Scrivere per dar vita alle cose: Parole in pietra Sarà l’aurora[1]
Forgia l’anima e
il fuoco che brucia
nel sogno che è in te
e poi…
guardami, ascoltami,
ho tanto ancora da dirti.
(Imma Schiena op. cit.)
Ogni storia nasce da un incontro, dal concatenarsi di una serie di eventi casuali che fanno sì che la realtà assuma una forma, una vera e propria fisionomia dalla quale si dipanano atti e parole che insieme divengono una conoscenza nuova, e dunque, una narrazione da leggere, apprendere, tesaurizzare. È veramente così per il nuovo libro della poetessa Imma Schiena che, oltre a condividere con i coautori dell’opera una congiunzione d’intenti, ha saputo fare dell’amicizia con gli scultori Dario Caprioli e Nizar Ali Badr, un potentissimo mezzo di comunicazione, realizzando, oserei dire, una delle armi più temute dall’umanità intera: un libro. Come scrisse il poeta americano George Carlin, il nostro tempo è quello del paradosso, nel quale possediamo “edifici sempre più alti, ma moralità più basse, autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti”, e per questo la nascita di un nuovo libro fa sempre ben sperare nell’inizio di una nuova umanità, sotto la luce di una fulgida aurora. Il progetto, inizialmente una mostra svoltasi nel maggio del 2018, si è concretizzato nella stampa del libro (in foto) nello scorso marzo, ad opera di Genesi Editrice; frutto dell’unione delle tre menti dei suoi autori, è anche un chiaro esempio di come due ambiti diversi, come la letteratura e la scultura, abbiano le stesse affinità e se ben adoperati, come nel Nostro caso, si rivelano essere strumenti efficienti per la tessitura di una narrazione lirica e iconica accattivante, che tiene conto di ciò che nel mondo è difforme, diverso ed escluso, senza fermarsi alla banalità di una superficie fin troppo statica e semplice da raccontare. In questa silloge di Poesie sono molteplici le tematiche affrontate: gli esodi dei migranti che sfuggono dalle guerre e dalla precarietà della loro terra per imbattersi nell’ignoto che li attende; si parla di donne, creature forti, coraggiose che, seppur talvolta violate da deiezioni del genere umano, rifulgono di una forza e di una vita nuove; e non manca lo spazio per l’esaltazione delle passioni, del sentimento vero e puro che, quando è tale, sgorga anche dalla pietra, in quanto, anche la pietra fiorisce. Da sempre la Poesia si prefigge l’arduo obiettivo di raccontare la vita, l’uomo e il cosmo di astrazioni che porta dentro e, su questa linea di pensiero, si ritrova chiaramente una delle principali finalità di questo libro: dare voce all’inanimato, raccontando la vita che talvolta appare come pietra narrante. All’interno dell’opera non manca certamente un’attenta e sensibile esplorazione dei sentimenti dell’animo umano, in particolare, la pietas viene definita come sentimento elevatore dell’uomo, correlato alla Libertà che si veste di questo e “consegna le ali” a coloro che sentono l’esigenza di staccarsi dal suolo. E ancora, all’esaltazione del concetto di Libertà come elevazione sospinta dalla Pietas, fa da contraltare la presenza nel mondo della Violenza, la quale viene narrata attraverso immagini veritiere e facenti parte dell’attualità. Si considerino, ad esempio, alcuni versi della lirica Fuggo (pagg.23-24):
“[…]
Fuggo le pietre scagliate
da uomini crudeli
Fuggo le bombe lanciate
dal cielo nemico
[…]
Fuggo dall’ipocrisia
Fuggo il bianco e il nero
Fuggo per non spacciare droga
Fuggo per non fare sesso
Fuggo le urla ed il silenzio
fuggo le bugie
le tue e le mie […].”
Dai versi presi in esame, risulta un’immagine della violenza strettamente aderente al vero, poichè essa si presenta in tutta la sua multiforme parvenza: dalle bombe, prodotto dell’accezione più brutale e deleteria dell’ingegno umano, alle urla e al silenzio, dei quali sottolineo il nesso ossimorico, fino a giungere alla resa, alle bugie che spesso animano un qualsiasi rapporto umano. Ma l’io lirico di questo componimento, è convinto e consapevole della propria forza, è un resiliente in quanto fuggente da tali pretesti scatenanti il dilagare della violenza che, a prescindere dalla forma con la quale irrompe nel mondo, non cambia la propria essenza distruttrice e soffocante. Su tale linea di pensiero s’innesta un’esaltazione della figura della donna che troppe volte, al giorno d’oggi, viene assunta come bersaglio delle più atroci violenze che i mass media ci raccontano ormai come consuetudine, provocando quasi un’assuefazione delle nostre menti dinanzi a discorsi tali che non dovrebbero mai cessare d’inquietarci. Nella lirica Donna tu sei, si legge:
“[…]
Donna, tu sei
pietra preziosa di oro fino
dono di Dio
che all’Umanità ti doni
con la tua maternità
Tu sei
l’ultimo atto della creazione
il sigillo di Dio sul creato
l’ultima Sua parola
il Suo Fiat […]”
E tali versi, esprimenti con raffinata eleganza l’essenza della donna, grazie alla loro vis teologica ricordano un’eco dantesco proveniente dal XXXIII Canto del Paradiso della Commedia[2], quando San Bernardo innalza una preghiera alla Vergine Maria, con parole divenute esprimenti l’immagine della grazia per antonomasia e che forse oggi, in questa sede, potremmo utilizzare come una preghiera contro l’attualità dei nostri giorni, affinchè alla donna possano essere evitate le orride brutture che troppe volte subisce:
“Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio, […]
Nel ventre tuo si raccese l’amore
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore. […]”
(vv. I-III; VII-IX)
Come si può facilmente intendere, lungo l’asse diacronico della letteratura, da Dante a “Parole in pietra Sarà l’aurora” di Imma Schiena, possono essere cambiati il linguaggio, le modalità espositive, i mezzi di diffusione mediatica, ma rimangono immutati i temi e i motivi oggetto di riflessione della Poesia, che nelle sue più valide manifestazioni, rende possibili queste ideali congiunzioni.
Ciò che è certo, al di là del prendere atto di alcune delle manifestazioni della violenza su cui abbiamo riflettuto, è che forse proprio da essa si debba ripartire e, nello specifico:
“Solitudine è la terra da cui partire
per un viaggio chiamato amore.”
E infine per concludere questo scritto che cerca d’accompagnare il lettore alla scoperta di questa silloge di poesie, cito i versi conclusivi della lirica “Il mio silenzio”:
“[…]
Cercami nei versi
lasciati sepolti nei miei silenzi
in un abbraccio mancato
o disperso nel fruscio dell’erba.”
In questi versi, mi piace pensare, possa essere descritta la figura di un Poeta che aspetta di essere scovato nel silenzio che ci sovrasta, ma che soltanto è la superficie, poiché, ricordando e parafrasando una celebre massima di Marco Aurelio, se scaviamo dentro noi stessi possiamo giungere alla fonte del bene che zampilla inesauribile. Una cosa è certa, senza ombra di dubbio: sarà l’aurora.
[1] SCHIENA I., BADR N.A., CAPRIOLI D., Parole in pietra Sarà l’aurora, 2019, Genesi editrice, Torino.
[2] ALIGHIERI D., La Divina Commedia, a cura di Natalino Sapegno, Par. XXXIII, pagg. 416-417, 1985, La Nuova Italia, Firenze.
Intervista agli autori
a cura di Ruben Alfieri
Com’è nato il progetto “Parole in Pietra Sarà l’aurora”? L’idea e le dinamiche che hanno spinto tre artisti a incontrarsi.
Io e Dario ci siamo conosciuti da ragazzini, risponde Imma Schiena, quando ancora entrambi abitavamo a Carovigno (BR), il paese dove sono cresciuta. Dopo esserci persi di vista per un lungo periodo, ci siamo ritrovati da poetessa e scultore. L’ho ritrovato sui social, in realtà, da dove ho anche avuto un approccio iniziale con le sue opere e un confronto sul reciproco concetto di arte. In questo caso, i social hanno avuto un ruolo fondamentale; Dario si interessava da tempo alle vicende in Siria e aveva già contatti con Nizar. Grazie a lui ho potuto quindi conoscerlo anch’io.
Io con le mie pietre e Nizar con le sue opere, seppur con tecniche differenti, facciamo la stessa cosa, risponde Dario Caprioli, che trae ispirazione dal mondo per inciderla col coltello nelle piccole “Pietre bianche Gentili” tipiche della sua località. Partendo da una materia grezza, dice, antica, comunichiamo allo stesso modo. Imma ci ha dato invece la parola, abbinando i suoi versi alle nostre creazioni.
L’appello che mi aveva lanciato Nizar era chiaro e semplicissimo, spiega Imma: “Aiutami a restituire il sorriso ai bambini siriani”. Da lì ho cercato di capire in che modo muovermi per dare eco alla sua voce. Ho cominciato così a organizzare mostre coinvolgendo più artisti, quali pittori, scultori, poeti… molti dei quali miei amici. Sono stati fantastici: hanno risposto tutti positivamente, mettendo a disposizione le loro opere. Le prime due mostre si sono tenute nella Galleria di Raffaella Spada “Arte Città Amica”, a Torino, e a Nichelino (TO), con il patrocinio dell’Assessora Ramello alle pari opportunità e in collaborazione con la libreria Il Cammello. Quest’ultima è stata una mostra fotografica delle opere di Nizar con 45 esemplari. Attraverso la vendita delle foto abbiamo potuto poi inviare un contributo in Siria. L’esposizione vera e propria delle sue opere non ci è possibile, purtroppo, perché il Governo Siriano proibisce sia all’artista che alle sue opere di uscire dal paese. A causa anche di questa specie di censura indiretta, questo nostro impegno è diventato una necessità; cerchiamo di comunicare la Pace in ogni buona occasione. I nostri strumenti, la pietra e la penna, sono divenuti veicoli di pace attraverso il libro “Parole in pietra Sarà l’aurora”.
Tre persone, due paesi culturalmente diversi, ma con un unico intento, conclude Dario: parlare di pace e di amore. La gente, tutta, desidera la pace. Questo è il motivo che ci accomuna, che unisce tutti i popoli indipendentemente dall’etnia e dalla nazionalità. Da qui lasciare un simbolo che rappresenti questa necessità.
Nizar Ali Badr è nato nel 1964 in un villaggio della Lattakia, in Siria. Molte delle sue opere, ispirate dalla guerra civile, derivano dalla pietra del Monte Safoon. Attraverso il contesto in cui vivi, la tua opera sembra esprimere il fallimento della comunicazione verbale e quindi l’incapacità di ascolto. La tua pietra sembra avere la forma di questo sforzo (il grande sforzo di comunicare la propria condizione e i propri sentimenti a un mondo apparentemente sordo). All’estero, il tuo lavoro ha avuto la fortuna di passare attraverso la voce di amici e artisti, riuscendo anche a essere protagonista di alcune mostre. In Siria, invece, in che modo viene esposto? Dove ha luogo, e come la gente accoglie il tuo messaggio?
In Siria sicuramente la mia arte colpisce molto di più che in altri paesi. Quando la gente vede violenza ovunque, ha sete di pace e amore; ha sete di bellezza, che le mie pietre cercano di rappresentare. Quando preparo le mie mostre personali, non in una sala ma sul mio terrazzo, vengono ad assistere centinaia di persone; molti anche per incontrarmi e avere l’opportunità di incontrare altra gente capace di parlare di arte, di amore e di pace.
Imma, alcuni temi delle tue poesie sembrano partire da una presa di coscienza sociale, per poi essere filtrati da una sensibilità femminile e sfociare infine in una reticenza intimistica e religiosa. La tua poesia è frutto quindi di una sensibilità individuale che si evolve e abbraccia l’attualità, oppure nasce con una presa di posizione verso tematiche precise?
Avere una visione radicale, estrema, delle cose, ne impedisce l’osservazione e l’analisi secondo più punti di vista. Pertanto non guardo mai solo da un lato le vicende della vita, che è come un prisma. Non guardo mai secondo il mio credo religioso, anche se mi ha permesso di sviluppare una sensibilità verso i più deboli. Le mie radici umili mi consentono di conservare sentimenti semplici. Mi sento vicino alla gente piccola, a chi soffre. La vita mi consegna rumori, esperienze che dentro di me implodono fino a farmi sentire il peso di tante voci e situazioni. Talvolta è difficile portare il fardello della poesia. Non si tratta di scrivere versi, ma di “sentire”. Io piango con chi piange, soffro con chi soffre e sento la rabbia di ogni uomo che subisce soprusi e discriminazioni. Sento la rabbia di Nizar, i lamenti dei poveri, dei padri, delle madri, dei bimbi rimasti orfani a causa di una guerra che non hanno scelto… delle donne stuprate. Certe volte piango mentre scrivo. Non è facile. Io però sono ottimista e ho in me la speranza, che è un seme positivo. Nulla mi distrugge, perché amo la vita. Mi sorprendo per poco: un fiore, il cielo, la pioggia, l’aria, il mare… Ascolto molto e sento. La mia penna ha la forza di chi è stanco. Questo fine, a mio parere, rende la poesia sublime. Il nostro libro nasce dalla necessità di rompere il silenzio indifferente e omertoso; di parlare di temi che disturbano ogni società, ciascuna chiusa nella propria cultura. Abbattiamo il silenzio e la paura dell’altro e creiamo ponti, non muri. Chiediamo e costruiamo la pace. Virgilio diceva: “Omnia vincit amor”. Sarà l’Aurora, sarà una rinascita.
NON SONO NATO[1]
Non sono nato
fra le mani di un medico
che mi ha curato
fra le lenzuola bianche
Non sono nato
fra sorrisi
di madre e di padre
da parenti circondato
e fiocchi di vita
Il mare è il mio giardino
ed i sassi i miei giochi
Ricostruisco la mia casa,
i miei amici,
mia mamma e mio papà
e ritornano le loro carezze
Un masso mi fa da cuscino
e dalla pietra dura
traggo un cuore
coi sassi disegno l’amore
Bombe cieche
cadono dal cielo
Le nubi pallide
Scappano dall’orrore,
sull’aria circostante
solo rumore
Ha smesso di suonare
la musica nel bar di quartiere
e mio padre e mia madre
hanno finito di ballare
Notti rotte dal crepitio
del mitragliere
e le voci della vita son tagliate
dalla sete della morte
I versi che avverto fra le mura di case bieche
sono lamenti di padri
che cercano i loro figli
Le lacrime delle madri
non sono di gioia,
strazi che il sole non rallegra,
come fantasmi
nascosti per le vie
Non sono nato
Non sono mai nato alla vita
di un’infanzia mai vissuta
o peggio ancora ad un aborto,
ad un parto prematuro
mai giunto al termine
Non sono nato
per una vita così,
indesiderata.
[1] SCHIENA I., BADR N.A., CAPRIOLI D., Parole in pietra Sarà l’aurora, pagg.37-38, 2019, Genesi editrice, Torino.