di Pierluigi Finolezzi
Nella definizione tradizionale riportata in tutti i dizionari e acquisita dalle nostre pregresse conoscenze scolastiche, “eroe” è quasi sempre un semidio, figlio di un mortale e di una dea, o un individuo che per eccezionali virtù di coraggio e di abnegazione si impone all’ammirazione di tutti. L’esiodea “età degli eroi” è a lungo sembrata un qualcosa di molto lontano da noi: Ettore, Achille, Ulisse, Ercole, Enea erano personaggi di racconti al limite della verosimiglianza, le cui gesta non ci rendevano immuni da un certo fascino e da una certa empatia nei loro confronti. Sembrava di leggere imprese in uno spazio sfumato e impossibile da rivivere, eppure proprio dalla tragedia di una guerra, da una peregrinazione dannata e senza fine, da peripezie al limite del possibile si è passati nella dimensione di un’emergenza sanitaria che non ha fatto alcuna distinzione di colore di pelle e di nazionalità e che non si è fermata dinanzi ad alcun confine geografico. Ed è proprio nella tragedia che si riscopre quanto sia attuale ancora oggi la parola “eroe”. Non serve una rocca teucra, la sua ombra, delle lance e dei dardi, un Achille che nella mischia cerca un Ettore per comprendere che anche oggi degli eroi stanno combattendo contro un nemico pericoloso e capace di mettere a rischio le vite di tutta l’umanità. Eroe non è soltanto quello che ci ha tramandato la tradizione classica, ma anche chi quotidianamente mette a rischio se stesso per il bene comune, per garantire sicurezza, per consentire a tutti di continuare a sperare in una guarigione in certi versi impossibile e soprattutto in tempi migliori. La piana di Troia è oggi tutta la Terra, dove medici, infermieri, operatori sanitari, agricoltori, autotrasportatori, addetti ai supermercati, forze dell’ordine e operai alzano verso il cielo i loro scudi per proteggere tutti quanti dalla falce di un mostro vestito di nero e di cui nessuno ancora conosce il volto. La lotta contro questo “nemico invisibile” è strenua e ha ormai assunto i connotanti di una vera e propria resistenza, nella quale molti dei nostri “eroi di circostanza” stanno sacrificando la vita. I nostri eroi di oggi sono semplici uomini, appartenenti molto spesso a categorie sociali emarginate, derise, bistrattate, rimaste a lungo inascoltate, ma che nel momento di estrema necessità non si sono tirati indietro e hanno preferito immergersi completamente nel loro dovere con il rischio di non poter riabbracciare più i propri partner, i propri figli, i propri cari.
Nelle corsie degli ospedali si è chiamati a turni estenuanti perché l’incessante arrivo dei contagiati non permette mai di abbassare la guardia; nelle strade desolate le poche auto dei lavoratori giornalieri fanno da contorno alle carovane di camion che assicurano incessantemente i viveri per la popolazione; nelle fabbriche si sono improvvisamente cambiate le abitudini e chi produceva automobili ha cominciato a produrre gel disinfettanti, mascherine e respiratori; per le città il militare e l’agente limitano la circolazione e si impegnano assiduamente per garantire il necessario, per aiutare i cittadini più deboli, per trasportare rapidamente tutto ciò che serve per combattere tutte le battaglie di questa guerra inaspettata. Ecco i volti più belli della resistenza ai tempi della tragedia del COVID-19, volti non di eroi semidivini, ma di persone normali capaci di conquistare la stima, il rispetto e il ringraziamento di tutti e mentre la sirena di un ambulanza spezza il silenzio tombale dei nostri paesi, c’è chi trova il coraggio di cantare, di suonare, di sorridere, di non arrendersi, di non cadere nella disperazione, di essere pronto a cambiare le proprie abitudini, anche questi sono volti di resistenza, quelli che offrono speranza, quelli che generano uno spiraglio di luce, capace di insinuarsi persino nella tenebra dell’ora più buia.