di Enrico Molle
In Clinamen-periodico di cultura umanistica – n. 4, pagg. 34-35,
Un imprevisto
è la sola speranza”.
Così leggiamo in Prima del viaggio, poesia di Eugenio Montale presente nella sezione Satura II della raccolta Satura, ed è forse uno dei lasciti più significativi e attuali che il poeta ligure ha disseminato lungo la sua immensa produzione letteraria. Un imprevisto è l’unica speranza che, dopo aver pianificato un viaggio alla perfezione, qualcosa possa rimetterci al mondo e farci sentire vivi per davvero. Un filo conduttore che lega le nuove generazioni con quella appena passata, accompagnandola e lasciandole una grande responsabilità.
In questi due versi si potrebbe leggere tutta la poetica caratterizzante Satura II, in cui il quotidiano diventa la colonna portante della riflessione esistenziale che il poeta attua in una dimensione più intima e raccolta, portata avanti con un sapore diaristico, in stretta connessione con la realtà e la vita di ogni giorno. Tuttavia in questa sede eviterò di parlare della poetica di Montale, concentrandomi appunto sulla poesia Prima del viaggio e analizzandone alcuni punti che sanciscono una continuità del pensiero che dal poeta passa direttamente alla nuove generazioni.
Dalla seconda metà del secolo scorso ai giorni nostri il viaggio, che si tratti di un’esperienza turistica o sia dettato da impegni lavorativi, si è ritagliato un’importanza sempre maggiore nelle vite delle persone, regalando emozioni dal sapore ogni volta diverso. Anche quando non è ben gradito o ci porta in una meta non desiderata, riesce sempre a scrivere qualcosa di indelebile nelle nostre coscienze. E questo spesso accade perché, seppure non sempre ambito come invece ammette Montale, l’imprevisto è la componente più emozionante del viaggio.
«Prima del viaggio si scrutano gli orari/ le coincidenze, le soste, le pernottazioni/ e le prenotazioni», quindi si progetta tutto alla perfezione, poiché si spera di riuscire a mettere in atto tutto ciò che si è pianificato, di visitare i posti prestabiliti e di cercare di fare proprio un luogo lontano da casa. Ci si organizza e ci si prepara per ogni eventualità, addirittura alla morte ci confida Montale: «si dà un’occhiata al testamento, pura/ scaramanzia perché i disastri aerei/in percentuale sono nulla». Quindi si parte, ma la verità è che a furia di anticipare ogni mossa si è perso un po’ il gusto del viaggio stesso, ci sembra quasi di averlo vissuto per metà. Chiaramente ciò non toglie il sapore delle sensazioni che si proveranno, ma crea aspettative che probabilmente si contrappongono a uno degli atti che meglio si possono associare alla libertà: viaggiare.
Difatti è ancora il poeta a farcelo notare, perché «poi si parte e tutto è O.K. e tutto/ è per il meglio inutile», ed ecco che allora, dopo averlo studiato troppo accuratamente senza saperne nulla, il viaggio trova il senso solo nella speranza dell’imprevisto, il solo aspetto che possa farci provare delle emozioni che non ci si aspetta, alle quali non si è preparati. E in questo passaggio si percepisce l’importanza di Montale, che con somma semplicità ci presenta idee rivoluzionarie che silenziose hanno viaggiato nel tempo prima di diffondersi a macchia d’olio. Non a caso il poeta premio Nobel per la letteratura nel 1975 è tra i più rappresentativi del ‘900, grazie alle sue intuizioni e al maturarsi del suo pensiero che rispecchia le sensazioni di spaesamento e inadeguatezza che si provano dinanzi all’incessante evoluzione dell’ultimo secolo.
E allora questa idea della ricerca dell’imprevisto è arrivata a noi, intensificandosi nelle nuove generazioni ormai consapevoli del fatto che partire verso posti sconosciuti è uno dei modi più efficaci per arricchire l’animo. Viaggiare vuol dire conoscere gente nuova, gettare ponti verso l’umanità, può essere un motivo di salvezza nei momenti più difficili, un segnale di speranza per i tempi in cui viviamo, dove il contatto tra le persone sembra diventare più complicato e marginale.
La meta è pur sempre importante, ma l’imprevisto ricopre un ruolo altrettanto fondamentale poiché rappresenta il modo per poter cambiare una situazione, un espediente per riuscire a fare qualcosa che non pensavamo di essere capaci di fare. L’imprevisto diventa il simbolo dell’azione vera e propria, l’opportunità di poter agire realmente sulla propria vita e si contrappone all’inerzia che, in questo caso, è rappresentata dalla pianificazione dettagliata del viaggio.
Dinanzi a questa riflessione si può constatare come il pensiero di Montale sia presente nell’immaginario collettivo contemporaneo ed è facile intuire come questo stesso pensiero accompagni tutte le persone che scelgono di visitare vari Paesi del mondo per arricchire la propria vita. Pertanto il viaggio diventa un atto rivoluzionario per riscattare un’umanità sempre più incatenata nell’idea esclusiva di una vita piatta tendente alla sopravvivenza. Celandolo magistralmente grazie a un’immensa abilità con le parole, il poeta ci ripropone in chiave moderna quel famoso «fatti non foste non foste per viver come bruti/ ma per seguir vritute e conoscenza», cercando dunque, nonostante un velo non poco sottile di disillusione, di richiamare l’uomo a destarsi dal suo stato di assopimento culturale.
In questa poesia c’è tutta la speranza viva e pulsante di Montale, che nonostante un’inadeguatezza del vivere in epoca contemporanea, non ha mai smesso di cercare di migliorare il mondo. È quindi doveroso riconoscere, malgrado le tentazioni e gli stimoli dell’evoluzione che ostacolano ormai l’avvicinamento alla cultura, che il messaggio del poeta ha viaggiato ed è presente nel nostro bagaglio esistenziale.