di Alfonso Martino
Il nuovo film di David O. Russel è una spy story con protagonisti Christian Bale, John David Washington, Margot Robbie e altri pezzi da 90 come Robert De Niro, Anya Taylor Joy e Rami Malek. Basteranno per portare a casa il risultato?
“Se avessi la possibilità di mettere insieme un cast per il tuo film chi prenderesti?”. Probabilmente è quello che si è sentito dire David O. Russel (Il Lato Positivo, American Hustle), che per il suo Amsterdam, presentato alla Festa del Cinema di Roma, ha composto un team di Galacticos: Christian Bale, Margot Robbie, John David Washington, Taylor Swift, Chris Rock, Robert De Niro, Rami Malek e Anya Taylor Joy. Giusto due nomi.
Il film è uno spy movie a cavallo tra la I Guerra Mondiale e gli albori della II, in cui il destino della democrazia americana è in mano ai reduci Burt (Bale), Harold (Washington) e all’infermiera Valerie (Robbie), tre amici di lunga data che hanno legato nella città che dà il nome alla pellicola.
Un nuovo ordine mondiale
Il regista e sceneggiatore crea una trama in cui i protagonisti hanno caratteristiche ben definite, portando per le lunghe una vicenda di cui si riesce a prevedere il finale con largo anticipo — dalla sequenza in cui appaiono Rami Malek e Anya Taylor Joy — e che rovina una prima parte interessante.
L’ombra delle dittature di Hitler e Mussolini diventa sempre più ingombrante, iniziando a raccogliere i primi consensi anche in America, come dimostra la sequenza del raduno dei veterani, in cui abbiamo due schieramenti divisi in maniera netta: chi è a favore della democrazia contro l’Organizzazione dei 5, coloro che vogliono un nuovo ordine mondiale.
Amsterdam non si vede
O’ Russel sembra più attento a far interagire il suo enorme cast piuttosto che concentrarsi sulle ambientazioni, le quali risultano tutte anonime se non venissero citate dai personaggi. Amsterdam ad esempio non viene mai mostrata, ad eccezione della casa di Valerie.
Le ambientazioni sono strette e hanno una funzione secondaria, come ad esempio lo studio di Burt o il teatro in cui si svolge il raduno. Spazi riempiti da grandi attori su cui si è deciso di puntare tutto, quando sarebbe stato meglio curare alla stessa maniera una sceneggiatura traballante e dai dialoghi deboli.