Lucia Vitale
“Qui la fatalità conta più della salute.”
(D. B. Dubey, Università di Allahabad )
Il pellegrinaggio di massa induista “Magh Mela” (dal mese di ‘Magh’ del calendario hindu) avrà luogo nonostante la pandemia ma, soprattutto, nonostante l’India sia il secondo Paese al mondo più colpito dall’epidemia con circa 9 milioni di contagi. I rituali della pratica hindu inizieranno il 14 gennaio del 2021 e si protrarranno per circa un mese nella località indiana di Prayagraj, dove si dice convergano i tre fiumi sacri il Gange, lo Yamuna e il Saraswati; nelle acque dei tre fiumi i fedeli si immergono come atto di purificazione dai propri peccati.
Gli organizzatori prevedono che, al prossimo Magh Mela, solo un milione di induisti prenderanno parte, numero che in rapporto ai soliti 10 milioni può sembrare basso; eppure è una cifra considerevole considerando le conseguenze che potrebbe avere nel quadro della pandemia.
Nel 1918 il pellegrinaggio ebbe luogo nonostante l’influenza spagnola e, nonostante il governo britannico decise di sopprimere i treni. Allora sembrerebbe che 3 milioni di fedeli si recarono a piedi presso il luogo sacro.
AVREBBE, DUNQUE, SENSO VIETARE IL PROSSIMO MAGH MELA?
Il governo dello stato federale di Uttar Pradesh pensa di poter gestire l’evento grazie all’incentivo delle forze di polizia e ai volontari, i quali si mostreranno intransigenti sul rispetto delle norme di sicurezza, tra cui il mantenimento della distanza sociale e l’utilizzo delle mascherine. Al contrario, il numero del personale medico e paramedico sarà pressoché lo stesso degli anni precedenti poiché se ne necessita altrove.