Particularia

La Torre del Fiume: un passato difensivo, un presente economico, un futuro incerto

Gianmarco Russo

La minaccia all’occidente ed, in particolare, alle coste italiane è stata la costante della politica estera e dell’attività militare dell’impero ottomano per tutto il XV e il XVI secolo, almeno fino alla battaglia di Lepanto (1571).
Al fine di fronteggiare gli attacchi sempre più frequenti da parte dei Turchi e dei corsari sul territorio Italiano, il Regno di Napoli si vide costretto a riarmare le torri costiere risalenti al periodo Romano ed a costruirne di nuove per garantire un’attività di protezione delle coste meridionali iniziata nel periodo Svevo ed in quello Angioino.

I bandi per la costruzione di gruppi di torri, che venivano emanati dalle università su ordine dei diversi Vicerè, imponevano i modelli, le forme, i costi e i luoghi di costruzione delle fortificazioni e venivano affidati al minor offerente che, a sua volta, subappaltava il lavoro ad altri costruttori i quali, a volte, li subappaltavano ulteriormente per ovvie questioni economiche.
Ciò incideva notevolmente sul ‘’budget’’ previsto per la fase di costruzione e, quindi, sulla scelta della qualità dei materiali utilizzati ed era causa, non secondaria, circa la scarsa conservazione nel tempo delle strutture fortificate. In molti casi, infatti, il crollo di parte dei paramenti murari, dei coronamenti o dell’intera torre, che si verificava a pochi anni di distanza dalla costruzione, rappresentava l’atto finale di scelte costruttive inidonee e dell’uso di materiali inadeguati.
Il materiale costruttivo, per economizzare le spese di trasporto, veniva normalmente reperito in loco. Si trattava di calcarenite cavata direttamente dai banchi costieri (carparo mazzaro) che ben si prestava ad essere lavorata e ridotta in conci da mettere in opera.
La pietra leccese veniva comunque utilizzata nella costruzione di queste torri e si impiegava spesso per realizzare il lastricato solare, i pavimenti interni, nonché le rare decorazioni identificative della committenza.
Di grande importanza era la scelta del luogo dove costruire le singole torri poiché i militari a cui esse venivano affidate dovevano comunicare ‘’visivamente’’ da torre a torre lungo la costa, tramite l’uso di specchi e fuochi, con le fortificazioni dell’ entroterra e godere contemporaneamente di una buona vista sul mare per fini strategici.
A differenza delle torri del litorale adriatico, quelle del litorale neretino presentano una conformazione più solida, dimensioni più ampie e spesso dotate di una rampa di scale esterna che nell’ultimo tratto veniva interrotta ed attrezzata con un ponte mobile che ricordava il sistema di difesa dei ponti levatoi.

Tra tutte queste spicca la si Torre del Fiume (conosciuta come Torre Quattro Colonne) in quanto presenta del tutto anomala nel confronto con le altre torri costiere limitrofe,  ha caratteristiche architettoniche individuabili più come fortino che non di semplice torre. Quanto possiamo vedere oggi è il risultato dello stato di conservazione attraverso i secoli, nonché di opere di consolidamento e restauro effettuate sul manufatto.
Ulteriori elementi conoscitivi sono pervenuti per mezzo di pochi scritti e tradizioni orali. Tutti questi dati, purtroppo, non permettono di avere un’idea certa e storicamente inoppugnabile della consistenza della fabbrica, delle sue articolazioni interne e delle sue fasi costruttive. A tutto questo vanno aggiunte, perché fondamentali, le tribolate vicende realizzative che hanno indubbiamente avuto una ricaduta diretta sull’ impianto della Torre del Fiume e sulla tenuta della struttura del fortino.

Tenendo in considerazione gli elementi murari superstiti, l’articolazione della Torre del Fiume oggi appare la seguente: il corpo fortificato si presenta con i quattro spuntoni ( o bastioni) di forma pentagonale che affiancano ed inglobano una costruzione moderna della seconda metà del XX secolo adibita ad attività di ristoro. Tale costruzione occupa lo spazio anticamente destinato al corpo centrale della struttura vero e proprio e si sviluppa lungo il lato sud ed ovest.
Analizzando attentamente le strutture murarie superstiti si nota, con grande evidenza, una serie di interventi di consolidamento (documentabili anche attraverso foto tardo ottocentesche) che se da un lato hanno consentito la sopravvivenza delle strutture angolari, dall’altro hanno in gran parte pregiudicato ogni agevole lettura delle murature finalizzate alla individuazione originaria delle articolazioni architettoniche e costruttive del fortino. Con l’aiuto anche della documentazione fotografica si può ipotizzare, con credibile verosimiglianza, che gli orizzontamenti del fortino risultavano essere in origine due: al piano terra doveva trovarsi la cisterna per l’ acqua e l’altro piano era destinato ad ospitare i torrieri, alla conservazione delle loro derrate alimentari, delle munizioni e delle armi per difendersi da eventuali attacchi.
L’ubicazione dell’ edificio così come descritta da G. Cosi “Che la detta torre si facci distante da la bocca del fiume dove li vasselli de nemici al spesso vennero a far acqua de palmi duecento in circa”  fu decisa sia per posizionarla ad una distanza sufficiente dai momenti di piena del ruscello antico, sia per garantire la migliore visibilità con le torri contermini e facilitare quindi le comunicazioni nei momenti di pericolo.
A differenza dei bastioni angolari, il corpo centrale, sempre dall’analisi della documentazione fotografica e scritta reperita, sembrerebbe essere stato realizzato con materiali e tecniche costruttive meno adeguate e comunque di qualità scadente, rispetto alle strutture angolari; Ad esempio, le cortine murarie risulterebbero meno spesse di quanto ci si aspetterebbe per una opera di tale entità destinata  a fini difensivi, ipotesi avvalorata dal fatto che le stesse cortine sono crollate con estrema facilità, presumibilmente in occasione del sisma del 20 Febbraio 1743, rispetto ai bastioni angolari.
Tra l’ altro si nota come le popolazioni locali hanno messo più cura alla conservazione delle parti angolari come se fossero strutture autonome dall’ insieme, rispetto alle murature delle cortine trascurate ed abbandonate al loro destino.

La denominazione attuale “Quattro Colonne” testimonia come, nell’ immaginario collettivo degli abitanti del posto, sia prevalsa l’ idea che il monumento sarebbe nato come costituito da sole quattro torri, divenute poi quattro colonne.
Ciò è dovuto, come già detto, all’ invasiva ed innaturale trasformazione che il monumento ha subito nel corso del ‘900 in seguito alla sua rifunzionalizzazione come punto di ristoro e luogo per eventi.
La nuova funzione attribuitagli ha certamente danneggiato ulteriormente la struttura storica tramite interventi che miravano più ad una “sopravvivenza” stentata che alla sua cura e manutenzione, e ne sta accelerando il processo di degrado che porterà all’ inevitabile perdita totale della struttura storica, andando a modificare il paesaggio di Santa Maria al Bagno solo per mantenere attiva egoisticamente una piccola parte dell’ economia turistica del luogo.