Lo scenario

Green Pass e lavoro: una questione controversa

di Daniela Bellisario

Ormai è assodato: la questione Green Pass rientra senza dubbio a pieno titolo tra i temi più scottanti e dibattuti degli ultimi tempi, in cui il COVID-19 fa ancora tanto parlare di sé.
In pieno clima di pandemia, il Green Pass rappresenta un “passe-partout”, che già da qualche mese è la chiave d’ingresso obbligatoria a luoghi chiusi, come bar, ristoranti, palestre, piscine e musei, ma anche ad eventi pubblici, come concerti musicali, spettacoli pubblici, competizioni sportive al chiuso, fiere, sagre, convegni e congressi; inoltre, questo passaporto vaccinale è un lasciapassare per i viaggi in treno a lunga percorrenza, non più accessibili, invece, a chi n’è sprovvisto.

Già resa obbligatoria anche per il personale scolastico e sanitario, a partire dal 15 ottobre (fino al 31 dicembre, salvo eventuali proroghe dello stato di emergenza sanitaria) la certificazione verde è diventata ufficialmente obbligatoria per (quasi) tutti i lavoratori: dai lavoratori operanti nel settore pubblico a quelli attivi nel settore privato, dai lavoratori autonomi ai lavoratori dipendenti, ai liberi professionisti. Restano ancora esenti idraulici, elettricisti ed operai, ai quali la richiesta di esibire il Green Pass è a discrezione del cliente.

Il decreto Green Pass, DL 127/2021, stabilisce che i lavoratori privi della certificazione verde sul luogo di lavoro possano andare incontro a una sospensione dello stipendio, risultando assenti ingiustificati fino al momento in cui attestino effettivamente di esserne entrati in possesso. Sono, inoltre, previste delle sanzioni amministrative pecuniarie, che possono ammontare da un minimo di 600 euro ad un massimo di 1500 euro. Anche i datori di lavoro sono tenuti a presentare il proprio Green Pass, oltre a garantire che tutti i dipendenti ne siano altrettanto in possesso e che siano opportunamente eseguiti dei controlli al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro. Se i datori di lavoro non osservano prioritariamente queste regole, sono punibili allo stesso modo dei dipendenti e possono incorrere anch’essi in sanzioni amministrative pecuniarie, le quali ammontano alle medesime cifre di riferimento sopra citate.

Dal 15 ottobre, vi sono stati dei cambiamenti importanti anche per quanto concerne lo smart working: il “lavoro agile”, vera e propria àncora di salvezza per moltissimi lavoratori durante il periodo di lockdown e oltre, non è stato completamente eliminato, ma accantonato, al fine di favorire un pieno ritorno in presenza presso gli uffici e tutti i luoghi di lavoro; sarà, però, possibile per i dipendenti considerare di comune accordo con i propri datori di lavoro l’eventualità di continuare a lavorare da casa.

In alternativa al vaccino, poi, per ottenere il Green Pass è possibile eseguire un tampone molecolare, un test antigienico o provare di essere guariti dal COVID. A questo punto, la domanda che sorge spontanea è: fino a che punto l’obbligo di Green Pass riuscirà a stravolgere il mondo del lavoro e la vita dei lavoratori, soprattutto quella di coloro che si professano “no vax” e che sono, dunque, determinati a non voler possedere ed esibire questo QR Code, per quanto possano “correre ai ripari” attraverso l’alternativa tampone? Chissà…non ci resta che attendere il corso degli eventi per scoprirlo.