnamento della banda musicale è rimasta immutata. Particolarmente interessante si rivela l’approfondimento della nascita e della storia del Calvario. Edificato a devozione della famiglia Tedesco, come riporta l’epigrafe fissata sulla parete di destra guardando l’entrata, il santuario fu consacrato dall’arcivescovo di Brindisi Pietro Consiglio nel 1830 alla conclusione della missione dei padri Redentoristi; l’avvenimento viene ricordato dal testo latino di una seconda epigrafe lapidea posta all’angolo tra le due vie. A partire dagli ultimi anni dell’Ottocento le redini dell’intero palazzo collocato in via Carmine e del Calvario furono prese dalla famiglia Gioia-Caforio. Infatti, su un tempietto circolare posto all’interno del recinto spicca il nome di Teodoro Gioia, un imprenditore locale che, nel 1921, riportò in auge attraverso un meticoloso restauro quella punta di diamante ingiustamente abbandonata da troppo tempo.
L’imprenditore Gioia, rispettoso della tradizione, prestò molta attenzione affinché non venisse mutata l’architettura di base del rinato gioiello brindisino; inoltre, la Premiata ditta Longo di Lecce produsse l’altorilievo in cartapesta dell’Addolorata, situata nell’edicola poco distante dal Calvario, e le due statue, sempre in cartapesta e a grandezza naturale, della Vergine Addolorata e del Cristo Morto custodite con esemplare accortezza nel santuario ed esposte ai fedeli il Giovedì e il Venerdì santo. Successivamente, lo scultore Bepi Zanchetta realizzò i cinque Misteri in ceramica che, sostituendo le pitture di analogo tema visibili ancora su alcune fotografie di inizio Novecento, impreziosirono ulteriormente il Calvario. Ci furono in seguito altri ritocchi in cui un contributo essenziale dagli anni ‘80 fino al 2009 fu dato dall’eclettico artista Giulio Caforio, pronipote di Teodoro Gioia. Il ripristino del 2009 fu effettuato grazie all’idea dei proprietari, la famiglia Gioia-Caforio, e di Luca Di Giulio, che costituì un comitato per finanziare i lavori come dono di amore alla propria città; in questo lavoro il Maestro Nicola Serinelli restaurò minuziosamente le due statue in cartapesta. Negli interventi di risistemazione degli ultimi tre anni, con la collaborazione del cittadino Antonio Monaco e di Francesco Viola, responsabile della manutenzione e della pulizia del santuario, il maestro Giuseppe Nardelli ha restaurato i cinque bassorilievi dei Misteri e le statue di Gesù e della Madonna. Il Calvario, attualmente nelle sapienti mani di Giovanni Caforio, pronipote di Teodoro Gioia, si presenta come una singolare fusione tra storia e devozione concretizzatasi in un angulus ammirabile dal punto di vista artistico e architettonico. Rende ancor più l’importanza che il Calvario assume per la cittadinanza una saggia e intramontabile riflessione scritta dalla prof.ssa Maria Blasi Caforio, zia di Giovanni ed esploratrice insieme agli altri componenti della famiglia della storia del Calvario.
“Finalmente qualcosa di straordinario e di grande rilievo si è verificato nella comunità di Brindisi, scuotendo la coscienza dei cittadini, considerati da molti abulici e indifferenti alle bellezze artistiche del proprio paese: il Calvario ritrovato, riscoperto e recuperato come un bene di grande portata storica per i costumi e gli usi del nostro vivere civile e sociale; ma anche un mezzo per tutti i brindisini per sentirsi parte viva di una comunità, che, mai, come oggi, avverte il bisogno di ritrovare la sua identità storica e culturale di fronte ai pericoli striscianti di una alienante massificazione, che tende ad annullare le peculiarità della persona e l’identità dei piccoli e grandi aggregati urbani”.
Le sue brillanti parole echeggiano ancora nell’animo dei brindisini.