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La Stele di Rosetta: una chiave per la decodifica dell’Antico Egitto

di Roberta Giannì

La Stele di Rosetta è considerata una delle meraviglie del mondo, nonostante non sia presente nella lista ufficiale delle Meraviglie del Mondo. Agli occhi del visitatore che si aggira intorno alla teca che la espone nel British Museum, la Stele si presenta come un pezzo di basalto, mancante di alcune parti perdute nel corso del tempo e recante sulla sua superficie scura lo stesso messaggio scritto in tre lingue diverse. Ma ciò che rende speciale la Stele non è il semplice fattore estetico: la presenza del greco tra le tre lingue in cui è scritto il messaggio permise infatti la decodifica dei geroglifici e dunque di tutta la cultura egizia, rimasta per lungo tempo nell’oblio e relegata a semplici ipotesi.

La Stele di Rosetta nella sua collocazione attuale al British Museum

Ma partiamo dall’inizio.

Il rinvenimento

Erano gli ultimi anni del 1700 e le due superpotenze Francia e Gran Bretagna combattevano una guerra che per la Francia significava togliere agli odiati nemici inglesi il controllo del Nord America. Le conseguenze furono un diffuso fervore rivoluzionario e una serie di conquiste in Europa. Erano pochi i territori al di fuori di queste ostilità, al punto che spesso si rendeva necessario ridisegnare, a seguito dei vari conflitti, le mappe politiche di Europa, America e parte dell’Asia. Napoleone sentiva il bisogno di sferrare l’attacco decisivo agli inglesi: impossessarsi dell’India era piuttosto allettante ma un’invasione su larga scala sarebbe stata poco utile nei territori in conflitto; l’Egitto era una soluzione più strategica, in quanto impossessarsene significava recidere il collegamento tra gli inglesi e il loro impero indiano in crescita. Inoltre, la conquista dell’Egitto poteva portare ai territori della Siria e di Gerusalemme.
La flotta francese che partì alla volta dell’Egitto non comprendeva solo combattenti ma anche studiosi di matematica, musica, astronomia e agricoltura, con l’unico compito di registrare qualsiasi cosa avessero visto i loro occhi. Tuttavia, non fu uno di loro a ritrovare un curioso pezzo di basalto con delle scritte sulla superficie, ma un semplice soldato, nel corso di lavori edilizi presso il forte diroccato nella città di Rosetta, da cui la Stele prende il nome, atti a organizzare le ultime difese delle truppe di Napoleone. A capo degli uomini del forte di Rosetta vi era Pierre-François Bouchard, che incuriositosi del ritrovamento, lo fece analizzare dagli studiosi venuti in Egitto. Il pezzo in basalto rinvenuto era qualcosa di eccezionale, gli studiosi lo capirono subito; la decodifica del messaggio inciso sulla superficie avrebbe dato il via alla conoscenza e alla comprensione di una cultura e di un popolo che ancora oggi non smettono di stupire.
Tuttavia, presto gli inglesi prevalsero definitivamente sui francesi e concessero loro di ritirarsi consegnando tutti gli oggetti antichi raccolti. Caduta dunque nelle mani degli inglesi, la Stele viaggiò fino a Londra dove fu esposta nelle sale del British Museum in cui si trova ancora oggi.

La decodifica del testo

La Stele si presenta come un pezzo di basalto di 112 cm di altezza e 76 cm di larghezza, anche se in origine doveva essere molto più alta di ciò che ne resta.

La Stele di Rosetta e una ricostruzione del suo aspetto originario. Illustrazione di Claire Thorne

Faceva parte di una produzione in serie di stele atte alla registrazione di ciò che riguardava lo stato e il faraone: quella di Rosetta riportava un decreto approvato da un consiglio di sacerdoti e da loro utilizzato per onorare il faraone e dichiarargli la loro fedeltà, riconoscendo la sua benevolenza verso i sudditi e la sua devozione verso gli dèi. A seguito della loro produzione, copie di tale decreto furono affisse sulle pareti di diversi templi egiziani.
Il testo riportato sulla superficie si ripete in tre lingue differenti: geroglifici, rimasti incomprensibili agli studiosi fino al momento della scoperta della Stele, demotico, scrittura molto rapida, ordinaria della vita quotidiana in epoca tolemaica e romana, e greco antico.

Particolari del testo: 1 geroglifici; 2 demotico; 3 greco antico

A cimentarsi nella decodifica furono un francese e un inglese: il primo si chiamava Jean-François Champollion, il secondo Thomas Young. I due erano considerati le menti più brillanti dell’epoca napoleonica ma, dati i passati conflitti, nel corso della loro vita furono più volte aizzati uno contro l’altro, e il disprezzo reciproco delle due parti continuò anche dopo la loro morte attraverso i rispettivi sostenitori. Un particolare episodio racconta come nel 1972, anno in cui la Stele viaggiava alla volta di Parigi per un’esposizione, si sia accesa una disputa alla presenza dei due ritratti di Champollion e Young, il secondo considerato più grande rispetto a quello del suo rivale.

Young, studioso noto per i numerosi contributi scientifici, scelse di approcciarsi alla decodifica come con un problema matematico. Per prima cosa tradusse la parte di testo in greco, poi raccolse numerosi appunti sui geroglifici, tentando di associare questi ultimi alla sua traduzione, operando anche un confronto con quelli presenti su statue e oggetti vari. Con questo metodo riuscì a identificare i fonemi rappresentati da alcuni segni, a individuare alcuni caratteri e a ricostruire il modo in cui si formava il plurale delle parole. Nonostante ciò, fu Champollion ad ottenere la decodifica completa ed esatta del testo presente sulla Stele. L’uomo, linguista e archeologo, a differenza di Young parlava fluentemente il copto e aveva una conoscenza più approfondita dell’Egitto. Comprese che il testo in demotico era organizzato in sillabe e che i geroglifici corrispondevano a dei suoni in copto. Tale fu l’emozione per la scoperta che si narra come prima di svenire, riuscì solo a urlare “Ce l’ho fatta!”.

Il significato della Stele di Rosetta oggi

I risultati raggiunti da Champollion con la Stele di Rosetta furono confermati dalla traduzione di un’altra stele rivenuta, il Decreto di Canopo, anch’essa recante un testo ripetuto in geroglifico, demotico e greco antico. Reso ormai noto il testo e compreso il metodo di decodifica, Champollion la utilizzò per creare un alfabeto di caratteri geroglifici fonetici: la Stele di Rosetta divenne un reperto chiave nella storia dell’egittologia.

Tabella dei simboli fonetici di Champollion

Sono sei milioni i visitatori che ogni anno si recano nelle sale del British Museum in cui è conservata per osservarla. In origine, veniva presentata senza un vetro protettivo, permettendo ai visitatori di far scorrere le loro dita sulla sua superficie. Successivamente, il museo ha smesso di incoraggiarli, offrendo maggiore protezione alla Stele attraverso una copia collocata nella King’s Library per tutti coloro che desiderano toccarla.

L’industria del turismo da tempo propone souvenir, opuscoli, repliche e copie di vario genere di tutte le scoperte degne di nota nel campo dell’archeologia e la Stele non fa eccezione. L’analisi dei dati riguardanti le vendite da parte dello stesso British Museum ha rivelato come una semplice cartolina della Stele di Rosetta sia l’articolo più venduto dai bookshops del museo. E non è tutto. Divenuta un vero e proprio emblema, viene spesso adottata come simbolo nei più svariati contesti: Rosetta Stone è il nome di una compagnia che produce software per l’apprendimento delle lingue; Rosetta Mission è invece il nome del progetto nato per analizzare le comete nella profondità dell’universo; infine, il Rosetta Trio, un gruppo di musicisti da camera che dato il numero dei componenti (tre) ha scelto il rimando alla Stele e in particolare al testo ripetuto per tre volte.

Prima della stele, ciò che riguardava l’Egitto era erroneo e oscuro. La sua scoperta fu come illuminare gradualmente una stanza buia ma piena di tesori: la luce pian piano si allarga e raggiunge ogni angolo, finendo con l’illuminare l’intera stanza che offre allo scopritore tutto il suo contenuto.


Bibliografia

Blackemore E., La stele di Rosetta ha svelato i segreti di antiche civiltà, National Geographic Italia, 2021.

Ray J., The Rosetta Stone and the rebirth of ancient Egypt, Harvard University Press, 2007.

Immagini utilizzate:https://blog.britishmuseum.org