di Lorenzo Di Lauro
Breaking Bad è considerata all’unanimità dalla critica come una delle serie più belle della storia, oltre che aver appassionato il pubblico di tutto il mondo. Merito di questo grande successo è legato sicuramente ad uno specializzato staff di registi, coordinati da un allora quasi sconosciuto Vince Gilligan. Oggi è probabilmente lo showrunner più conosciuto del mondo, grazie al successo della serie da lui firmata tra il 2008 e il 2013.
Dopo il successo cosmico di Breaking Bad, sembrava impossibile riuscire a produrre un seguito che riuscisse ad appassionare allo stesso modo gli spettatori. È stata la sfida che Vince Gilligan ha abbracciato nel 2015, quando sono cominciate le riprese di Better Call Saul, lo spin-off di una delle serie più amate del pianeta.
Protagonista è il personaggio di Saul Goodman, già presente nella serie madre in un ruolo secondario ma determinante. Attraverso l’eccelsa interpretazione di Bob Odenkirk, Better Call Saul racconta dunque le peripezie di James “Jimmy” McGill, giovane avvocato che vive un rapporto conflittuale con il fratello e collega Chuck e con il rivale Howard Hamlin. Prima di diventare Saul Goodman, professionista corrotto e senza scrupoli, il suo percorso si incrocia con quello della collega Kim Wexler, magistralmente interpretata da Rhea Seehorn. Il suo personaggio, ben più amato dal pubblico rispetto alla Skyler di Breaking Bad, è coinvolta da vicino nelle vicende che portano alla conversione di Jimmy McGill in Saul Goodman.
Parallelamente alla loro storia, viene dato ampio spazio alla figura di Mike Ehrmantraut, altro personaggio molto amato della serie madre, del quale viene svelato l’inizio della collaborazione con lo spietato Gus Fring. Punto focale della serie è la caratterizzazione introspettiva dei due personaggi principali: le vicende di Saul e Mike, apparentemente separate tra di loro, si intrecciano, dando il via ad una serie di rocamboleschi colpi di scena, che portano anche al coinvolgimento del cartello della droga messicano.
Pur prestandosi meno all’azione rispetto a Breaking Bad, Better Call Saul si distingue principalmente per una regia più matura, per un sapiente uso del mezzo fotografico e per una sapiente alternanza dei flashback e flashforward, tecnica già sperimentata da diversi registi, tra cui Sergio Leone in C’era una volta in America. Lo stesso Gilligan ha citato il regista italiano tra i suoi numerosi punti di riferimento: i primi piani, i silenzi rotti dai suoni della quotidianità e alcuni rimandi, soprattutto alla sua produzione western, appaiono evidenti specialmente nelle scene ambientate nel deserto.
Better Call Saul, la cui ultima stagione si è conclusa solo pochi mesi fa, ha incontrato il parere favorevole di critica e pubblico. C’è addirittura chi la considera migliore rispetto alla serie madre, e chi ha gridato allo scandalo per la mancata premiazione agli Emmy durante tutti questi anni.
6 stagioni, 63 episodi, personaggi fantastici: vi sono tutti gli ingredienti necessari per appassionarsi di nuovo alle vicende di Albuquerque, e per commuoversi: commedia, epica e dramma sono stati fusi, dando vita ad uno spettacolo unico.