di Alfonso Martino
Dopo anni in cui Netflix ha cercato di produrre serie italiane, ottenendo un unico successo (Suburra) alternato a mezzi scivoloni (Baby, Zero), è uscita da pochi giorni Strappare lungo i Bordi, serie animata ideata da Zerocalcare, fumettista romano autore de La Profezia dell’Armadillo e conosciuto anche come ospite della trasmissione Propaganda Live su La7.
La serie ha fatto parlare subito di se per via della breve durata – sei episodi da venti minuti – in cui i fan dell’autore ritroveranno alcune citazioni de La Profezia come ad esempio l’armadillo che fa da coscienza a Zero, qui doppiato da Valerio Mastandrea; allo stesso tempo la breve durata e gli episodi universali in cui tutti possiamo ritrovarci (penso ad esempio alla gag della ricerca infinita del film su Netflix o a quella dello studio) permettono allo spettatore di immedesimarsi subito nel protagonista.
Dal punto di vista del doppiaggio, il fumettista ha doppiato quasi tutti i personaggi, dando loro una sfumatura diversa e riconoscibile, mentre le gag funzionano grazie alla scrittura tagliente di Zerocalcare, condita da un forte accento romano utilizzato non solo da lui ma anche da Sara e Secco, i suoi amici di sempre.
Proprio sull’accento si è creata una polemica sterile, dal momento che molti non l’hanno apprezzata o addirittura stoppata per questo motivo. Il dialetto romano è da sempre una cifra stilistica dell’autore cresciuto a Rebibbia, zona periferica di Roma, ed è giusto che anche in ambito audiovisivo Zero abbia deciso di rimanere fedele a se stesso e al suo modo di raccontare.
La narrazione durante i sei episodi non ha una linearità classica, ma si alternano flashback e flashforward che inizieranno a incastrarsi a partire dalla fine del terzo episodio e che porteranno al secondo blocco di episodi, in cui viene affrontata una tematica molto importante e che culminerà in un finale emozionante, in cui si tratteranno a stento le lacrime.