Brevi riflessioni tratte da Gita al faro di Virginia Woolf
Alessandra Macrì
Ma che ho fatto io della mia vita? pensò la signora Ramsay, prendendo il posto a capotavola e guardando i piatti che vi disegnavano sopra dei cerchi bianchi. “William[1], vicino a me”, disse. “Lily”[2], ripeté stanca, “laggiù”. Si, loro − Paul e Minta[3] − avevano quello; lei, invece ormai non aveva che questo: questo tavolo che non finiva mai, con sopra i piatti e le posate. All’altro capo sedeva suo marito, cupo, minaccioso. Perché? Non sapeva. Non gliene importava. Non riusciva a capire come avesse potuto provare emozione o affetto per lui. […] Aveva la sensazione di essere al di sopra di tutto, fuori di tutto-come se ci fosse un vortice, lì-e si poteva o starci dentro, o rimanerne fuori, e lei ne era fuori[…] [4].
E’ una sera del settembre del 1914, nella casa delle vacanze sul mare della famiglia Ramsay.
La Signora Ramsay e il figliolo James vorrebbero fare una gita al faro: ”Si certo se domani farà bel tempo”[5], ma il Signor Ramsay vorrebbe rimandare per via del maltempo “non sarà bello”[6]. La Signora Ramsay, durante la cena preparata per i suoi familiari e ospiti, si interroga sulla propria condizione di donna, manifesta il suo disagio. E’ il signor Ramsay a decidere, ad affermare la sua autorità patriarcale, negando la gita al faro. Immersa nei suoi pensieri, la signora Ramsay non capiva come poteva aver provato sentimenti verso il marito, ma nello stesso tempo andava la di là di tutto, come “estranea” alla sua vita. Tra pensiero e azione vi era un divario…Ma certe cose non si possono esprimere…”Era fatta cosi la signora Ramsay: provava pena per gli uomini, quasi mancasse loro qualcosa; mai per le donne, quasi loro avessero quel qualcosa”[7]. Ancora l’atteggiamento prevaricante è del signor Tansley[8] ”Niente faro domani, signora Ramsay” le ribadisce, per mettersi in mostra, e aveva affermato “le donne non sanno scrivere, le donne non sanno dipingere”, Lily “creaturina indipendente”, che tanto piaceva alla signora Ramsay, lo disprezzava e voleva vendicarsi, rideva di lui…
Virginia Woolf affronta il tema della condizione femminile nel 1929 nel saggio Una stanza tutta per sé [9]: “Una donna deve avere i soldi e una stanza tutta sua per scrivere romanzi”.
La Woolf indica una strada per l’emancipazione femminile: l’indipendenza economica, e, soprattutto, culturale e nessuno le può togliere la libertà di pensiero: “Potete bloccare tutte le librerie, se volete, ma non c’è un cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente”[10]. D’altra parte la Woolf afferma : “Fra cento anni, d’altronde pensavo, giunta sulla soglia di casa, le donne non saranno più il sesso protetto”[11]. Una donna al di sopra di tutto.
[1] William: William Bankes, un botanico che vive sull’isola.
[2] Lily: Lily Briscoe, pittrice trentenne ospite dei Ramsay.
[3] Paul e Minta: Paul Rayley e Minta Doyle, due innamorati che arrivano tardi a cena perché Minta ha perduto la spilla della nonna sulla spiaggia.
[4] V. Woolf, Gita al faro, introduzione di Armanda Guiducci, Traduzione di Anna Laura Malagò, Roma, 2020
[5] E’ l’incipit del romanzo, a parlare è la signora Ramsay al figlio James, V. Woolf, in op. cit. p.19.
[6] L’affermazione è del signor Ramsay, V. Woolf, in op. cit. p.20.
[7] V. Wolf, in op., cit., p.87.
[8] Charles Tansey: un allievo del signor Ramsay, filosofo.
[9] V. Woolf, Una stanza tutta per sé, titolo originale A Room of one’s Owen, 1929
[10] V. Woolf, in op. cit.
[11] V. Woolf, Una stanza tutta per sé, trad. di L. Bacchi Wilcock, Feltrinelli 2011.