Oltre il confine

GIORNI DI MIRACOLI E MERAVIGLIE: L’INCREDIBILE STORIA DI SIXTO RODRIGUEZ

di Enrico Molle

In Clinamen-periodico di cultura umanistica – n. 7, pagg. 30-34,

Con l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, artista visionario che racchiude in se l’essere cantautore, musicista e poeta, il legame tra letteratura e musica sembra essere stato sancito definitivamente. D’altronde tra le funzioni primarie della musica, a partire dall’epoca medievale, se non addirittura da prima, figura quella di accompagnare le parole, o meglio i componimenti poetici, in maniera armoniosa e simbiotica, con lo scopo di rendere l’incontro delle due arti un tutt’uno. L’idea della canzone moderna, ovvero di un brano musicale come lo conosciamo noi, nasce proprio da questo accostamento tra musica e parole, che va a creare un universo parallelo, ma allo stesso modo sconfinato, che ha segnato, dalla sua nascita, le varie epoche che si sono susseguite, così come è accaduto per la letteratura.

Lungi da me, perlomeno in questa sede e per mancanza di competenze specifiche, analizzare le categorie musicali che si sono susseguite dai primi anni del ‘900 fino a noi, quei generi intramontabili come il Country, che insieme al Blues e al Jazz hanno poi portato al Rock e alle sue mille sfaccettature, quindi all’Hip Hop e al Reggae, e che hanno caratterizzato comunità e generazioni intere, o ancora quegli sconfinamenti come il Metal o il Trap, sottogeneri che proliferano autonomamente e che raccolgono seguaci fedeli, con un forte senso di appartenenza.

Ciò che farò in questo articolo, tra l’altro in linea con i miei precedenti contributi alla rivista, sarà parlarvi della storia incredibile, sconosciuta ai più, dell’unico cantautore diventato una rockstar senza saperlo: Sixto Rodríguez.

Probabilmente quello che andrete a leggere vi sembrerà assurdo, tanto da dubitare della mia lealtà, ma in verità si tratta di una vicenda straordinaria che di per sé mescola la poesia alla vita di un uomo e che ha come risultato la sua meravigliosa musica.

È il 1968 quando il chitarrista Dennis Coffey e il produttore Mike Theodore, della Sussex Records, una casa discografica di Los Angeles di proprietà della Buddha Records, finiscono in un locale periferico di Detroit (Michigan), il Sewer, in seguito a una segnalazione riguardo a un folksinger molto interessante, qualcuno che poteva essere il nuovo Bob Dylan. D’altronde in quegli anni chiunque si mostrava con una chitarra e un’armonica correva il rischio di essere etichettato come il “nuovo Dylan”, perché il vecchio non era più disponibile e Bruce Springsteen non era ancora arrivato a destinazione. E in quel locale di Detroit, nella zona lungo il fiume, dove si udivano le sirene delle navi, avvolto in un muro di fumo e seduto di spalle, quasi a voler obbligare il pubblico a concentrarsi sulla sua voce e le sue parole, Sixto Díaz Rodríguez, un giovane ragazzo figlio di immigrati messicani, dava prova del suo straordinario talento. Coffey e Theodore ne rimangono rapiti ed è un attimo firmare un contratto che lo porterà a incidere il suo primo album “Cold Fact”, che uscirà nel 1970.

La qualità della musica di Rodríguez è innegabile e il suo modo di suonare la chitarra e la sua voce ne sono la conferma, ma ciò che sorprende di più sono i suoi testi, per lo più di protesta, attraverso i quali indaga sulle condizioni di vita del suo paese. Nelle sue canzoni, Rodríguez, parla di Detroit, una città povera e difficile, diventando il poeta dei bassifondi che mette in musica la poesia di quello che vede, con l’innata capacità, degna dei veri artisti, di elevare le cose, di andare al di là del mondano, del prosaico.

Eppure, nonostante un connubio perfetto tra suono e parole e la qualità innegabile di Sixto, “Cold Fact” non ottiene il successo sperato. Nessuno della Sussex Records se ne capacita e allora si decide di continuare, di incidere un secondo album. È la volta di di “Coming from Reality”, che tra i suoi produttori vedrà anche Steve Rowland, attore e cantante (oltre che produttore appunto) che nella sua carriera ha collaborato con artisti del calibro di Gloria Gayonr, Jerry Lee Lewis, The Cure e che anni dopo, in un’intervista, racconterà che il suo preferito, quello dal maggior talento, era e resterà sempre Rodríguez, definito come un saggio e un profeta. Ma per motivi che nessuno riuscirà mai spiegare, nonostante il suo valore incontestabile e un lavoro più consapevole e maturo, anche “Coming from Reality” finirà per vendere pochissimo.

È la fine di un sogno per Rodríguez e tutto acquista una patina ancora più malinconica se si pensa al fatto che, come racconterà sempre Steve Rowland, l’ultima canzone a essere registrata fu Cause, il cui primo verso recita «perché ho perso il mio lavoro due settimane prima di Natale»: era novembre del 1971 e poco dopo, esattamente due settimane prima di Natale, la Sussex Records estrometteva Rodríguez dall’etichetta. Tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione dei due album sono sconcertati: come poteva, uno che scriveva in quel modo, non fare successo?

Le risposte a questa domanda non arriveranno mai e così Rodríguez decide di voltare pagina. Si ricicla come muratore, lavora duramente nei cantieri edili per ditte di demolizione e conduce una vita umile, riuscendo persino a laurearsi in filosofia alla Wayne State University di Detroit, seguendo corsi serali, e candidandosi più volte come sindaco, ma senza risultati.

Tuttavia, nei piani del destino, la storia di Sixto Rodríguez non doveva finire in quel modo.

Negli stessi anni, in un Sudafrica sotto il regime segregazionista dell’apartheid e boicottato dal resto del mondo proprio a causa di tale regime, la musica di “Cold Fact” e di “Coming from Reality” è apprezzatissima e il suo successo cresce in maniera esponenziale all’oscuro del suo autore.

La leggenda vuole che una ragazza abbia portato in Sudafrica un disco di Rodríguez da regalare al fidanzato e che da quello sia iniziato un processo infinito di duplicazione in forma di bootleg, sia su disco che su nastro, infine su compact disc. Ciò, almeno in parte, è realmente accaduto, ma il risvolto della medaglia vede tre etichette discografiche sudafricane incaricarsi, visto il loro grande successo, delle ristampe ufficiali dei due album “Cold Fact” e “Coming from Reality” su licenza della Sussex Records che ne deteneva i diritti e che, ancora oggi, non ha chiarito dove siano finiti i soldi e il perché non abbia mai avvisato il cantautore della popolarità ottenuta oltreoceano.

D’altro canto è comprensibile che le etichette discografiche sudafricane non si siano mai interessate di rivolgersi al cantautore per i diritti, al contrario abbiano pensato di contattare esclusivamente la Sussex poiché, per quello che si sapeva in Sudafrica, Rodríguez era morto. Le voci che circolavano sull’accaduto erano diverse, ma le più accreditate erano due: Rodríguez si era cosparso di benzina e dato fuoco sul palco; Rodríguez, visto l’insuccesso della sua musica, durante un concerto in cui lo spettacolo sembrava peggiorare di canzone in canzone, molto educatamente si esibì con l’ultimo brano, ringraziò il pubblico, prese una pistola e si sparò. Per quanto inverosimile possa sembrare tutto questo, è necessario calarsi in un realtà, quella degli anni ‘70, senza internet e, per di più, in uno Stato che bloccava la maggior parte delle notizie provenienti dall’estero, a causa dell’accusa di crimini contro l’umanità rivolta al suo regime da parte dell’ONU.

Tralasciando i cavilli burocratici relativi ai diritti d’autore, questione che tra l’altro non è mai interessata allo stesso Sixto, la causa del successo di Rodríguez in Sudafrica è da ricercare nello spirito delle canzoni, che, per ricondurci a Dylan e a ciò che pensa, hanno vie misteriose per manifestarsi: le emozioni che i brani di “Cold Fact” e di “Coming from Reality” non sono riusciti a trasmettere a Detroit e più in generale negli Stati Uniti, hanno trovato in Sudafrica terreno fertile, diventando il veicolo per esprimere l’indignazione contro l’apartheid.

Col passare degli anni, il mistero attorno alla sua immagine e i suoi testi che proferivano un messaggio di protesta contro il sistema, fecero di Rodríguez la rockstar più importante del Sudafrica, con una popolarità di gran lunga superiore a quella di Elvis, dei Beatles e dei Rolling Stones. La sua musica divenne l’inno della protesta contro l’apartheid e permise alla gente di liberare la propria mente e di cominciare a pensare in modo più aperto. Questo portò i suoi brani a essere censurati, ma nonostante ciò “Cold Fact” e “Coming form Reality” riuscirono a ottenere dieci dischi d’oro e un disco di platino, vendendo ininterrottamente, per venticinque anni, milioni e milioni di copie.

Rodríguez divenne l’idolo della generazione che lottava contro un regime segregazionista e segnò per il Sudafrica l’epoca che portò alla sconfitta dell’apartheid, avvenuta definitivamente nel 1994, pertanto è facile comprendere il valore storico, oltre che musicale, che egli ha avuto per un popolo intero.

Sullo sfondo di questo grande processo, si collocano le storie personali di Stephen Segerman, un ex gioielliere, e di Craig Bartholomew, un giornalista, che confluiranno in un’indagine condotta all’unisono su Sixto Rodríguez. I due, entrati in contatto proprio grazie alla passione nutrita per il leggendario cantautore statunitense, iniziarono a collaborare per raccogliere informazioni riguardanti la sua vita e la sua morte. Tentando di seguire in primis la scia dei soldi relativi alle numerosissime vendite, ma con scarsi risultati, Stephen e Craig, brancolano nel buio per anni, avendo in mano solo le informazioni (peraltro pochissime) visibili sui due storici LP. Con l’avvento di Internet viene anche creato un sito dedicato esclusivamente a Rodríguez, ma la vera svolta arriva in maniera inaspettata nell’estate del ‘97: dopo aver setacciato in un lungo in largo i posti citati dalle canzoni, Craig Bartholomew, si ritrova ad ascoltare la canzone Inner city blues dell’album “Cold Fatc” e capta un verso che recita «ho incontrato una ragazza a Deaborn, alle sei di stamattina, un dato di fatto». Il giornalista, che non aveva mai sentito parlare di Deaborn, prende immediatamente in mano l’atlante geografico per cercare le sue coordinate e scopre che la città fa parte di Detroit. Seguendo il suo intuito, continua nelle ricerche e risale a Mike Theodore, tra i produttori del primo album di Rodríguez, uno dei due che lo aveva visto suonare per la prima volta al Sewer. Bartholomew gli telefona e gli racconta la storia incredibile del successo di Sixto in Sudafrica, lo sommerge con centinaia di domande e, prima di congedarsi, chiede a Mike ciò che gli interessava di più, ovvero in quali circostanze fosse avvenuta la morte di Sixto Rodríguez.

La risposta che riceverà lo lascerà senza parole: l’uomo che con la sua musica ha contribuito a riunire il Sudafrica è ancora vivo.

Il giornalista è incredulo e pieno di gioia e a quel punto considera il suo lavoro finito. Scrive un articolo intitolato Alla ricerca di Gesù in cui racconta appunto il lavoro di indagine svolto da lui e da Stephen Segermen e lo invia alle moltissime persone interessate via fax.

Ma il destino, ancora una volta, fa in modo che tutto ciò non finisca lì: l’articolo di Bartholomew in qualche modo attraversa l’oceano, in un percorso al contrario rispetto alla musica che aveva dato inizio alla leggenda, e arriva negli Stati Uniti, dove raggiunge nell’agosto del 1997 una della tre figlie di Rodríguez, Eva. E così, quello che doveva essere il finale di una storia, diventa l’inizio di un’altra.

Eva Rodríguez, grazie all’articolo, visita il sito internet dedicato al padre e tramite il relativo forum contatta Segerman e Bartholomw, informando loro di essere la figlia della rockstar più famosa del Sudafrica e lasciando un recapito telefonico. Segerman le telefona raccontandole il successo e il significato che la musica di Rodríguez aveva avuto nella sua nazione, confessandole il desiderio di voler parlare con lui, anche solo per un saluto. E quella notte, mentre Segerman dorme, il telefono squilla improvvisamente: è Sixto. Il cantante, scoprendo di essere così famoso a sua insaputa, inizialmente stenta a crederci e per poco non riattacca, ma Segerman insiste e gli propone di esibirsi in Sudafrica. Rodríguez accetta: lo scenario per giorni di miracoli e meraviglie è servito.

Il 2 marzo 1998 Sixto Rodríguez atterra in Sudafrica con le tre figlie, rimanendo incredulo dinanzi a quanto vede, ovvero un’accoglienza degna delle star più importanti del pianeta. Lo stupore è talmente grande che quando arrivano le limousine incaricate di prenderli dall’aeroporto, i quattro si scansano pensando che non siano destinate a loro, ma a qualcuno di più importante.

Il 6 marzo 1998, a Città del Capo, Rodríguez si esibisce nel primo dei sei concerti previsti per il tour in Sudafrica, che segneranno sempre il tutto esaurito e che saranno sponsorizzati per settimane in tutto lo Stato. Una volta sul palco, le prime parole di Sixto saranno: «Grazie per avermi tenuto in vita!».

Appena inizierà a cantare sulle note di I wonder, tutti quanti, anche i più scettici che non riuscivano ancora a credere che il proprio idolo fosse vivo e di fronte a loro, riconosceranno quella voce che per anni li ha accompagnati nelle lotte contro il sistema, ma non solo, nel quotidiano, nelle cene con gli amici e nei pic-nic al cielo aperto sotto il sole dell’Africa. Si tratta di un momento storico, paragonabile per gli abitanti di quella nazione ad altri come la fine dellapartheid e l’elezione di Nelson Mandela nel ruolo di presidente.

Negli anni successivi Sixto Rodríguez tornerà in Sudafrica quattro volte e si esibirà in oltre 30 concerti, riuscendo a vedere riconosciuto il successo per la sua incredibile musica.

A ogni modo, la vicenda di quest’uomo è forse la più incredibile dell’intera storia della musica e può sorprendere sapere che Rodríguez oggi viva ancora nella sua casa nel sobborgo di Woodbrige, acquistata per 50 dollari a un’asta giudiziaria nel 1970, che continui a svolgere il suo lavoro di muratore, che abbia donato i soldi ricevuti dai concerti e dalla fama riconosciuta ai familiari e agli amici. La sua storia sembra non appartenere al nostro universo razionale, la sua storia è una poesia della vita.

Per chi volesse approfondire la figura, la musica e la vita di Sixto Rodriguez consiglio l’ascolto dei due album, la visione del film documentario Searching for Sugar Man, del regista svedese Malik Bendjelloul, vincitore del Premio Oscar al miglior documentario nel 2013, la lettura di SUGAR MAN, Vita, morte e resurrezione di Sixto Rodríguez, scritto da Craig Bartholomew e Stephen Segerman e la lettura de L’uomo che visse due volte a cura di Marco Denti.