Alfonso Martino
Alla fine di Avengers: Endgame, nessuno riusciva a elaborare una teoria su come sarebbe andato avanti l’MCU (Marvel Cinematic Universe), iniziato nel 2008 con il primo Iron Man e che ha portato la Marvel/Disney a rivoluzionare l’industria cinematografica, trasportando la serialità dei fumetti all’interno delle grandi sale, dove tutte le pellicole sono collegate tra loro.
Per inaugurare la Fase 4 di questo macrouniverso, il presidente dei Marvel Studios Kevin Feige ha deciso di puntare tutto su WandaVision, prima serie tv dell’azienda trasmessa in streaming a cadenza settimanale sulla piattaforma Disney+ e che si è rivelata un successo fin dai primi episodi, diventando la serie più vista al mondo e la più discussa sui social.
Questo successo non era garantito, dal momento che i protagonisti della vicenda sono due eroi secondari come Wanda (Elizabeth Olsen) e Visione (Paul Bettany); inoltre, il pubblico della sala poteva non apprezzare la scelta di dover pagare un abbonamento per seguire le vicende di un universo nato al cinema.
La trama della serie si ricollega al finale di Endgame ma allo stesso tempo se ne allontana in maniera netta, portando i personaggi nella cittadina di Westview in un’epoca lontana da quegli eventi: gli anni ’50. Nel corso dei primi tre episodi, lo spettatore prova una sensazione straniante e divertita allo stesso tempo, poiché la serie omaggia il genere sitcom in voga in quegli anni, grazie all’utilizzo del bianco e nero, alle risate di sottofondo – ottenute mediante un pubblico che ha assistito durante la realizzazione delle puntate – e a delle inquadrature e gag che riprendono quell’immaginario.
A partire dalla quarta puntata, la trama inizia a delinearsi e contemporaneamente viene portato avanti il viaggio all’interno della televisione americana, fino ad arrivare al settimo episodio, in cui viene celebrata la sitcom degli anni 2000/2010, in particolare The Office (la sigla dell’episodio farà gioire chi ha amato Michael Scott e company) e Modern Family grazie alla rottura della quarta parete e all’utilizzo della struttura mockumentary.
La serie regala i momenti migliori proprio in questi sette episodi, dal momento che gli ultimi due seguono il binario del filone supereroistico, dando allo spettatore l’idea di star seguendo un film Marvel diviso in due parti. La sceneggiatura è abile nel cogliere i riferimenti al mezzo televisivo e a caratterizzare i suoi protagonisti, cucendo una veste nuova e sfaccettata che nelle pellicole non era mai emersa; allo stesso tempo perde di lucidità quando deve approfondire storyline secondarie come quella dello SWORD o del team formato da Monica, Darcy e Jimmy.
Come nel caso di The Mandalorian, Disney continua a puntare sull’uscita settimanale dei propri format, dando modo ai fan di speculare sulle teorie più impensabili. Nel caso di WandaVision, questa è stata un’arma a doppio taglio, dal momento che con il progredire della messa in scena, la trama orizzontale risente di plot twist prevedibili e della mancanza dei Marvel Studios di sperimentare per tutti e nove gli episodi.
L’ingresso dell’MCU nel mondo televisivo vive di alti e bassi ma è tendenzialmente positivo, grazie alla scelta di esordire con una serie artistica e popolare allo stesso tempo, utilizzando una formula già sfruttata dall’azienda nel cinema: rendere protagonisti personaggi poco noti o indifferenti al grande pubblico, come i guardiani della galassia, trasformandoli in loro beniamini.