Alfonso Martino
Ci sono momenti nella vita di ognuno di noi in cui non sappiamo cosa vogliamo davvero; vogliamo soltanto essere liberi di gestirci il tempo senza pressioni esterne, fermare l’attimo e goderne a pieno.
Questo in genere avviene durante l’adolescenza e le stesse sensazioni si possono ricavare guardando Boyhood, film di Richard Linklater uscito nel 2014 e girato in un arco di tempo che va dal 2002 al 2013. Questo espediente ha permesso al regista americano di osservare i protagonisti della vicenda, una comune famiglia americana, nel loro processo di crescita fisica e personale.
La pellicola si apre con l’inquadratura di un cielo privo di nuvole, osservato dal piccolo Mason, totalmente assorto nei suoi pensieri, come possono esserlo tanti bambini alla sua età. Ad occuparsi di lui e della sorella maggiore Samantha ci pensa la madre Olivia, una donna che vuole educare al meglio i suoi ragazzi ma che allo stesso tempo non riesce a trovare una situazione lavorativa stabile e un partner altrettanto affidabile. Questo porterà la famiglia a fare continui traslochi in una fase della vita in cui dei ragazzi avrebbero bisogno di certezze.
L’unica costante riguarda loro padre, Mason senior, interpretato da Ethan Hawke, con cui riescono a mantenere i contatti sin dall’infanzia. Linklater presta molta attenzione a questo rapporto, poiché il genitore è ben caratterizzato e osservato nel suo percorso di crescita, in cui viene mostrato inizialmente come un genitore assente, partecipe solo nei weekend, fino a diventare una persona più responsabile col passare degli anni. Il cambiamento viene evidenziato in un discorso tra lui e suo figlio, ormai pronto per il college, in cui il primo spiega al secondo che se la madre avesse avuto pazienza con lui, forse sarebbe diventato lo stesso una persona responsabile. Pur vivendo lontani, i due sono più simili di quello che vogliono dare a vedere, grazie alle esperienze che vengono mostrate sullo schermo. Al contrario, Olivia incappa in uomini all’apparenza premurosi ma che col passare del tempo diventano alcolizzati o autoritari. La regia fa notare questi cambiamenti attraverso alcuni movimenti di camera, come accade ad esempio durante la relazione con Bill, professore universitario; quest’ultimo viene presentato come un personaggio positivo e cordiale nelle prime scene, ma andando avanti nella narrazione la macchina da presa si concentra su un mix di alcolici preparato con gran cura da Bill. Lo spettatore capisce che sono passati anni dall’iniziale conoscenza tra i due a causa del cambiamento fisico della donna, provato dalla fatica di crescere da sola due figli e, in alcune sequenze, dalla violenza subita dal partner, annebbiato dall’alcol.
Il college rappresenta per Mason l’approdo alla fase adulta, in cui si dovrà staccare dalla madre e iniziare una nuova fase della sua vita. Il tema temporale nella pellicola viene affrontato in maniera diversa da Linklater rispetto alla sua Before Trilogy (Before Sunrise, Before Sunset and Before Midnight); in quei film lo spettatore osservava l’evoluzione del rapporto tra due ragazzi attraverso brevi incontri, guardando al tempo come una specie da proteggere, con nostalgia, mentre qui il regista americano si concentra sul percorso dei suoi personaggi nella sua interezza, raccontando sia i momenti positivi che quelli negativi, quelli che possono capitare nella vita di ognuno di noi.
La sensazione che si proverà alla fine della visione è quella di essere stati accanto a Mason, come se lo si conoscesse da sempre, gioendo per la sua crescita personale e sperando nei suoi traguardi futuri.
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