di Roberta Giannì
In Clinamen-periodico di cultura umanistica – n. 7, pagg. 7-8, 30-04-2019.
La musica è una pura forma d’espressione umana. Essa si basa sui suoni, che l’uomo ha imparato a riprodurre, organizzandoli in tempi e ritmi, generando le melodie. Sin dai tempi antichi il suono è stato associato ad una particolare emozione: oggi ad esempio è normale associare una canzone ad uno stato d’animo, oppure guardare un film in cui ogni scena viene accompagnata da suoni che definiscono facilmente l’emozione dettata da ogni singola scena che si sta guardando.
Molti autori del passato hanno descritto il compito della musica nella loro società, fornendo anche descrizioni degli eleganti strumenti musicali adottati. L’iconografia etrusca e la letteratura attestano il fatto che questo popolo abbia avuto, nel corso della storia, dimestichezza e familiarità con strumenti musicali quali le trombe, relazionate spesso a persone di alto rango o eventi di grande rilevanza. Strabone, ad esempio, identifica la città di Tarquinia come responsabile di influenze su Roma per ciò che concerne il culto e la ritualità etruschi.
In Diodoro Siculo si legge come l’invenzione della tromba sia correlata ad un’indole bellicosa che caratterizzava i Tirreni/Etruschi:
[…] poiché [i Tirreni] prevalevano nelle forze navali e furono a lungo dominatori
delle acque, il mare che costeggia l’Italia prese nome Tirreno da loro,
e poiché si adoperarono nello sviluppo delle forze terrestri,
inventarono lo strumento chiamato salpinx, utilissimo in guerra,
che in seguito ad essi fu definito tirreno.”
La salpinx si colloca tra i principali strumenti a fiato privi di ancia. Secondo quanto riportato precedentemente da Strabone, potremmo dunque immaginare che il suo utilizzo a Roma derivava dagli Etruschi. Il termine greco salpinx stava ad indicare uno strumento aerofono, senza ancia e dotato di una sola canna, di metallo, dritto e terminante a campana.
La salpinx è uno strumento il cui utilizzo sembra adattarsi maggiormente agli spazi aperti, per il fatto che si caratterizzava da una sonorità potente, con suoni di alta intensità, ideali per segnalare la propria presenza anche attraverso lunghe distanze. Per tutti questi motivi, lo strumento era particolarmente ideale nelle battaglie: gli scrittori greci raccontano del vero e proprio terrore che era possibile vedere sui volti degli ascoltatori. Polluce offre la visione di un’ampia gamma di funzioni di tipo bellico dello strumento:
Funzioni della salpinx da guerra sono quella di incitamento, per cui dicevano ‘dare il segnale con la salpinx’, e ‘le salpigges diedero il segnale, incitarono, risvegliarono, risollevarono’, e quella esortativa, adatta durante lo scontro, e poi quella di richiamo, per la ritirata dell’esercito dalla battaglia, infine quella di dare il segnale del riposo a coloro che si accampano.”
Secondo Polluce, tuttavia, la salpinx non era necessariamente uno strumento di chiara funzione bellica; poteva anche risultare rilevante nel momento in cui bisognava radunare una folla, per chiedere il silenzio e l’attenzione che precedevano in genere un annuncio. Infine, la salpinx faceva la sua comparsa nei vari contesti agonali per annunciare ad esempio l’inizio delle gare, a dare il via, oppure ancora a celebrare i vincitori.
Ricorda Sofocle:
Tutti fermi, nei punti fissati dall’alta giuria,
carro per carro, dove furono estratti.
Ecco lo scatto, al metallico suono di tromba.”
Polibio, famoso storico greco, nel V libro delle Storie racconta, parlando del ruolo della musica nella vita sociale degli Arcadi:
A tutti gli uomini è utile praticare la musica, la vera musica,
ma agli Arcadi è addirittura necessario.”
Egli riconosce in questo modo l’importanza che ha la musica sul piano educativo, in quanto capace di educare moralmente gli individui; nel caso specifico degli Arcadi, la musica aveva il compito di “ingentilire e mitigare il duro che è nella loro natura”. La musica per Polibio non viene dalla natura ma dagli uomini, e attraverso essa gli uomini sono capaci di controbilanciare gli effetti della loro natura.
Come non ricordare infine la Periegesi di Pausania in cui la musica ha sì una posizione marginale, ma contribuisce a ricostruire il carattere tipico delle aree che l’autore visitava e descriveva: le informazioni musicali che fornisce nell’opera potevano essere da lui viste come antiche e venerabili al pari di monumenti e personaggi di un certo lignaggio. Nutriva inoltre particolare interesse per l’aulos, strumento a fiato ben conosciuto nell’antica Grecia, caratterizzato da un tubo di differenti materiali e da un’imboccatura in cui si immetteva l’aria che insieme alle vibrazioni dell’ancia permetteva la riproduzione di un suono. Esistevano modelli differenti di aulòi, tra cui il monaulos, lungo 40 cm e con 8 fori, o aulòi doppi, composti cioè da due tubi che potevano avere il corpo dritto o curvo (in Grecia e a Roma ad esempio sono molto comuni con entrambi i tubi dritti). Anche gli aulòi come le salpinx avevano molteplici funzioni: erano presenti nelle cerimonie religiose, sia pubbliche che private, come matrimoni, funerali o banchetti, in contesti lavorativi, nei quali scandivano il tempo, oppure in agoni e rappresentazioni.
La musica è nata con l’uomo e con esso continua ad evolversi; è grazie alla letteratura se conosciamo la sua storia fino in fondo.
Bibliografia:
Berlinzani F., 2010, Strumenti musicali e fonti letterarie, Aristonothos. Scritti per il Mediterraneo Antico.
Mosconi G., 2016, Polibio e la mousike (oltre l’elogio degli Arcadi), in “Incidenza dell’Antico”, 14, 2, pp. 207-245.