Beatrice De Santis
Marie Gouze, meglio conosciuta con il nome di Olympe de Gouges, era una scrittrice, attivista e drammaturga francese, ma, soprattutto, era una donna. Questa è stata la sua colpa: essere una donna che, contrariamente a ciò che si riteneva in un contesto storico difficile, sprezzante, impari e diseguale come quello della Francia Settecentesca, pensava e lottava per dimostrarlo.
Nasce nel 1748 a Montauban da una famiglia umile: la madre, Anne Olympe Mouisset, era figlia di un drappiere, e sposò il commerciante Pierre Gouze nel 1737; egli non era, però, il vero genitore di Maria. Del padre naturale, Jean Jacques Lefranc de Pompignan, la piccola ebbe notizie tardive.
Considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le sole cause delle sventure pubbliche della corruzione dei governi, esse si sono risolte a esporre in una solenne dichiarazione i diritti naturali inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi incessantemente i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo in ogni istante essere confrontati con il fine di ogni istituzione politica, ne siano più rispettati, affinché i reclami delle cittadine fondati ormai su principi semplici e incontestabili, siano sempre rivolti al mantenimento della costituzione, dei buoni costumi e alla felicità di tutti. [2]
Così scriveva Olympe de Gouges nel preambolo della sua famosa Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, per cui è maggiormente conosciuta. Il passo si conclude con un’espressione emblematica, quasi un manifesto della propria sensibilità di donna fiera che non ha più intenzione di prostrarsi. Olympe, infatti, ritiene il ‘gentil sesso’ «superiore in bellezza e in coraggio, nelle sofferenze materne». [3] Un’immagine non certo nuova della donna che, nella società, era solita essere ritenuta al servizio di quelle che sembravano le uniche funzioni per le quali fosse stata creata: moglie e madre. Ma all’interno di quella che potrebbe sembrare un’apparente riproposizione schematica di stereotipi preconfezionati, ecco che si manifesta la rivoluzione: il coraggio. Cosciente della sua forza, rivendicando la sua appartenenza ad un genere dilaniato, offeso, adombrato ma ugualmente fiero, Olympe trova il coraggio di manifestare apertamente il suo desiderio, nonché diritto, di essere rispettata sia come donna che come cittadina. È una forte presa di posizione che non lascia spazio a dubbi o incertezze.
La de Gouges non parla individualmente, non utilizza, infatti, la prima persona. Sta parlando a nome di tutte le cittadine che pretendono di essere trattate come tali. È opportuno notare come, abilmente, ma, allo stesso tempo, delicatamente, Olympe riesca a porre l’attenzione su quella dicotomia intrinseca alla stessa persona femminile: forza e fragilità rinchiuse in una sola anima. Non serve, perciò, operare una tabula rasa di tutto ciò che è stato. La donna può essere madre, può essere bella, ma può e deve anche essere libera e, pertanto, decidere di divenire ciò che la rende felice. D’altronde, anche lei fu madre e moglie. Nel 1765 sposò un uomo, Louis-Yves Aubry, per il quale non provò mai un forte coinvolgimento e che morì qualche anno dopo la nascita del primo e unico figlio avuto dal matrimonio, Pierre.
Pur non avendo goduto di un’ottima istruzione, Marie, che assunse in questi anni il nome della madre (Olympe, appunto), ebbe modo di affinare i suoi studi. Iniziò a frequentare i salotti borghesi parigini ed ebbe l’occasione di conoscere poeti e intellettuali come Louis Sébastien Mercie, con il quale strinse un’amicizia duratura. Nel 1788 pubblica il suo primo lavoro: si tratta di Lettre au peuple, ou le projet d’une caisse patriotique, un opuscolo politico in cui già si trovano sintetizzati i precetti di emancipazione femminile che caratterizzeranno, poi, la Dichiarazione.
In tempi recenti, alcuni studiosi si sono preoccupati di ridefinire l’immagine di questa donna dalle straordinarie capacità intellettive e dalle vedute moderne, producendo dei lavori molto interessanti. È il caso di Carol Sherman, che ha affermato:
Olympe de Gouges ha condotto tutte le sue attività a pieno ritmo, scrittura, stampa e distribuendo i suoi testi il più velocemente possibile, infiammata dal senso di opportunità di cambiamento a favore di chi non ha potere e per la creazione di una nazione giusta. Cercando di eseguire le sue opere teatrali, ha subito l’immensa frustrazione nel trattare con società di attori, spesso loro stessi influenzati dai rapporti con i rispettivi sponsor. [4]
Aggiunge, poi, un’interessante considerazione sulla storia di questa figura femminile maltrattata e uccisa brutalmente per non essere rimasta in silenzio. Infatti, per molto tempo il nome di questa “eroina francese non riconosciuta” venne associato alla Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne e le sue altre opere, seppur considerevoli, furono raramente menzionate fino al 1978, quando la studiosa Samia Spencer richiamò l’attenzione di letterati e storici sociali che iniziarono, pian piano, ad accostarsi allo studio della sua biografia e dei suoi scritti. Ad esempio, alcuni tra i più significativi sono: Les Démocrates et les aristocrates, ou les curieux du champ de Mars, La Nécessité du divorce e La France sauvée, ou le tyran détrôné.
Nel 1989 lo storico Olivier Blanc ha scritto una sua biografia basata sul recupero di fonti che mostrassero attenzione nei confronti della persona, piuttosto che concentrarsi sull’analisi della sua tragica fine. Questo lavoro è stato poi ampliato nel 2003, dopo aver, nel frattempo, pubblicato due volumi dei suoi scritti politici. Blanc, inoltre, all’interno della biografia, l’ha presentata elencando gli epiteti che hanno comportato la sua svalutazione per oltre due secoli e ha offerto un esempio concreto di quanto questa figura sia stata manipolata e citata solo in relazione all’orribile morte, quella di una donna semi-alfabetizzata di origini umili che diventò cortigiana e poi drammaturga, finché i manifesti femministi e repubblicani non la portarono alla ghigliottina.
Nel 1991 e nel 1993 la studiosa Gisela Thiele-Knobloch ha pubblicato due volumi delle sue opere, dal titolo Théâtre politique.
Nel 1997 la storica Mary Trouille ha pubblicato un lavoro sulla relazione tra illustri scrittrici e il filosofo Rousseau in cui compare anche Olympe de Gouges. Questi e altri contributi di notevole importanza hanno cercato di agire con il fine di eliminare le distorsioni effettuate sul suo conto nel corso degli anni.
Tuttavia, l’attenzione manifestata dagli studiosi nei confronti della Dichiarazione che Olympe scrive nel 1791 in risposta alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, è giustificata: essa costituisce il primo documento che invoca l’uguaglianza giuridica e legale delle donne. Il testo denuncia la mancanza di libertà delle donne e chiede il riconoscimento di una serie di garanzie ed opportunità che rendano effettivi i principi della Rivoluzione anche per la componente femminile della società. Il documento è costituito da diciassette articoli, tutti significativi, ma alcuni più di altri: gli articoli 4 e 10, ad esempio, riguardano rispettivamente la volontà delle donne di esercitare libertà e giustizia e la rivendicazione della propria libertà di opinione, che deve essere garantita indistintamente a tutti i cittadini, senza distinzione di genere. Emblematica è, in particolare, la formula espressiva utilizzata dall’autrice proprio all’interno dell’articolo 10: «se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, essa deve avere pure quello di salire sul podio. [5]
Il suo intento è quello di mobilitare una presa di coscienza da parte delle donne che devono poter beneficiare di diritti e doveri. Olympe non ritiene plausibile che si possano separare i due sessi, com’è dimostrato, d’altra parte, nell’ordine della natura. Ogni istituzione politica deve garantire quelle che oggi vengono definite pari opportunità.
Uno degli intenti della Rivoluzione riguardava la necessità di riorganizzare l’istruzione pubblica: la si voleva dare a tutti, ma non a tutte. In alcune occasioni furono ammesse nell’Assemblea Nazionale, composta da soli uomini, anche alcune donne che pronunciarono ferventi discorsi a favore dell’istruzione femminile. Madame Mourat, ad esempio, o Etta Palm von Aelders tennero audaci interventi, chiedendo non solo l’istruzione delle fanciulle, ma anche l’introduzione dell’autonomia legale delle donne a ventuno anni, l’istituzione del divorzio, la libertà politica e diritti uguali per entrambi i generi. L’uditorio ascoltava, ma non approvava. Molti erano convinti che le donne dovessero rimanere escluse dalla rivoluzione culturale in atto: non serviva renderle dotte, vane e frivole com’erano. Ma è bene sottolineare il contributo di chi, invece, si schierò subito a favore dell’istruzione mista, come il marchese di Condorcet, secondo cui l’istruzione mista avrebbe sollecitato il senso di emulazione, rendendo le donne più consapevoli e dunque pronte a partecipare alla vita politica. Ma, alla fine, i discorsi delle oratrici e i lavori a favore dell’integrazione femminile si risolsero in un nonnulla di fatto. Le donne restarono escluse dall’istruzione e anche dalla vita politica: nell’aprile 1793 lo statuto di cittadine era ancora un’utopia.
Nel giugno 1793, presagendo il peggio, Olympe rese pubblico il suo Testament politique e fece affiggere il manifesto in cui proponeva un referendum popolare per scegliere una forma di governo tra quella repubblicana, federativa e monarchica. Questo scatenò le accuse del Tribunale rivoluzionario: la sua casa venne perquisita e sparsi i suoi scritti. Il suo errore più grande, secondo il Tribunale, fu quello di «aver voluto essere un uomo di Stato e dimenticato le virtù che si convengono al suo sesso. [6]
Al processo Olympe dirà: «Sono una donna, temo la morte, ho paura del vostro supplizio, ma non ho confessioni da fare, dall’amore per mio figlio trarrò il mio coraggio. [7]
Il 3 novembre 1793 venne ghigliottinata. Moriva così la leader del movimento femminista sorto dopo lo scoppio della Rivoluzione, mentre il regime di cittadinanza asimmetrica continuò a perdurare.
Chimamanda Ngozi Adichie è una scrittrice nigeriana che, negli ultimi anni, si è concentrata sul problema del femminismo nel mondo e sulla necessità di rendere doveroso l’approccio verso nuove forme di integrazione culturale e sociale. In un recente libro, concepito come la rivisitazione di un discorso pronunciato in occasione di una TEDxEuston Conference, un incontro annuale dedicato all’Africa, Chimamanda ha insistito sulla funzione educativa che un genitore dovrebbe esercitare nei confronti dei figli, maschi e femmine indistintamente, affinché essi si sentano liberi di manifestare la propria individualità, battersi per i propri diritti, scegliere il proprio genere e rispettare quello degli altri.
Passiamo troppo tempo a insegnare alle ragazze a preoccuparsi di cosa pensano i ragazzi, a essere ambiziose ma non troppo, a puntare al successo ma non troppo, altrimenti saranno una minaccia per gli uomini. Allo stesso tempo facciamo un grave torto ai maschi educandoli ad aver paura della debolezza, della vulnerabilità. Spingendoli a credere di dover essere dei duri, li rendiamo fragili. In questo modo il genere ci inchioda a dei ruoli prefissati che spesso non ci rispecchiano. E se ci concentrassimo sulle capacità e sugli interessi invece che sul genere? Quanto saremmo più felici, quanto ci sentiremmo più liberi di essere chi siamo veramente? [8]
Chimamanda è una femminista, ma è stata anche una discriminata. A lungo ha parlato di una storia diseguale che condanna inderogabilmente i diversi, i deboli, gli estranei di cui anche lei ha fatto parte. Per questo mi ha ricordato Olympe de Gouges: entrambe, in tempi e luoghi diversi, hanno avuto il coraggio di ribellarsi.
Oggi è ancora il tempo di ribellarsi, affinché nessuno possa più dire ad una donna: sii bella e stai zitta.
[Titolo] Cfr. Marzano, Michela, Sii bella e stai zitta, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano, 2010.
[2] Cisl Scuola sindacato di categoria che aderisce alla Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (Cisl): Home Approfondimento sulla Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina.[3] Ibidem.
[4] Sherman, Carol, Reading Olympe de Gouges, Palgrave MacMillan, Londra, 2013, p. 7.
[5] Cisl Scuola sindacato di categoria che aderisce alla Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (Cisl): Home. Approfondimento sulla Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina.[7] Idem, p. 288.
Bibliografia
Adichie Chimamanda, Dovremmo essere tutti femministi, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2015.
CISL SCUOLA: https://www.cislscuola.it/
Colombo Laura, Olympe de Gouges, La Musa barbara. Scritti politici (1788-1793), Studi Francesi, 2010.
De Luna Giovanni, Meriggi Marco, Il segno della storia, Vol. 2, dalla metà del Seicento alla fine dell’Ottocento, Pearson Italia, Milano, 2014.
Marzano Michela, Sii bella e stai zitta, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano, 2010.
Sherman Carol, Reading Olympe de Gouges, Palgrave MacMillan, Londra, 2013.
Sosso Paola, Mary Trouille, Wife-abuse in Eighteenth-century France, Studi Francesi, 2010.