di Antonio Stanca
Lo scorso Novembre su licenza de La nave di Teseo, che lo aveva pubblicato in precedenza, è stato riproposto da GEDI e allegato a “La Repubblica” il saggio Manifesto del libero pensiero di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi. Altre volte i due si erano fatti vedere insieme in opere di saggistica. Lei è soprattutto una scrittrice, lui un sociologo che insegna Analisi dei dati e presiede la “Fondazione David Hume”. Ognuno nel suo campo si è distinto ed è stato più volte premiato. Stavolta, con quest’opera, si sono proposti di ripercorrere la storia d’Italia dagli anni ’60-’70 del secolo scorso ai nostri giorni, di osservare, valutare quanto è avvenuto a livello individuale e collettivo, nella famiglia e nella società, nel singolo e nello Stato.
Sono partiti dai famosi anni della contestazione, quando decisa era stata l’opposizione da parte delle ideologie di sinistra, quelle dei progressisti, alle posizioni di destra, quelle dei conservatori, che ancora resistevano e stentavano a scomparire. Era stato un confronto lungo, animato, tra vecchio e nuovo, si era giunti a veri e propri scontri ma alla fine era prevalsa quella moderna concezione politica, sociale, culturale, morale, economica ricercata dai partiti di sinistra. La si era salutata come una meta a lungo perseguita, una rivoluzione riuscita, una diversa, migliore maniera di pensare, di fare, di vivere, uno sviluppo, un’evoluzione nel corso dei tempi. Ovunque, in ogni ambito evidenti erano i segni, i vantaggi che da essa derivavano. La famiglia, la scuola, la società, la cultura, l’arte, l’economia, la morale, il costume, la vita, tutto appariva liberato da vincoli che per tanto tempo erano durati, tutto faceva pensare ad un futuro sempre migliore. Quell’atmosfera, quella condizione si erano diffuse con rapidità, erano durate molti anni ma poi, osservano gli autori del saggio, si erano incrinate, avevano mostrato i loro guasti. Col tempo era successo che i vantaggi, le conquiste si andassero sempre più riducendo, che da generali diventassero particolari, da collettive individuali. Si sarebbe tornati a quella situazione che era stata combattuta. Dopo tante difficoltà superate, tante contestazioni riuscite, il benessere sarebbe tornato nelle mani di pochi e così il potere politico, economico, la possibilità di decidere, stabilire, comandare. Il capitalismo avrebbe sostituito il vecchio conservatorismo e come quello si sarebbe ascritto la posizione di padrone della vita, della storia. Avrebbe fissato modelli da seguire in ogni momento, aspetto della giornata, avrebbe assoggettato la condizione umana a delle regole ben precise. Al di fuori di queste non avrebbe accettato, riconosciuto altre possibilità. Avrebbe sottomesso l’umanità anche se con modi diversi da quelli dei regimi dittatoriali, totalitari.
Del fallimento, della fine di quella che anni fa era stata una vittoria, una conquista, scrivono gli autori del libro e lo fanno tramite un procedimento che non trascura alcun passaggio, che si muove con chiarezza, con precisione tra avvenimenti e personaggi, istituzioni e normative, storia e vita. Non è facile cogliere, chiarire quanto sia successo, quanto ci sia stato dietro una trasformazione di così ampia portata, come sia finita un’epoca senza che ci si accorgesse, come abbia abbandonato i molti e favorito i pochi. Ebbene la Mastrocola e il Ricolfi ci sono riusciti e la loro opera assume un valore fondamentale, diventa un documento storico senza precedenti, dà voce ad un fenomeno che ancora sfugge perché è ancora in atto. Scrivere di quanto sta avvenendo, giudicarlo, prevedere i suoi risvolti, dire della storia mentre si svolge: lo hanno fatto una scrittrice e un sociologo!