di Nicolò Errico
Il 25 Gennaio 2023, il nuovo governo del Burkina Faso ha richiesto alle truppe francesi presenti sul territorio di lasciare il paese. Presente dal 2018 sulla base di un accordo interstatale, l’esercito francese ha affiancato le forze governative nella lotta contro i jihadisti. Le forze erano inquadrate nella vasta operazione “Barkhane”, durata dal 2014 al 2022, e che ha visto la Francia capofila di una coalizione internazionale composta da Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger con l’obiettivo di contrastare il jihadismo nel Sahel.
La Francia ha subito così un ulteriore smacco politico, dopo l’invito del governo del Mali nel Febbraio 2022 di ritirare i militari francesi che dal 2013 conducevano l’operazione “Serval” – confluita poi nell’operazione “Barkhane” – proprio in territorio maliano. Qui l’esercito francese è intervenuto nell’ex colonia per supportare il governo centrale del Mali nella guerra civile scoppiata a Gennaio 2012 contro il Mouvement national de libération de l’Azawad (MNLA). L’organizzazione è accusata di avere legami con Al-Qaeda e col terrorismo islamico in generale.
Il Burkina Faso è il terzo paese africano da cui la Francia si ritira. Nel Luglio 2021, la Francia aveva annunciato la sospensione di ogni tipo di supporto – incluso quello militare (Operazione “Sangaris”) – alla Repubblica Centrafricana, lasciando solo dispiegati circa trecento soldati inseriti nella missione ONU Minusca. L’odio antifrancese era montato in seguito ad una violenta campagna mediatica – iniziata contemporaneamente all’arrivo di mercenari russi nel paese – contro la vecchia potenza coloniale, che era intervenuta nel paese in seguito allo scoppio di una violenta guerra civile. La Francia ha così smesso di offrire supporto, denunciando proprio l’incapacità del governo centrafricano di contrastare la massiccia campagna di disinformazione nei suoi confronti.
Ci sono alcuni tratti in comune tra il Burkina Faso, Repubblica Centrafricana e Mali che hanno portato questi paesi ad allontanarsi dalla Francia, come cambiamenti politici violenti, l’insofferenza verso l’ex padrone coloniale e la crescente presenza di mercenari russi a supporto dei nuovi governi militari.
In Mali, tre colpi di stato in meno di dieci anni hanno portato all’attuale situazione, dove la lotta al terrorismo si confonde con la guerra civile ed i militari depongono ed installano governi a proprio piacimento. L’attuale Presidente, Assimi Goïta, è il responsabile di due rovesciamenti che lo hanno portato al potere del Mali nel Giugno 2021, dopo aver dismesso il governo di transizione – composto da civili e militari – col quale sempre Goïta aveva sostituito, attraverso un golpe, il Presidente Ibrahim Boubacar Keïta nel Giugno 2020. Il governo militare maliano ora conduce operazioni anti-terrorismo che provocano decine di morti tra i civili col supporto di contractors, provenienti per lo più dal Wagner group, una compagnia privata fondata da Yevgeny Viktorovich Prigozhin, uno degli oligarchi russi piu fidati di Vladimir Putin. La Wagner è una delle protagoniste della guerra in corso in Ucraina, accrescendo di conflitto in conflitto la propria importanza come stampella delle forze armate russe e braccio del Cremlino all’estero.
Secondo il Center for Strategic and International Studies, l’avvicinamento della giunta militare maliana alla Russia e alla Wagner non è giustificata da una vera esigenza di maggiore sicurezza, bensì dalla volontà dei militari del Mali di solidificare la dittatura attraverso i servizi forniti dalla Wagner ed il supporto politico della Russia. In cambio, il Mali offre concessioni finanziarie e nel settore dell’estrazione mineraria, secondo una prassi collaudata attraverso le precedenti esperienze nate dalla collaborazione Russia-Wagner. I mercenari russi, accompagnati da geologi ed esperti di minerali, sono arrivati in Mali a Dicembre 2021, suscitando le proteste degli alleati occidentali. La giunta militare, che ha fatto leva sui sentimenti anti-francesi per consolidare il potere, non solo ha mantenuto i legami con la Wagner, ma ha anche annunciato la revisione dei patti di difesa con la Francia e gli altri alleati, i quali per tutta risposta hanno ritirato le proprie forze dal Mali nel Febbraio 2021.
Nel caso della Repubblica Centrafricana, in occasione delle elezioni presidenziali del 27 Dicembre 2020, una coalizione di forze ribelli ha avviato un’imponente serie di attacchi contro il governo centrale e le forze internazionali presenti nel paese. L’offensiva avrebbe dovuto interrompere il processo elettorale, da cui era stato escluso l’ex presidente della CAR, il generale François Bozizé. Bozizé, salito al potere con un golpe nel 2003, è stato l’indiscusso padrone del paese fino al marzo 2013, quando è fuggito all’estero in seguito alla rivolta guidata dal gruppo di ribelli noti come ‘Seleka’. I Seleka hanno allora sostituito Bozizé con Michel Djotodia, battuto poi alle elezioni del 30 dicembre 2015 da Faustin-Archange Touadéra.
Nonostante il programma di riconciliazione nazionale, Touadéra non è riuscito a spegnere le tensioni nel paese e nel 2019 Bozizé è potuto tornare nel paese, sebbene escluso dalla corsa elettorale visti i processi legati alle violenze del 2013 a suo carico. Il governo centrale ha accusato proprio l’ex generale di aver organizzato l’offensiva ribelle che il 18 Dicembre 2020 ha raggiunto la periferia di Bangui, la capitale della Repubblica. Centinaia di soldati, insieme paramilitari russi della Wagner e mercenari ruandesi sono stati inviati a sostegno del governo centrale. Nel clima di tensioni, Toudéra è stato nuovamente eletto presidente e con il supporto russo la Repubblica Centrafricana ha superato la fase più critica del conflitto, tuttora in corso.
In Burkina Faso, come nel Mali, i colpi di stato si sono succeduti in rapida sequenza. Il 24 Gennaio 2022, il Presidente Roch Kaboré è stato deposto da un golpe militare guidato dal tenente-colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, che più tardi ha assunto il ruolo di Presidente. Poco dopo, il 30 Settembre 2022, Damiba è stato sostituito dal Capitano Ibrahim Traoré, ora alla guida del paese.
La motivazione di questi golpe è sempre stata la stessa: l’incapacità del governo in carica di affrontare efficacemente la rivolta islamista che dal Mali si è diffusa nella Repubblica Centrafricana. Qui la presenza della Wagner è tutta da chiarire, ma certamente il governo ha espresso simpatia per la Federazione Russa – a cui ha concesso alcuni diritti di estrazione -, mentre nega le accuse di paesi occidentali ed africani secondo le quali personale Wagner sarebbe già presente sul territorio. La Repubblica Centrafricana infatti non vuole inimicarsi totalmente la Francia, che però cerca chiarimenti dalle autorità burkinabé, in merito ai partenariati. La Repubblica Centrafricana infatti prosegue il suo avvicinamento a Mosca.
Il Primo Ministro Apollinaire Kyélem de Tambèla si è recato il 7 Dicembre a Mosca per una visita privata dopo una prima tappa in Mali. In risposta, il 10 Gennaio, Chrysoula Zacharopoulou, Segretario di Stato francese per lo Sviluppo, la Francofonia e i Partenariati internazionali, ha messo in discussione il futuro degli aiuti allo sviluppo francesi che potrebbero essere sospesi, come in Mali, se il governo burkinabè si rivolgesse alla Wagner. La questione è centrale per il paese africano, considerando che tra il 2011 e il 2021, circa un miliardo di euro è stato destinato al Burkina Faso attraverso l’Agenzia francese per lo sviluppo. Il 2022 è stato uno degli anni più difficili nella storia del paese, tra crisi climatica e declino economico che continuano a peggiorare la crisi alimentare in atto, in concomitanza con la situazione di fragilità politica e insicurezza che hanno contribuito allo sfollamento interno di circa 1,7 milioni di persone.
Per concludere, Eidik Abba – caporedattore di Mondafrique e corrispondente dal Sahel per France24 e Tv5 Monde – ha recentemente pubblicato un libro-inchiesta sugli interventi militari francesi nel Sahel, Mali-Sahel, notre Afghanistan à nous? (Impact Éditions, 2022). Qui il giornalista ha riscontrato molte similitudini tra la guerra in Afghanistan e l’intervento francese nel Sahel. Sia Francia che USA hanno creduto di poter estirpare il jihadismo da paesi-santuario, per essere poi costretti a rendersi conto che non solo non ci sono riusciti, ma che l’adesione al terrorismo è aumentata. Nel caso francese, la ribellione si è estesa dal Mali al Burkina Faso e al Niger, fino a minacciare tutti i paesi del golfo della Guinea. Un fallimento militare e politico per la Francia, che, secondo Abba si è illusa di poter eliminare il terrorismo nel Sahel con una vasta operazione militare, che però è tuttora presentata come un successo dalle presidenze francesi.