Pierluigi Finolezzi
Sabato 3 ottobre nel Cortile d’Onore del Quirinale a Roma si è tenuto il solenne Concerto per Dante in occasione delle celebrazioni del VII centenario della morte del sommo poeta, che culminerà con una serie di eventi inaugurati lo scorso settembre che si concluderanno nel 2021. Dopo l’esecuzione dell’inno nazionale eseguito dall’Orchestra Cherubini, diretta dal Maestro Riccardo Muti, il Presidente della Repubblica ha tenuto un suo intervento nel quale ha dapprima ricordato tutte le vittime del maltempo che si è abbattuto sull’Italia Nord-Occidentale, rivolgendo il suo cordoglio ai familiari ed esprimendo molta preoccupazione per la nuova ondata di contagi dovuti alla pandemia da coronavirus. Poi si è lungamente soffermato sulla figura di Dante Alighieri, del quale si celebreranno i settecento anni dalla morte il prossimo 14 settembre 2021. Celebrare Dante, ha esordito Mattarella, significa non solo rendere omaggio a un grande italiano che ha raggiunto le vette più alte delle letterature di tutti i tempi, ma soprattutto significa interrogarsi sul patrimonio consegnatoci da questo straordinario intellettuale completo sotto ogni profilo che fece dell’impegno civile, morale e religioso la ragione stessa della sua produzione artistica. Il Presidente ha definito Dante figlio del suo tempo, ma anche figlio di Firenze, della quale precisava di esserlo “per nascita, non per costumi”. Ma l’Alighieri, continua Mattarella, è anche stato figlio di quell’Italia “nave senza nocchiere in gran tempesta”, un’Italia che non esisteva se non come espressione geografica, ma alla quale ha dato un’importante spinta verso l’Unità. Il concetto di “patria” preesiste in Dante alla sua realizzazione politica e statale, a tal punto che il sommo poeta è stato il grande profeta dell’Italia, un patriota visionario, destinato, quasi biblicamente, a scorgere ma non a calcare la Terra vagheggiata e promessa. Quello di Dante è stato un contributo artistico, culturale e linguistico immenso e inestimabile di cui ha giovato l’Italia al momento della sua formazione, al punto da poterlo annoverare senza alcun dubbio tra i padri dell’unificazione nazionale. La massima carica dello Stato ha poi ricordato anche Verona e Ravenna, luoghi ospitali per l’Alighieri, che hanno reso meno amaro il suo esilio e dalle quali ha sempre rifiutato di comprare con il denaro il suo ritorno all’amata Firenze. Dante è il più universale dei poeti italiani che in sette secoli è riuscito a far parlare di sé tutti gli uomini di cultura, ma è anche colui che attraverso la sua opera riesce a far distinguere l’oro autentico da quello falso e a parlare all’uomo dell’uomo, rimarcandone le passioni, le cadute, le aspirazioni e le ambizioni. L’intervento si è poi concluso con una citazione di Borges che considerava la Commedia un libro che tutti dovremmo leggere perché non farlo significa privarci del dono più grande che la letteratura può farci e con la consapevolezza svelata dalle parole del Presidente che lo spirito dantesco si è irradiato dall’Italia al mondo, illuminandolo di poesia, di bellezza, di passione e di coraggio.
Dante continuerà ad essere protagonista al Quirinale fino all’11 ottobre grazie alla mostra “Dante 700”, un reportage fotografico di Massimo Serini che racconta la presenza del sommo poeta nei nostri giorni, utilizzando tecnologie innovative per contestualizzare spunti narrativi danteschi con l’attuale ambiente circostante.